Sarà perché l'altro giorno è uscita, nella collezione "Invito all'opera", "La Cenerentola" di Rossini, sarà perché tempo fa mi è capitato di vedere in televisione "I fratelli Grimm e l'incantevole strega", mi è venuta l'idea di iniziare un ciclo, pubblicato in tempi alterni, dedicato al mondo della fiaba. L'idea era già in nuce dopo la visione del film, quando, in preda a rimembranze universitarie, volli dare un'occhiata alla voce "fratelli Grimm" sull'enciclopedia, cercando corrispondenze con quanto mi ricordavo degli studi sul mondo della fiaba. Neanche a dirlo, la mia Compact del 1990, comodissima da portare a letto, era d'accordo con me nell'associare la redazione delle fiabe antiche dei Grimm con quel sentimento tipicamente tedesco del 1800 volto alla riscoperta delle origini germaniche, grazie al quale ebbero slancio gli studi di linguistica con l'elaborazione di alcune delle sue regole principali.
Non starò a ricordare la storia, che immagino sia conosciuta più o meno da tutti in versioni tra loro simili, il mio scopo sarà quello di proporre una breve panoramica sulle versioni che ci sono state tramandate dalla letteratura.
La prima volta che il personaggio di Cenerentola viene citato è stato nelle "Storie" di Erodoto (libro II, 134-135) nel trattare della piramide di Micerino
"Alcuni Greci attribuiscono questa piramide a Rodopi, la cortigiana, ma non è vero"
e ancora
"Rodopi era di stirpe tracia, schiava di Iadmone di Samo, figlio di Efestopoli, e compagna di schiavitù di Esopo, il favolista [...] Rodopi giunse in Egitto al seguito di Xanto di Samo, vi giunse per esercitarvi l'antica professione, e vi fu riscattata per una somma enorme da un uomo di Mitilene, Carasso, figlio di Scamandronimo e fratello della poetessa Saffo ".
Del fatto che il fratello di Saffo si fosse innamorato della schiava si può trovare corrispondenza nel frammento 5 della poetessa che recita
"O Cipride e Nereidi, sano e salvo/Mio fratello qui datemi che torni/E quanto col suo cuor vuole gli avvenga/Tutto si compia/E sciolga il nodo degli errori un tempo/Compiuti e gioia per i suoi amici/Divenga e pena per i suoi nemici/E più nessuno".
La storia narra che Rodopi, alla quale il padrone aveva regalato un paio di scarpette rosse, invidiata per la sua bellezza, viene sottoposta a una serie di angherie dalle altre schiave. Il dio Horus, forse impietosito, sotto le sembianze di falco, ruba le scarpette e le deposita in grembo al faraone che, interpretando l'accaduto come un segno, stabilisce di sposare la proprietaria delle scarpette. (Il topos dell'uccello rapace, determinante nelle storie di avventura e d'amore, lo ritroveremo nella letteratura romanza... ma questo sarà forse un altro soggetto per post).
E vissero felici e contenti.
Ritroviamo Cenerentola in Cina sotto il nome di Ye Xian, la trascrizione della sua storia risale al IX secolo. Figlia di un sapiente, alla morte della madre viene ridotta in schiavitù dalla matrigna. Trova consolazione nell'amicizia con un pesciolino, reincarnazione della madre, che un bel giorno viene pescato e servito come pranzo. Alla disperazione segue un sogno in cui la madre le dice di seppellire le sue lische in vasi posti agli angoli del suo letto. C'è anche qui un ballo importante al quale le viene impedito di partecipare per non concorrere con le sorellastre ma la madre invita Yen a disseppellire i vasi di lische che si sono trasformati, nel frattempo, in splendidi vestiti, ricchi gioielli e scarpette dorate. Il resto è come lo conosciamo: lei va al ballo e ammalia il principe, perde una scarpetta, il principe la cerca e la trova.
E vissero felici e contenti. Possibile che da questa leggenda sia nata la passione dei Cinesi per i piedi piccoli fino a trasformarsi in tortura?
Finalmente la fiaba approda in Italia con Gianbattista Basile che nel 1634-36 pubblica una raccolta di fiabe sullo stile del Boccaccio, "Lo cunto de li cunti", tradotto dal napoletano in italiano da Benedetto Croce che lo definì "il più antico, il più ricco e il più artistico fra tutti i libri di fiabe popolari...". In questa raccolta figura "La gatta Cenerentola", altrimenti detta "Zezolla", ritenuta fonte primaria della versione di Perrault.
