lunedì 22 settembre 2008

Monete


Ci sono delle cose che mi incuriosiscono sempre quando visito un museo: la monete.
Non ho la passione della numismatica ma quando le vedo, così minute, a volte così fragili e malridotte, mi incanto.
La loro presenza ci dà così tante informazioni sulle epoche trascorse: i mercati raggiunti, i viaggi, i visitatori, le alleanze e le guerre.
Le piccole collezioni sono quelle che più mi attraggono, quelle nate per caso, come quella presente al Palazzo Ducale di Urbino, monete del 1400-1500 la cui presenza si deve a un ritrovamento casuale durante il restauro della Rocca di Mondavio nel 1972.
Qualche giorno fa sbirciavo su La Storia, enciclopedia a volumi uscita con il quotidiano La Repubblica, alla ricerca di informazioni su Alessandro Magno. Era sera e, stranamente, non avevo ancora sonno, così mi misi a sfogliare il libro distrattamente, quando il mio occhio si soffermò sulla pagina dedicata alle monete del tempo greco. 
La moneta non è mai stata semplice strumento a sostituzione del baratto: sin dai suoi primi utilizzi era il riflesso delle rivalità e delle esigenze dei paesi che le emettevano, per Filippo e Alessandro era un mezzo per giungere alla sopraffazione dei suoi concorrenti.
Per questo si batteva la dramma attica, basata sul valore che aveva l'argento ad Atene.
Quello che doveva essere il simbolo del prestigio del re macedone si dimostrò però un problema proprio a causa della vastità del suo Impero: in Macedonia e in Attica l'argento veniva estratto, il valore nominale, quindi, corrispondeva al valore intrinseco, ma quando la moneta veniva imposta a paesi nei quali l'argento era più raro, la stessa moneta si faceva più pesante, rendendone così difficile l'utilizzo. In oriente poi, il valore nominale non veniva minimamente considerato e la moneta veniva minuziosamente pesata e valutata.
Come uscire dunque dall'empasse?
Semplice, si coniarono due monete: una alta, di tipo attico, per ragioni di prestigio, una bassa per rispondere alle esigenze di circolazione e di commercio e la filosofia della "moneta a basso costo" fece tanto successo da essere poi incamerata anche dai Tolomei in Egitto e dai Romani: più liquidità, più mercato, più ricchezza.
Beh, successo sì, almeno fino a che si è potuta gestire la circolazione delle due monete tenendole separate, quando questo non è stato più possibile, a causa dell'incremento de commerci, dei viaggi, dei doni, la sopravvivenza di monete dal valore intrinseco differente cominciò a costituire un serio problema. Col trascorrere del tempo poi, terminato l'uso della moneta doppia, continuava a sussistere questo problema, dovuto al fatto che le monete restavano sul mercato per lungo tempo ed erano soggette non solo all'usura che ne disperdeva il metallo prezioso, ma anche alla pratica illecita di grattarne il materiale sui bordi (e di qui l'introduzione della zigrinatura).A questo problema propose una soluzione Sir Thomas Gresham (Londra 1519-1579), consigliere economico della regina Elisabetta, che diede origine a una legge monetaria, tutt'ora vigente, nota come Legge di Gresham o, più semplicemente, "la moneta cattiva scaccia la buona". Tale legge dice che, se si trovano in commercio due monete con lo stesso valore nominale ma diverso contenuto di metallo prezioso, la moneta più pesante viene tesaurizzata e scompare mentre resta in vigore l'altra.

Confesso che l'introduzione dell'Euro, a prescindere dalle questioni che si possono sollevare riguardo alla comodità o a come abbia cambiato la nostra vita, mi lascia con l'amaro in bocca anche per questioni falso-collezionismo. Come ho già detto non ho la passione per la numismatica ma mi piace, quando torno da un paese estero, conservare qualche moneta come prova tangibile del mio viaggio, e mi piace anche quando dai loro viaggi gli amici mi portano due spiccioli, un modo per legare la loro esperienza alla mia, tutte insieme in un sacchetto, lasciando che si dimentichi chi è stato dove.
Confesso ancora che le mie ultime 5000 lire non le ho spese: le conservo gelosamente nascoste.

Foto: è stata postata dall'utente RCAMIL sul sito www.lamoneta.it

8 commenti:

  1. <Pipo>
    Nel primo cassetto di quella specie di comodino bianco con maniglie rosse che ho affianco alla mia scrivania, insieme con altre cose c'è una busta bianca. Dentro, alcuni biglietti di banca che non hanno più corso legale:

    Banque Nationale de Belgique
    - deux cents francs (due biglietti)

    De Nederlandsche Bank
    - honderd gulden (un biglietto)
    - vijftig gulden (tre biglietti)
    - vijfentwintig gulden (due biglietti)
    - tien gulden (due biglietti)

    Banco de Portugal
    - 5 mil escudos (quattro biglietti)
    - 2 mil escudos (un biglietto)
    - 1000 escudos (due biglietti)
    - 500 escudos (due biglietti)

    The United States of America
    - five dollars (un biglietto)

    Banco de Espana
    - cinco mil pesetas (un biglietto)

    Banka e Shqiperise
    - njeqind leke (un biglietto)

    Banca d'Italia
    - lire diecimila (un biglietto)
    - lire cinquemila (un biglietto)

    E poi alcune monete.

