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lunedì 17 giugno 2019

Mappe della Storia dell'Uomo - un viaggio attraverso il dna


Fuori dalla confort-zone!

A novembre 2018 Matteo (il coniuge) terminò la lettura di questo libro di Steve Olson e disse "Questo dovresti leggerlo".
Matteo e io abbiamo gusti letterari completamente diversi: io prevalentemente classici e storici, lui scientifici, io vado matta per il Medioevo, lui è abbonato da anni a Le Scienze e non avete idea di cosa succede quando attacchiamo a discutere sui temi che sono di competenza dell'uno o dell'altra!
Di solito finisce con uno dei due che dorme sul divano.
Io, di solito, vado a dormire sul divano.

3000 anni fa l'Africa era divisa in tre gruppi principali:
Boscimani, Pigmei e Cenroafricani
Comunque sia da novembre, ogni volta che terminavo un libro, guardavo questo Mappe e mi dicevo "non adesso".
Bene! L'adesso è arrivato e con mia grande sorpresa, nonostante i pregiudizi sulla mia capacità di affrontare letteratura scientifica, il testo è stato divorato.
Sono 300 pagine che letteralmente volano, per darvi un'idea l'ultimo romanzo della Austen mi ha richiesto tre spaventosissime settimane (ancora stento a crederci), questo è stato polverizzato in cinque giorni.

VIII aC: la diaspora degli Ebrei
Il merito è sicuramente tutto dell'autore Steve Olson e dimostra come qualunque argomento, anche il più difficile, se ben spiegato può essere compreso da chiunque: Olson tratta di DNA motocondriale e coromosomi Y, ne parla incessantemente per tutto il libro eppure, giuro, nemmeno una volta ho dovuto far ricorso a internet per trovare spiegazioni: ogni spiegazione me l'ha fornita l'autore stesso con il suo modo molto sereno di esporre l'argomento. Il suo metodo lo sicuramente appreso in una qualche corso per divulgatori scientifici di cui ignoro l'esistenza, in effetti una volta terminata la lettura ho scoperto che non è uno scienziato: è un giornalista specializzato in scienze e matematica ma questo non rende meno interessante il libro; il suo metodo, dicevo, consiste nell'esporre la tesi a inizio capitolo, discuterla, mostrare le opposizioni a questa tesi, ricalibrarla ed esporla di nuovo a fine capitolo.
Facile no?
NO.
Sarà perché di solito leggo saggi di natura più letteraria e storica ma un'esposizione così chiara non mi era ancora capitata tra le mani, un testo specialistico che non necessiti di una solida base culturale del lettore per essere affrontato non creo di poterlo citare in materia letteraria o storica.
Peccato!
65000 anni fa: gli uomini si spostarono lungo
le coste meridionali dell'Asia fino a giungere in Oceania

Torniamo al testo.
Mappe della storia dell'uomo è la storia di tutti noi. E' la storia dell'Umanità che da una Eva mitocondriale, vissuta 200.000 anni fa, ha avuto origine.
Olson viaggia per il mondo incontrando scienziati, visita con loro le aree archeologiche più importanti e antiche e discute con loro dei risultati delle ricerche sul DNA prelevato dai reperti.
Il risultato è sconvolgente per chiunque:
I genetisti di tutto il mondo, a seguito di ricerche effettuate separatamente a distanza di anni e di migliaia di chilometri hanno stabilito che:
  • l'85% della differenza genetica risiede all'interno dei gruppi che si riconoscono come simili tra loro
  • le popolazioni, le etnie, le razze come piaceva chiamarle ad alcuni, presentano tra  loro una differenza genetica pari al 15%
È stabilito tra i biologi che per definire la separazione di una sottospecie o una razza da un'altra sia necessaria una differenza genetica del 25%-30%.
In base ai dati raccolti dunque le razze umane non esistono.
"la maggior parte degli Afroamericani ha antenati Europei, tutti gli Euroamericani hanno antenati Africani"
"Le variazioni genetiche che coinvolgono il colore della pelle e le caratteristiche estetiche coinvolgono alcune centinaia tra i miliardi di nucleotidi nel DNAdi una persona, tuttavia le società hanno costruito elaborati sistemi di privilegi e controllo attorno a queste minuscole differenze genetiche."
Le famiglie linguistiche
Mappe della storia dell'uomo è palesemente un testo redatto allo scopo di confutare ogni tipo di razzismo basato sulla genetica e le argomentazioni sono più che sufficienti per confermare questo scopo anche per la persona più ottusa.