La storia narra di Zezolla, figlia di un principe vedovo che si era risposato con una donna perfida. La poverella si confida con la sua tutrice che, vedendo la possibilità di sposare il padre di Zezolla, la istiga a uccidere la matrigna. Detto, fatto, il padre si risposa con la tutrice che sembra amare la figliastra, almeno finché non si ricorda di avere delle figlie, fino ad allora tenute nascoste, che prendono presto il primo posto nella vita coniugale lasciando Zezolla alle ceneri del focolare e per questo viene chiamata in famiglia Gatta Cenerentola.
Ricordate il pesciolino della fiaba cinese? Qui diventa colomba e dice alla giovane che, qualora avesse bisogno di aiuto, si deve rivolgere alla colomba delle fate nell'isola di Sardegna. Dopo aver subito a lungo la sua triste sorte si rivolge alla Colombella che le fa dono di oggetti magici e la istruisce su di una formula magica da pronunciare nel caso desideri qualcosa. Arriva finalmente il momento in cui si indice un grande ballo, anzi, a dire il vero i balli si susseguono, Zezolla appare vestita di tutto punto e, al momento di lasciare la festa, riesce a seminare gli informatori che il re gli mette alle calcagna perché invaghito di lei. Dopo il terzo ballo e la terza fuga Cenerentola perde una scarpetta che viene raccolta da uno dei servitori del re che la porta al suo padrone. Il re allora indice un bando per il quale tutte le giovinette del reame si devono presentare a Sua Altezza. Il resto è come si ricorda: il re vede la ragazza, la riconosce e si sposano. E vissero tutti felici e contenti. Il testo è carino, il suo passaggio in Occidente lo ha forse fatto diventare un po' più truce con l'episodio dell'omicidio della matrigna ma la lingua è agevole, la narrazione scorrevole e contiene quel tocco di volgarità sufficiente per scatenare il comico.
Nella tradizione di Perrault (1628-1703) ritroviamo la versione più nota e, forse, più cortese, racchiusa nel celebre libro di fiabe "I racconti di mamma Oca". Qui gli animali magici e parlanti lasciano il posto a una figura umana in carne e ossa, una Fata; compare la zucca che si trasforma in carrozza e compaiono i topolini trasformati in bellissimi cavalli mentre in cocchiere viene trasformato un bel sorcione, e sei lucertole faranno da lacchè. Le scarpette si fanno di vetro e, per la prima volta viene stabilito il limite della mezzanotte come scadenza dell'incantesimo. Perrault, ricalca Basile, anche nella sua versione, infatti, i balli sono due, e, proprio durante il suo ritorno a casa dopo il secondo ballo Cenerentola perde la scarpetta. Tutto viene raccontato secondo la versione che conosciamo ma è da sottolineare che per la prima volta viene inserita, in appendice alla storia, una morale, anzi due: nella prima si esalta la bellezza esteriore come specchio di quella interiore, nella seconda si esalta il privilegio di avere delle comari fidate.
Nella versione dei fratelli Grimm la storia ricalca la tradizione di Perrault salvo che per alcuni particolari. Un giorno il padre, che si doveva recare in città, domanda alle figlie cosa desiderino, le figlie di secondo letto chiedono vestiti e gioielli, Cenerentola gli chiede di portarle "il primo rametto che vi urta il cappello". Al ritorno del padre Cenerentola riceve un rametto di nocciolo che va a piantare sulla tomba della madre e innaffia con le sue lacrime. Il rametto cresce e diventa un albero sul quale si posa un uccellino bianco che, se ella esprimeva un desiderio, le gettava quello che chiedeva.
