Finalmente è arrivata la notizia che stavo aspettando: dopo il Codice da Vinci, dopo le incredibili rivelazioni di Zecharia Sitchin e tanti altri più o meno famosi, un altro autore, a me, confesso, sconosciuto, si accinge a pubblicare l’ennesimo romanzo ispirato ai misteri della storia e, più precisamente, ai misteri contenuti nei manoscritti. Mi riferisco al libro “Il manoscritto di Dio” di Michael Cordy che uscirà prossimamente grazie alla Editrice Nord. Si tratta di un fanta-thriller a sfondo storico-religioso che tira dentro un po’ di tutto: Catari, alchimia, mappa dell’Eden, Amazzonia e Gesuiti. Il vero protagonista è il manoscritto Voynich, uno dei più famosi, e costosi, falsi della storia.La sua storia mi aveva incuriosita al primo incontro perché ancora si cercava di spacciarlo per vero e perché coinvolgeva uno dei più loschi figuri che si siano mai affacciati sul panorama europeo: John Dee. Chi fosse John Dee è difficile dire, io lo incrociai per la prima volta ai tempi della tesi, quando lessi che una copia dei Viaggi di John Mandeville compariva nell'elenco dei testi da lui posseduti, mi incuriosii e andai a vedere di chi si trattava. Sulle enciclopedie veniva descritto come un uomo misterioso, matematico, occultista e alchimista inglese, astrologo personale della regina Elisabetta I. Lo ritrovai quindi associato al mito del manoscritto di Voynich: insieme al suo compare Edward Kelley, negromante inglese anche lui, riuscì a farsi comperare il manoscritto da Rodolfo II, appassionato di alchimia, per una somma allora esorbitante, seicento ducati d'oro, spacciandolo per un'originale del leggendario Ruggero Bacone, noto occultista del XIII secolo.
Ma che cosa contiene il manoscritto di Voynich?
Probabilmente nulla. Le 102 carte che lo compongono presentano una notevole quantità di illustrazioni a colori raffiguranti piante, segni zodiacali, figure di nudi femminili, ampolle e fiale, il tutto corredato da scritte in una lingua sconosciuta. Per essere stato spacciato per un originale del XIII secolo contiene quantomeno alcune inesattezza: nonostante le scritte siano indecifrabili vi si possono riconoscere, in quella che viene definita la sezione botanica, piante che all'epoca non potevano essere note come il peperoncino e il girasole, introdotti in Europa dopo la scoperta delle Americhe. L'ex-libris conferma l'acquisizione del testo da parte di Rodolfo II ma porta anche, come nome del possessore, il nome di Marcus Marci, medico dello stesso Rodolfo, forse prova del fatto che l'imperatore stesso aveva mangiato la foglia.
Il testo, rinvenuto a Villa Mondragone nel 1912, rappresentò un vero e proprio enigma per decenni, tanto da scomodare alcuni tra i più grandi criptologi. Negli anni Venti si credette di aver trovato una chiave interpretativa grazie a William Newbold, esperto di filosofia medievale, che aveva invece malinterpretato come codice le increspature della carta, fu ritentata la decifrazione negli anni Quaranta con gli esperti di crittografia della marina statunitense, alcuni di loro provenivano dai laboratori di Enigma per intenderci, niente. Solo nella seconda metà degli anni Quaranta si tentò un approccio più oggettivo ricorrendo alle analisi dell'entropia linguistica, la stessa che ci rivelò che la parola più utilizzata della Bibbia era la congiunzione "e", essa misura l'incidenza delle parole in un testo, la lunghezza delle stesse e la loro posizione all'interno delle frasi. Grazie a questo metodo, che forse ho spiegato un po' confusamente, si riconobbe che in realtà quelle parole non significavano assolutamente nulla. Questo, tuttavia, non impedì ad altri di vedere nelle pagine del Voynich altri misteri, altre lingue.
Su come poi il manoscritto sia arrivato da Praga a Frascati, dove è situata Villa Mondragone, posso azzardare un'ipotesi: Dee se la passò abbastanza male dopo il suo abbandono della corte dell'Imperatore, papa Gregorio XIII lo fece pedinare dalle spie del Santo Uffizio con lo scopo di farlo condurre a Roma per bruciarlo su rogo come mago. L'alchimista si salvò grazie a Rodolfo II che però lo bandì dai suoi territori. Non mi sembra lontana l'ipotesi, visto l'interesse che la Chiesa aveva nei confronti delle opere di alchimia e stregoneria, che vede, in tempi successivi, il Santo Uffizio appropriarsi del manoscritto. Perché era conservato a Villa Mondragone e non negli archivi del Vaticano?
Forse avevano già capito che si trattava di una bufala.
Immagini: John Dee in un ritratto conservato all'Ashmolean Museum; pagina del manoscritti contenente il disegno di quello che sembra un girasole; pagina del manoscritto mostrante la strana scrittura che lo compone.