Il libro scorre bene, scorre inaspettatamente benissimo come un racconto di viaggio e in effetti è proprio Il viaggio dell'uomo che leggiamo tra l pagine.
Si apre in Africa, ovviamente, tra le popolazioni di Boscimani e di lingua Bantu, prova a ricostruire il grande viaggio oltre il Corno d'Africa per popolare Asia, Europa, Estremo Oriente, Oceania e America. E' un viaggio straordinario, incredibile, che testimonia l'innata capacità dell'uomo di diffondersi e apprendere e costruire e, soprattutto, non bastarsi, non bastarsi mai. 
In Medio Oriente viene affrontato il tema della nascita dell'agricoltura che determinò l'aumento della popolazione, lo sviluppo di un linguaggio articolato e la nascita della scrittura e viene raccontata la storia del popolo ebraico: la nascita, la diaspora e la diffusione di questa etnia in zone inaspettate dell'Africa: tra i lemba.
Il cammino verso le Americhe

C'è un interessantissimo excursus sulle famiglie linguistiche, sulla loro possibile genesi per permettere di tramandare le conoscenze e le capacità acquisite nel tempo e sui loro raggruppamenti, sulla necessità della scrittura per tramandare e amministrare e un breve assaggio di come possono essere ricostruite lingue che non hanno lasciato tracce come l'indoeuropeo: la madre di gran parte delle lingue occidentali. 
L'autore privilegia il punto di vista di alcuni scienziati che, per ricostruire la storia dell'umanità, tendono a basarsi su tre discipline: archeologia, genetica e linguistica.

Si passa poi ad analizzare la storia della diffusione dell'uomo in Europa, determinata dalle glaciazioni, dalla conformazione idrogeologica e dalle differenti ondate migratorie. La particolare forma e disposizione del continente: abbracciato per tre quarti dall'acqua, diviso al suo interno da catene di monti impervie e collegato da grandi fiumi ha permesso che al suo interno si diffondesse una tale diversità di climi, fauna, flora e popolazioni da far letteralmente scoppiare la vita, la cultura, la tecnica. 
C'è un approfondimento sulla situazione in Francia, purtroppo datata perché il libro è stato scritto nel 2002, sulla presenza di immigrati in Francia, come e perché ha avuto inizio l'immigrazione, i vantaggi e i pericoli in caso di mancata integrazione. E' un capitolo molto interessante soprattutto per vedere quale fosse il pensiero dominante prima della grande crisi mondiale della fine degli anni 2000.
Verso le Hawaii
Dall'Europa si passa alle Americhe e alle teorie sul suo popolamento a partire dal DNA, dai ritrovamenti archeologici di manufatti e dalle parentele linguistiche.

Infine il libro si chiude con un capitolo dedicato al grande progetto internazionale di analizzare il DNA dell'intera popolazione e un ultimo capitolo sulla Hawaii come caso unico di mescolanza di popoli provenienti da tutto il mondo.

Bello, bello, bello!

Pollice sù per tutti, non c'è nessuna necessità di avere studi di settore alle spalle per leggerlo.

martedì 9 aprile 2019

Consigli per la storia 3: La storia per la letteratura


Esiste una terza via per intraprendere lo studio della storia: partire dalla letteratura.
La collana Problemi e Prospettive de Il Mulino è approfondita e scorrevole quanto basta per essere utilizzata sia nelle aule universitarie sia per consultazione da chi vuole avere un quadro generale sulle arti e sul periodo storico senza consultare proprio un libro di storia.