Ed ecco che ritorna l'immagine dell'animale magico che, per rispondere a un suo desiderio, le fa cadere addosso dal nocciolo vesti dorate, gioielli e scarpine d'argento e di seta. Come in Basile e Perrault le feste sono più di una e, a ogni ritorno a casa, Cenerentola depone le vesti ai piedi del nocciolo dove vengono prese dall'uccellino che gliele restituisce il giorno dopo prima della festa. Al terzo ballo il principe, stufo di vedersi sfuggire la sua amata, per impedirla nei movimenti cosparge la scalinata del palazzo di pece e una scarpina vi rimane attaccata. Nella versione dei Grimm il principe è un po' tonto e si lascia trarre in inganno dai trucchi che le due sorellastre escogitano, tra mille patimenti, per calzare la scarpetta. Prima una, poi l'altra, le carica sul cavallo e fa per portarsele a castello ma viene avvertito dall'uccellino: l'amata si trova ancora nella casetta. Una volta trovata la vera proprietaria della scarpetta si celebra il matrimonio. In questa versione la morale non viene pronunciata esplicitamente ma si fa orrida punizione perpetrata dagli uccellini che prima l'uno, poi l'altro, strappano gli occhi alle sorellastre.
Vi sono molte altre versioni di questa fiaba, che si possono trovare sul sito www.parole d'autore.net
Immagine: "Cendrillon", incisione di Gustave Doré
Mi piace questo tuo excursus su Cenerentola e dintorni, riporta la mia memoria al passato, e ancor più mi piace l'illustrazione del grande Gustave Doré.
RispondiEliminaComplimenti.
Rino.
Per me la Cenerentola, quella unica ed inimitabile, rimane comunque quella del cartone animato della Walt Disney. Comunque non pensavo ci fosse tutta questa storia dietro a lei!!!
RispondiElimina@ Rino Se ti piace questo è il primo dei capitoli dedicati al mondo delle fiabe, altri sono già scritti o in progetto. Si tratta di un approfondimento di studi fatti un po' di tempo fa... un approfondimento da blogger. Quando ho iniziato ho scoperchiato un vaso pieno di gioielli. Vedrò di riportarne un po'
RispondiElimina@Elena: a chi lo dici, per tutta la durata della scrittura del post ho avuto per la testa i topolini che cantavano "Cinderella, Cinderella", alla seconda ora di tormento ho deciso di chiuderla lì, anche perché le versioni non sono finite, ce ne sono altrettante, ma minori.
A me ha sempre fatto impazzire la versione della piccola Rhodopis che tra l'altro in Grecia continuano a raccontare e decantare come la unica e originale versione da cui tutti hanno poi preso spunto...A me lo disse un Cretese qualche anno fa, come dargli torto, proprio in quell'isola del Mediterraneo diede i suoi natali alla civilta' occidentale...E poi ami tentare di dare torto a un Cretese, questa e' una regola fondamentale...Quella di Disney rimane anche per me "La Favola" in assoluto...
RispondiEliminaMolto bello ed interessante questo post...
No, mai dare torto a un cretese anche perchè, come dice mio padre, la madre dei cretesi è sempre incinta.
RispondiEliminaLa cosa curiosa è che questa è la prima volta che sento che gli egiziani rivendicano la paternità di una storia, di solito erano solo i cinesi.
Bello il vecchio detto della madre sempre incinta adattato ai cretesi e direi perfettamente calzante eh eh...
RispondiEliminaQuella dei cinesi credo sia la stessa sindrome dei Greci e in parte anche di noi Italiani per quello che riguarda la storia dell'Urbe al rispetto della cultura occidentale...Insomma chi c'era prima puo' sempre rivendicare qualcosa...
E i cinesi c'erano tanto prima...
Wow un lavoro davvero degno di nota, mi ha svelato retroscena di cui ignoravo l'esistenza, non vedo l'ora che tu vada avanti con questo ciclo così interessante, un grazie per aver citato il Pentamerone di Basile che troppo spesso è dimenticato da chi tratta l'argomento fiaba e l'aggiunta della crudeltà nel racconto dei Grimm cosa ormai risaputa che le fiabe dei fratellini più che per bambini sono per persone con la pellaccia di leggere quelle torture :D
RispondiElimina@ Mantis: grazie, immaginavo che avresti apprezzato, soprattutto lo svelamento dell'opera dei Grimm (seppur fatto in modo superficiale), sono piacevolmente stupita che tu conosca Basile, quello fa parte più della tradizione romanza che di quella germanica... ma del resto la lettura non ha confini.
RispondiEliminaAh, @Anonimo: insomma, non ti sfugge nulla, passi per l'opera, passi per Rimbaud...adesso ti ci metti anche con Rodopi? Ti invito a scrivere delle cose che sai, sarei felicissima di leggerti.
RispondiEliminaPerò, se lo fai, non dimenticarti di passare di qua.