    Quando di tanto in tanto mi ricapitano tra le mani, non posso fare a meno di pensare in quante mani siano state quelle monete e quei biglietti di banca; quanta storia sia legata a loro, quante emozioni, quante felicità, quante tragedie o drammi abbiano vissuto.

    Un po' come la mia collezione di macinini da caffè. Sessanta pezzi (di legno, bachelite, rame, alluminio, ferro, ghisa, ceramica e altro) che hanno vissuto una loro vita tra le mani e sul grembo di chi viveva con loro quei momenti.

    Mi piace pensare che lo spirito di coloro i quali ebbero in grembo quei macinini aleggi ora per la mia casa e con il loro spirito la benedizione per la mia cura per loro.

    Così le monete. Non mi sono mai lasciato prendere dalla passione di collezionarle (bastano i macinini), ma quando mi capita di guadarle nei mercatini cosiddetti dell'antiquariato una emozione mi prende.

    Guardare quelle monete consunte dal tempo mi fa immaginare in mano di quante persone siano potute passare. Quante storie abbiano da raccontare. Quanta vita siano in grado di darci.

    E noi lì, imbecilli come sempre di fronte al passato, a non capire, a non intendere, a non percepire. Perché il presente è l'euro e il caffè è quello macinato comprato al supermercato.
    </Pipo>

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  2. Conservare la monete di un paese che ci è piacuto ci permette di già sognare al prossimo viaggio che faremo ...
    L'Euro, credo, non fa sognare nessuno.
    Cio marmott

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  3. Monete che meraviglia, le adoro fin da quando ero bambino anche se non sono mai riuscito veramente a collezionarle...

    Per questo ci pensa mio padre che colleziona da sempre quelle di Vaticano, San Marino e Repubblica Italiana...In aggiunta quelle dall'estero che porto io al rientro dai miei viaggi...

    Lui e' un vero appassionato e quando lo vedo con in mano una moneta, sembra un bambino in un negozio di cioccolato...

    Nota a margine:
    non voglio entrare in discussioni su utilita' e vantaggi o svantaggi dell'Euro, che pero' non credo siano da imputare al povero Euro ma a chi ha gestito il passaggio...

    Vorrei solo notare che l'Euro e' la moneta comune di paesi che nel 1945 si sparavano reciprocamente, diciamo che qulache importante passo avanti nonostante tutto si e' fatto...

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  4. @ Pipo: come ho detto io ho pezzi vari ma sono tutti alla rinfusa e alcune monete sono talmente usurate che non si legge nemmeno da dove provengano... però mi piace agitare il sacchetto e sentirlo suonare.

    @Anonimo - Elsa: Amo l'Euro perché mi permette di viaggiare liberamente ma, come dice Elsa, l'Euro non fa sognare nessuno e aggiungerei che però permette di sentirsi sempre a casa.

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  5. E pensare che spesso la moneta che riporta l'effige di un uomo di potere ha avuto più influenza per le masse dell'individuo in essa raffigurato. Difficile dire se ciò sia un bene o un male.

    Un saluto

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  6. @Vautrin: io mi ricordo, degli anni 80-90, l'infinità di momete della Città del Vaticano che circolavano, soprattutto le 100lire con il volto di Woitjla

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  7. Ho scritto di macinini da caffè, ma ho dimenticato i posacenere. Che non è una vere collezione, ma solo uno sfizio che mi ha preso non so quando e ho semplicemente continuato.

    Non ricordo quando cominciò. I primi due o tre posacenere devo averli rubati. Ah, sì, ricordo che su uno di questi c'era scritto 'Me le so arrubbate a la Taverna de lu Gran Sasso a Milano'. Era un ristorante abruzzese, ma non ricordo quando e perché ci andai.

    Dopo un po' di tempo diventai più onesto e da allora, tutte le volte che voglio rubare un posacenere, avviso: "Senta, la devo avvisare che sono un ladro, ma un ladro onesto, prima di rubare chiedo il permesso".

    Una ventina di anni fa il direttore dell'hotel Italia a Cagliari mi dette due posacenere. Di recente, al ristorante Principe di San Felice Circeo, il cameriere non mi ha fatto nemmeno finire la frase e mi ha detto: "Il posacenere". Al bar del museo di Capodimonte a Napoli invece l'ho proprio rubato. E così altri. Alcuni rubati, altri concessi.

    La domanda che mi pongo ora è: "Ma che ci faccio io con tutti questi posacenere?". E' un pezzo della mia vita? Come una foto istantanea che si scatta quando si è in visita a una città? Mi troverò un giorno con attorno tutti quei posacenere e ripercorrerò alcuni momenti della mia vita? E alla fine, che senso avrà?

    Voler possedere il ricordo tramite un oggetto temo che sia un errore. Il ricordo è in noi ed è l'unico tesoro che possediamo: il nostro ricordo del passato.

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  8. Il ricordo è in noi ma la nostra testa è talmente stimolata che rischiamo di coprire i ricordi con tutta la roba che ci mettiamo davanti, un po' come una grande soffitta.
    Quando lo sguardo si posa su di un oggetto il ricordo riemerge e questo impedisce che venga dimenticato. Qualche tempo fa mi era passata di mente la mia odissea a Parigi, la passeggiata, la notte in aeroporto, la macchina affittata, i 40 gradi in treno. Sono passata per il corridio, ho dato uno sguardo alla stampa della città appesa e il ricordo è affiorato.

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