Il Vittorianesimo

Sono costruiti molto bene, ogni capitolo curato da un autore diverso, inquadrano il periodo sia dal punto di vista letterario che dal punto di vista storico e artistico in generale.
Sono opere dedicate a quei lettori di letteratura classica, in questo caso inglese, che desiderano una comprensione maggiore delle opere letterarie.
C'è, ovviamente, tanta critica letteraria ma ci sono anche tante curiosità. Nel capitolo dedicato a Dickens, per esempio, viene descritto proprio il modo in cui l'autore lavorava, come circolavano i libri allora, quanto costavano, come avveniva la loro scrittura e la nascita della suspense, come funzionava la promozione dei libri e i rapporti tra il famoso scrittore e la Gaskell.

Poiché inoltre la letteratura è presentata spesso come un monolite a sé stante (leggo il libro di Charlotte Bronte e chiudo) molto interessanti sono anche gli approfondimenti alle arti del periodo, soprattutto quelle figurative.
Il Vittorianesimo
Non sono proprio un dinosauro ma ai miei tempi l'uso di internet era piuttosto costoso e avveniva a casa al computer perciò per ricordare i soggetti artistici di cui si parlava in questi libri dovevo servirmi dei ricordi delle lezioni di storia dell'arte. Adesso è fantastico! Se leggo di Turner o dei Preraffaelliti o del medievalismo architettonico e non ho idea di cosa sia posso immediatamente consultare immagini, di Mendelssohn posso ascoltare la musica.
Insomma: un buon testo e una disponibilità immediata di accesso alle fonti.

Credo che adesso questa collana sia fuori produzione ma se ne trovano abbastanza facilmente i volumi su Libraccio o Ebay se non vi dispiacciono le sottolineature.

Visto che non si trovano molto in giro vi lascio l'indice dei due in mio possesso.



Il Neoclassicismo
Il Neoclassicismo

















lunedì 1 aprile 2019

Consigli per la storia 2: Storia d'Italia di Indro Montanelli






Consigli per la storia, ovvero come approcciarsi all'approfondimento storico in modo non traumatico
Prima del mitico Barbero, prima del fascinoso Alberto Angela c'era solo un uomo, il padre dei divulgatori italiani: Indro Montanelli.
La storia d'Italia di Montanelli, poi Montanelli-Gervaso, infine Montanelli-Cervi è un'opera monumentale che tratta la storia d'Italia dall'Alto Medioevo fino al 1997 cui si aggiungono due prologhi: Storia di Roma e Storia dei Greci.
La pubblicazione del primo volume risale al 1965 con Rizzoli e da allora continua a essere rieditata senza sosta sia in volumi singoli acquistabili in libreria sia in collane periodiche legate a quotidiani.
La veste grafica è cambiata negli anni adattandosi alle esigenze dei lettori fino a comprendere anche edizioni raffinate a cofanetto con segnalibro e miniature.
Nel 2013 Rizzoli ha provveduto a digitalizzare l'intera opera.

E' un'opera popolare, la prima vera opera di divulgazione storica. Lo stile è semplice, il commento didascalico e il tono a tratti ironico a tratti fustigatore. 
Il lettore moderno sentirà un po' di distanza dal linguaggio del Maestro ma ci si fa presto l'abitudine.

L'idea dell'opera gli fu suggerita da Dino Buzzati quando era direttore di La Domenica, doveva essere una storia di Roma a puntate ma ebbe talmente tanto successo che i lettori gli imposero di continuare.
Riporto qui sotto l'intervista che Montanelli rilasciò a Radiomontecarlo in cui al minuto 2 dichiara la genesi dell'opera.
Nella stessa intervista Montanelli dichiara che al tempo si rese conto che in Italia c'era un grande vuoto: l'uomo di cultura parlava solo all'uomo di cultura ed era incomprensibile al pubblico, Montanelli ha voluto parlare di cultura a un pubblico non erudito, con un linguaggio semplice e senza sottintendere nulla perciò questa collana è un atto di accusa contro una cultura che non ha saputo raccontare agli italiani nemmeno la loro storia.
L'obiettivo di Montanelli era, nel giornalismo e nei suoi libri, di spiegare: spiegare qualunque cosa, a volte persino ciò che lui stesso non riusciva a comprendere e, nel cercare la spiegazione per il pubblico, la trovava per sé.