Trovo il tuo blog molto interessante e quindi passo volentieri a leggere i tuoi post...Come giustamente dici tu si animano poi conversazioni molto costruttive...
RispondiEliminaSaprai sicuramente che le "Rhodopes Mountains" catena montuosa tra Grecia e Bulgaria hanno preso il nome dalla nostra regina e pare siano le montagne che diedero i natali ad Orfeo...
In accordo con la storia Rhodopis sposo' realmente il Faraone Amosis intorno al 550 B.C.
In Cairo ho visto in vendita pergamene che rappresentano Rhodopis ancora nella sua condizione di schiava quindi prima della sua unione col Faraone, se ne trovo su internet qualche copia te la faccio avere...
Un bellissimo disegno originale (o supposto tale) si puo' trovare anche al museo della capitale Egizia...
Quel BC fa tanto inglese.
RispondiEliminaSe davvero è esistita e davvero è passata dallo stato di schiava a consorte del faraone si confermerebbe l'istinto di noi femminucce che sin da bambine ci porta a sognare di essere principesse. Chi sa se è scritto nel nostro codice, se in ognuna di noi c'è una velina che vuole sposare un calciatore. Bah.
Hai ragione sul BC e' che ormai non o piu' quando penso in che,lingia penso...
RispondiEliminaMi hai letto nel pensiero, anche io avevo tratto la tua stessa conclusione e volevo scriverla, poi mi sono rifiutato di credere che la realta' sia veramente questa dalla nascita della civilta'...
Certo che ai giorni nostri essere velina e' molto "a la mode", oppure tentare la fortuna con i soldi del "Grande Fratello", sono cose che sinceramente non mi entusiasmano ma probabilemente fanno parte dell'essere umano...
Il fine giustifica i mezzi...
Ma io non lo accetto...
Non voglio allargare troppo il discorso ma all'esame di lett comparate portai proprio questo aspetto dei Grimm con la poesia di Pascoli, fu davvero bello leggere il significato tra le righe di questi autori. Per quanto riguarda Basile, beh, come suo conterraneo non potevo esimermi dal leggere un'opera da cui sono debitori moltissimi "raccoglitori" di favole ottocenteschi, non puoi immaginare lo stupore e la gioia quando in quel dialetto ritrovavo parole ormai perdute del mio ma ancora vive nelle comunità montane qui intorno (anche se ahimè me ne son dovuto allontare).
RispondiElimina@ Mantis: Se una madre può essere divisa, la lingua napoletana la sento come una buona, consistente metà, l'altra la sento emiliana, più eterea forse, molto ridanciana.
RispondiEliminaPer quello che riguarda il Pascoli, confesso di non aver notato il suo possibile legame con i Grimm, al mio di esame di lett. comparate la prof si era lanciata sul Pascoli e il Paradiso... è forte come uno stesso autore possa essere così adattato alle varie necessità, una sorta di pret à porter.
da Pipo
RispondiEliminaAccipicchia, tutta questa letteratura e io non ne sapevo niente. Dovevo leggerlo su questo blog che Cenerentola non è solo quella che ho letto nelle fiabe, ma ha una storia più antica.
E pensare che gira (e io sono uno di quelli che la fanno girare) una storia romanesca su Cenerentola ambientata a Trastevere.
Grande festa data dal principe azzurro a Campo dei Fiori e invitata è Cenerentola. Il principe si innamora e la vuole affianco a sé. Mangiano in abbondanza (anzi, magnano a strafocasse).
Al suonare della mezzanotte Cenerentola scappa e perde la scarpetta. Il principe azzurro la insegue e dice: "A Cenerè, 'a scarpetta!". Cenerentola risponde: "A Principeazzù, 'a scarpetta falla te, io ciò 'na panza che nun gliela faccio più".
Storiellaccia rispetto a quello che Marmott79 ha scritto sulle origini della storia di Cenerentola, ma che dimostra come, anche nella storia più popolare che più popolare non si può, Cenerentola continua a vivere.
Ma non è questo il punto che desidero mettere in luce. La questione - secondo me - è che il più delle volte ci fermiamo al presente o al più al passato prossimo e non abbiamo né la forza né il coraggio né la spinta culturale per spingere la nostra ricerca verso il passato remoto.
Marmott79 lo ha fatto e ci ha offerto questo brano di ricerca nel passato, che dal passato ci riporta le origini.