  1. "Il problema risiede tutto nel linguaggio: se riusciamo a scrivere utilizzando il linguaggio del lettore questo seguirà. Il lettore ha fame di cultura in Italia perché nessuno gliela ha data, la cultura in Italia si è rinchiusa nella sua torre eburnea, arroccata perché ha orrore del contatto con il pubblico, si crede diminuita dal contatto con il pubblico. E' una cultura di cretini, sterile, chiusa in sé stessa e per questo noi non contiamo più nulla nel mondo. Non è più cultura: è mafia"



Una dichiarazione di Roberto Gervaso, rilasciata nel 2006 e pubblicata da AdnKronos, racconta il suo incontro con il grande giornalista e la nascita della loro collaborazione:
“Ricordo ancora, quando appena presi la maturità nel ‘56, chiesi a mio padre, come regalo per la promozione, la possibilità di andare a Roma a conoscere Montanelli, per me una divinità del giornalismo - spiega lo scrittore - Arrivato a Roma, il 29 luglio spedii una lettera a Indro in cui chiedevo di incontrarlo e, appena due giorni dopo, mi rispose fissandomi un appuntamento per una colazione. Da allora nacque un’amicizia e una stima che lo fece diventare il mio maestro del giornalismo e uno dei miei più grandi amici”.

martedì 26 marzo 2019

Consigli per la storia 1: Le biografie

Biografie: Anna Bolena, Lucrezia Borgia, isabella d'Este, Enrico VIII, Napoleone

Mi sono stati chiesti suggerimenti per affrontare i libri di storia.


Ho voluto pensaci un po' per non dare semplicemente una sterile lista di libri che per me significano molto ma che buttati nella mischia si perderebbero.


Dei libri di storia non bisogna aver paura perché, in fondo, la conosciamo già e soprattutto perché sono le opere più entusiasmanti. Inoltre sono valiti aiutanti per affrontare le opere letterarie. Perché se è vero che ogni opera di letteratura può essere affrontata come a sé stante, solo come storia, è anche vero che la fruizione sarà molto più goduriosa se la si saprà inserire all'interno del contesto storico. Inserita nel suo tempo, approfondendo gli avvenimenti storici e le teorie filosofiche del periodo la letteratura diventa davvero una grande piscina in cui tuffarci e nuotare a piacere.


Però l'approfondimento storico non è, ovviamente, solo una chiave per comprendere la letteratura: è una chiave per comprendere soprattutto la contemporaneità: se non conosciamo il nostro passato non potremo comprendere il nostro presente, non potremo prevedere e progettare il futuro e questo non lo dico io, lo diceva già Tucidide, storico greco, ventiquattro secoli fa.


Sì ma da dove si comincia?

Non posso indicare una via universale ma posso dirvi come ho cominciato io ed elaborare differenti percorsi di lettura a seconda delle preferenze personali.

Tre post (abbiate pazienza ma uno solo sarebbe troppo lungo e dispersivo), tre indirizzi diversi che possono convergere oppure no, sta a voi. POST MOD: cinque minuti dopo aver scritto queste righe i post sono diventati 4.

Questo primo post è dedicato alle biografie: sono abbastanza convinta che per chi parte dalla letteratura, dalle storie dunque, sia il percorso più immediato per arrivare ad amare questo genere di saggi. Una biografia è, in fondo, il racconto della vita di una persona realmente esistita inserita nel suo contesto storico.

Credetemi! Ci sono storie talmente appassionanti da far concorrenza ai romanzi. E' inoltre proprio alle vite di uomini e donne straordinari che si richiamano le grandi opere letterarie: basti pensare all'Iliade, all'Odissea, all'Eneide... cosa sono se non storia in versi? (ok, magari non sono proprio aderentissimi alla realtà). 

Lasciamo il mondo latino e greco e guardiamo al medioevo: troviamo le storie dei paladini delle crociate Orlano e Rinaldo, personaggi realmente esistiti e mitizzati. Vennero poi le ballate su re Riccardo, vennero Walter Scott e Dumas che resero famoso e immortale Robin Hood, Dumas ci prese gusto a questo genere di narrazione pseudostorica e continuò narrando le vite di Marguerite di Valois, La regina Margot e la saga dei Borgia, scrisse un'intera raccolta di racconti ispirati a delitti celebri "Crimes célèbres".
La Storia, e le storie, insomma, sono sempre state alla base della letteratura, perché non leggerla direttamente senza il filtro del pensiero del romanziere?
Se si esplora il catalogo delle biografie disponibili ci i può davvero smarrire tra i titoli, propongo qui degli spunti da cui partire, in seguito sarà come per le ciliegie: i personaggi storici sono talmente intrecciati tra loro che basterà iniziare e poi uno tirerà 'altro.