Un po' come quando si cercano i propri avi. Il nonno, il bisnonno, il trisavolo. Vai alla ricerca delle tue origini e cerchi di far rivivere quelle persone che per chissà quanto tempo sono state dimenticate. Tu le riporti in vita con la tua ricerca.
Così l'antica Cenerentola (come le storie dei nostri avi) ritorna in vita in virtù della ricerca di Marmott79.
Continua su questa strada. Ti leggerò. Attentamente.
Pipo
@ Pipo: ti potrei fare il nome di qualcuno che questo pezzo se lo è stampato per leggerlo meglio.
RispondiEliminaIl tenore di ruffianaggine non è pari a quello dei post di gatti ma le fibe restano comunque un argomento piacevole.
il mio non è proprio dialetto napoletano non essendo di Napoli o dintorni, cambia in alcuni aspetti e anche nella cadenza ma evidentemente da là deriva, è strano però che proprio il mio dialetto (o piuttosto quello delle comunità montane intorno alla mia città natale che semplicemente sono tagliate fuori dalle rotte delle grandi città e quindi non rinnovano il dialetto sebbene molti che studiano nelle grandi città lo introducano come segno di emancipazione, ma il discorso raggiungerebbe dimensione colossali) conservi degli aspetti antichi riscontrati nel Pentamerone a differenza del napoletano che li ha persi nel corso delle nuove generazioni.
RispondiEliminaSu Pascoli e Grimm misi in risalto il fatto che entrambi facevano letteratura per bambini (si pensi alle molte poesie di Pascoli nelle antologie scolastiche) ma che nascondevano un lato davvero poco "infantile" a partire da Digitale Purpurea, o l'aratro solitario nel campo grigio arato a metà o i rami che ghermivano il cielo plumbeo d'ottobre etc.
<Pipo>
RispondiEliminaMarmott79,
se qualcuno questo post se lo è stampato per leggerlo meglio, ha fatto bene, proprio bene.
Tempo fa scrissi della tua capacità di scrivere un libro. Ecco il tema: le fiabe.
</Pipo>
@ Pipo: il progetto è in nuce da un po'... ho già altro materiale.
RispondiEliminaIl problema è quello di trovare tempo. Non ho il tempo materiale... a meno che non sostituisca il tempo quotidiano dedicato alla lettura con quello di studiare ma non basterebbe lo stesso... devo trovarmi un lavoro part time.
@Mantis: mi sa che torno a leggermi pascoli... è che mi fa un bel po' di tristezza.
lo so, sento lo stesso "disagio", ma è "the beauty of pain" :D
RispondiEliminap.s. sono andato a vedere qual'erano le poesie che avevo trattato: "novembre" (l'estate fredda dei morti), "l'assiuolo" (quel pianto di morte), X Agosto (ritornava una rondine al tetto l'uccisero...) "gelsomino notturno" "lavandare" vs. "arano"
@Mantis: insomma... tutta vita, tutta allegria. Il mio prof di ita al liceo definiva Leopardi l'"Allegro", Pascoli l'"Allegretto". Non era un gran che come prof ma la sua ironia mi ha fatto digerire un bel po' di cose.
RispondiEliminaMarmott79,
RispondiEliminahai 86.400 secondi al giorno per fare quello che desideri. La mancanza di tempo è una scusa, non un motivo.
Tempo fa un mio amico architetto di Modena riprese a dipingere: era una passione che gli era rimasta dai tempi dell'università. Era bravo, ma normale. Glielo dissi: "Secondo me tu stai facendo le prove tecniche di trasmissione". Era così. Passò un po' di tempo ed esplose. I suoi dipinti andarono a ruba. Dipingeva ad acquerello anche quadri di un metro per un metro e mezzo.
Così Marmott79. Secondo me con questo blog sta facendo 'prove tecniche di trasmissione'. Aspettiamo e vedremo. Un giorno esploderà. E quel giorno speriamo di essere qui.
@Pipo: il tuo amico è un professionista affermato con un bel po' di soldi, suoi e della moglie, si è preso una socia per ritagliarsi tempo libero e guadagna lo stesso.
RispondiEliminaIo esco di casa alle 7:30 per rientrare alle 7 di sera, lavoro al blog, tengo un po' di contatti e poi ceno. Dopo pappa, nanna. Il week-end è tutto creativo ma mica posso rinunciare agli amici...