Inizio con la mia preferita: Lucrezia Borgia (Sforza, d'Aragona, d'Este), tre sono le biografie che conosco: Bradford, Bellonci e Chastenet. Per preferenza personale opto per suggerire la Bradford, anche la Chastenet è molto valida mentre la Bellonci è più romanzata. Le prime due offrono anche un interessante apparato di note di chiusura, la Bradford integra l'opera con gli alberi genealogici dei discendenti di Alessandro IV, della dinastia d'Este e del ramo napoletano degli d'Aragona e la Chastenet con utili tavole cronologiche. Tutte e tre le opere dispongono di un utile indice dei nomi e di un'accurata bibliografia per approfondire l'argomento, quello della Bradford è davvero poderoso.
Altri personaggi italiani molto interessanti sono sicuramente Lorenzo il Magnifico, Isabella d'Este marchesa di Mantova, Matilde di Canossa (però il periodo storico è un po' caotico) e poi le grandi regine dei salotti milanesi del Risorgimeno: Cristina di Belgioioso e Clara Maffei.


Spostandoci in avanti nel tempo di qualche decina d'anni possiamo trasferirci in Inghilterra alla corte di Enrico VIII e delle sue più o meno famose mogli, tra tutte le loro biografie sicuramente la più interessante è quella di Anna Boleyn o Anna Bolena. In seguito si può continuare piacevolmente con Elisabetta I, Maria la sanguinaria e Maria Stuarda. 
Quel che accade prima dell'ascesa al trono dei Enrico VIII, ovvero la biografia di suo padre Enrico VII e la Guerra delle Rose che lo ha preceduto e innalzato al trono è oggettivamente molto complicato mentre la dinastia Stuart che segue è un tantino noiosa, almeno finché non mettono a morte Charles I.


Una buona biografia della regina Vittoria invece è utile per gli amanti del romanzo ottocentesco inglese che comprende grandi autori come le Bronte, Dickens, Stevenson, Gaskell, Thakeray, Elliot fino a Wilde, se non altro per non ritrovarsi a dire che la Austen è vittoriana: Jane infatti morì nel 1817, Vittoria salì al trono venti anni dopo. 

Jane è quella con i vestiti stile impero, Vittoria quella della crinolina.


Se torniamo all'epoca di Jane Austen e ci spostiamo un pochino più a Sud possiamo appassionarci con Napoleone, le sue mogli e la sorella Paolina. La sua seconda moglie: Maria Luisa d'Asburgo-Lorena, nipote di Maria Antonietta regina di Francia, ricevette in vitalizio il Ducato di Parma nel 1815 con il Congresso di Vienna e fu, ed è tutt'ora, amatissima dai parmigiani che la definirono "la duchessa buona".


Rasputin, zarina Alessandra
Più vicini nel tempo, in Russia, altrettanto appassionanti sono le storie degli Zar e delle Zarine la cui tragica fine commosse e spaventò l'Europa. Tanta parte nella caduta dell'impero russo fu attribuita al misterioso Rasputin, personaggio storico che non sfigurerebbe certo nei romanzi più torbidi.

Domande? curiosità? Spero di aver fornito spunti di lettura interessanti, sta a voi esplorarli.



Vi lascio con le tavole cronologiche della Chastenet e gli alberi genealogici della Bradford per fornirvi un ulteriore informazione: cercate di prediligere sempre testi con supporti visivi accurati, alberi genealogici e tavole riassuntive: sarà più facile e scorrevole la lettura.

alberi genealogici della Bradford

tavole cronologiche della Chastenet


domenica 4 dicembre 2016

L'Europa, le Olimpiadi, John Nash e il vino francese



Che cosa hanno in comune il medagliere olimpico, il PIL, la teoria dell'equilibrio di Nash e il vino francese? 
Apparentemente nulla.
Sono però gli ingredienti di un minestrone interdisciplinare in cui mi sono tuffata un pomeriggio sonnacchioso di dicembre. 
Era il 1997 o il 1998 e l'ennesima riforma della scuola promuoveva l'interdisciplinarietà, i collegamenti, a quell'epoca vigeva il motto "non ragionare per compartimenti stagni". Iniziai allora e non smisi mai più, da allora ogni argomento trova eco o radice in altri temi, in altri luoghi del pensiero: la letteratura nella filosofia, la filosofia nella storia, la storia nell'attualità, l'attualità nella sociologia, la sociologia nella linguistica e così via...

L'idea di fondo che mi circolava in testa da un po' era di comprendere perché l'idea di un'Europa Unita fosse così importante per me. Tralasciando per un momento le questioni personali, gli anni d'infanzia vissuti in Belgio, le suggestioni positive che aveva lasciato in me quella sorta di Arcadia internazionale vissuta nella pre-adolescenza, volevo strutturare la teoria della necessità e dell'utilità dell'Europa.

Ma da dove iniziare? I pipponi sui Guelfi e Ghibellini o su Carlo V me li tengo per me, cercavo un'argomentazione più concreta, qualche numero su cui speculare e sono partita dal medagliere olimpico.
Cosa succederebbe se le nazionali europee gareggiassero non sotto le singole bandiere di Francia, Germania, Italia e così via ma sotto un'unica bandiera europea? A che posto ci piazzeremmo nel medagliere?
Lascio volontariamente fuori la Gran Bretagna che con la vittoria della Brexit si è estromessa da sola dal contesto europeo e prendo in considerazione per sintesi solo Italia, Francia e Germania che sono le sole nazionali sempre classificate nei primi 10.
Pechino 2008USA 110 medaglie, Cina 100,  Russia 70, Ita-Ger-Fra 109
Londra 2012: USA 104, Cina 89, Russia 80, Ita-Ger-Fra 106
Rio 2016: USA 121, Cina 70, Russia 56 (senza l'atletica), Ita-Ger-Fra 112

Ok, quella sullo sport può essere considerata un'argomentazione superficiale e allora passo a cercare i dati sul PIL 2016 (fonte FMI)
USA: 18.143.712 $
Cina: 10.991.571 $
Zona Euro: 13.478.334 $
EU: 19.205.364 $

Prendendo tra tanti due fattori: uno sociale (lo sport) e uno economico (il PIL) sorgono spontanee considerazioni sull'inutilità tafazziana delle divisioni, sulla miopia delle politiche autonomiste a discapito di una visione più ampia e prospettica. Abbiamo una sola moneta ma non abbiamo nessuna visione comunitaria per quanto riguarda l'economia, la politica estera, la politica militare o la diplomazia. 

L'idea di Europa, ci ricorda Chabod, nasce già nell'antica Grecia con Isocrate che parla di Europa, non Grecia, contrapposta all'Asia; passa attraverso Dante e Boccaccio, trova baluardo in Erasmo da Rotterdam, si definisce con Voltaire  

“…come una specie di grande repubblica, divisa in vari stati... ma tutti collegati gli uni con gli altri, tutti con ugual fondamento religioso, anche se divisi in varie sette, tutti con gli stessi principi di diritto pubblico e di politica, sconosciuti in altre parti del mondo.”

e con Metternich

Ciò che caratterizza il mondo moderno, ciò che lo distingue essenzialmente dal mondo antico, è la tendenza degli Stati ad avvicinarsi gli uni agli altri ed a formare una sorta di corpo sociale riposante sulla medesima base della grande società umana formatasi in seno al Cristianesimo… La società moderna, invece, ci mostra l’applicazione del principio della solidarietà e dell’equilibrio fra gli Stati ci offre lo spettacolo degli sforzi concordi di parecchi Stati per opporsi alla preponderanza di uno solo, per arrestare l’estendersi della sua influenza, e forzarlo a rientrare nel diritto comune. Il ristabilimento dei rapporti internazionali sulla base della reciprocità, sotto la garanzia del riconoscimento dei diritti acquisiti e del rispetto alla fede giurata, costituisce ai nostri giorni l’essenza della politica, di cui la diplomazia non è che la quotidiana applicazione. Fra le due ci è, secondo me, la stessa differenza che c’è fra la scienza e l’arte.” (Memorie) 

Divide et impera, il motto latino preferito dai tiranni europei della storia ci si sta ritorcendo contro e nemmeno ce ne accorgiamo, siamo divisi, piccoli, gretti, ognuno guarda il suo piccolo orticello e lancia strali invidiosi al suo prossimo, l'Idea di Europa fondata sulla cultura è stata soppiantata da un'Europa meramente finanziaria, una vacca da mungere, una banca... non è questo che avevano in mente i suoi padri fondatori: la moneta unica doveva essere il mezzo per agevolare gli scambi economici e culturali tra i paesi, l'ariete per sfondare le barriere nazionali e permettere il permearsi delle diverse culture al fine di ottenere una visione condivisa degli obiettivi.

Divide et impera. Lo sapevano bene i tiranni e gli usurpatori, i Romani, l'Impero Britannico... ce ne siamo dimenticati noi.
Prima la crisi finanziaria ed economica, poi le guerre ai confini hanno portato un attacco a tenaglia alla neonata Europa, fiaccandone lo spirito originario, insediando il germe della paura, del sospetto, riportando in auge i nazionalismi mai del tutto sopiti, si è arrivati a sospendere la Convenzione di Schengen per motivi di immigrazione perché ancora dopo anni non si trova un accordo sulla gestione dell'immigrazione che da emergenza è diventata normalità.
Divide et impera. Ma chi impera?

Ci siamo dimenticati della teoria dell'equilibrio di un certo John Nash

"Un gioco può essere descritto in termini di strategie che i giocatori devono seguire nelle loro mosse: l'equilibrio c'è quando nessuno riesce a migliorare in maniera unilaterale il proprio comportamento. Per cambiare occorre agire insieme."

"unilateralmente possiamo solo evitare il peggio, mentre per raggiungere il meglio abbiamo bisogno di cooperazione" ("John Nash genio e follia", intervista di Piergiorgio Odifreddi a Nash apparsa su L'Espresso nel 2008)

Il comportamento dei singoli porta all'equilibrio, alla non evoluzione, alla stagnazione. La vera evoluzione si può avere solo con la cooperazione.

Ma non solo!
Andiamo oltre e prendiamo in considerazione il Dilemma del Prigioniero di Albert Tucker (altro matematico): due prigionieri separati vengono messi davanti a delle condizioni: 
1 - se solo uno dei due confessa, chi ha confessato evita la pena; l'altro viene però condannato a 7 anni di carcere.
2 - se entrambi confessano, vengono entrambi condannati a 6 anni.

3 - se nessuno dei due confessa, entrambi vengono condannati a 1 anno, perché comunque già colpevoli di porto abusivo di armi.

In questo caso la scelta migliore per la collettività (i due prigionieri) è quella di rinunciare ciascuno a un pezzetto della propria libertà (un anno di carcere) e cavarsela con poco piuttosto che confessare entrambi e beccarsi sei anni di reclusione ciascuno... Non possono però averne la certezza: la scelta è al buio. L'unica cosa che possono fare i due prigionieri è sperare che entrambi prenderanno la scelta migliore per la collettività poiché se entrambi possono essere tentati di confessare per evitare la pena (sperando che l'altro non confessi),  la confessione di entrambi li porterebbe a dover subire una pena di 6 anni ciascuno.

Il problema di questa Europa non è che ci siamo privati di troppa parte di autonomia ma che non ce ne siamo privati abbastanza, che non abbiamo devoluto abbastanza, che ci facciamo la faccina bellina e cortese ai summit europei per poi nascondere pugnali dietro la schiena appena mettiamo il naso fuori da casa Europa e la guerra in Libia voluta da Francia e Gran Bretagna è un esempio di come iniziative apparentemente positive per il singolo (economiche, non certo umanitarie) si rivelino in realtà negative per la totalità del gruppo, anche per gli stessi che hanno preso l'iniziativa: il terrorismo che ha colpito la Francia e il boom dell'immigrazione hanno colpito e stanno colpendo principalmente proprio quei paesi che hanno iniziato i bombardamenti. Se alle iniziative particolari aggiungiamo la scarsità di comunicazione tra le varie intelligence (ovvero la mancanza di cooperazione per il fine comune della sicurezza) mi viene da pensare che è un miracolo che in Europa ci siano stati così pochi attentati.

La libertà non è un fine ma un mezzo, una carta da giocare o tenere in serbo al fine di ottenere vantaggi concreti e duraturi per la collettività.
All'epoca delle guerre persiane le polis greche, alcune in guerra tra loro, decisero di stipulare un'alleanza in funzione anti-persiana mandando all'aria i tentativi di Serse di sottomettere singolarmente ogni singola polis. Serse aveva un'esercito dieci volte più numeroso di quello che potevano mettere in campo i Greci.
Ma i Greci avevano la libertà.
La libertà di unirsi per un fine comune.

L'esempio del vino francese in Cina
Il vino, si sa, in Francia è cosa seria così, vista l'impossibilità per i singoli produttori francesi di penetrare il mercato cinese, il governo francese finanziò nel 2012 un progetto triennale di promozione del vino nazionale in Cina favorendo la creazione di un ambiente ricettivo nel paese d'Oriente attraverso una rete di informazioni, semplificazioni burocratiche, marketing e grande distribuzione. Risultato? Le importazioni di vino francese sono schizzate al 47% con bottiglie i cui prezzi vanno dai 30 ai 10.000$. 
Non solo, a dieci anni dall'entrata in vigore del progetto stanno confluendo in Francia capitali cinesi destinati alla viticultura.

Uniti si vince, tutti. Uniti si ha l'opportunità di apportare cambiamenti significativi per tutta la collettività.

... e se non vi fidate di me fidatevi almeno della matematica.

sabato 12 novembre 2016

Psicologia delle folle - Accattatevillo!



Per soli 7,50€ su Ibs si ha la possibilità di portarsi a casa un must read per comprendere i meccanismi usati dagli arringatori di popolo per trascinare le folle, accattivarsi il loro voto e la loro fedeltà. Il testo è del 1895 ma è valido, validissimo anche oggi e se spiega i totalitarismi del Novecento è in grado di spiegare anche quei fenomeni di anti-politica che sembrano travolgere la realtà politica mondiale: Berlusconi, Renzi, Salvini, Le Pen, Grillo, Brexit... e oggi Trump.
Si sa per certo che il libro fu letto da Lenin, Stalin, Hitler e Mussolini, non si sa se invece i sopracitati lo posseggano nelle loro biblioteche ma la Psicologia delle folle di Le Bon ha talmente influenzato l'ars retorica del passato che si può pensare che anche se i politici odierni non hanno letto il libro, la teoria che ne sta dietro faccia ormai parte inconsciamente del bagaglio del politico moderno, divorata, masticata, digerita dalle scuole di politica del passato e infine arrivata a permearle.

citando
"L'insieme dei caratteri comuni imposti dall'ambiente e l'ereditarietà in tutti gli individui di un popolo costituisce l'anima di questo popolo. Ma quando un certo numero di uomini si trova per caso riunito, la osservazione dimostra che, dal solo fatto di questa vicinanza, possono nascere caratteri psicologici nuovi i quali si sovrappongono a quelli della razza, e talvolta differendone profondamente. Il loro insieme costituisce un'anima collettiva potente, ma momentanea."

La folla è dominata dall'inconscio, modelli,  pensieri, emozioni, istinti di cui il soggetto non è consapevole, è la scomparsa della personalità, della vita cerebrale e predomina l'attività nervosa, l'intelligenza si abbassa ed emergono i sentimenti, sentimenti che possono essere migliori o peggiori a seconda del fine dell'oratore, la folla può essere eroica o criminale.

Citando ancora:
"La leggerezza di certi discorsi fatti da questi dittatori che hanno esercitato un'influenza enorme sulle folle, talvolta stupisce alla lettura; ma si dimentica che essi furono fatti per trascinare le folle, e non per essere letti da filosofi. L'oratore si mette in intima comunione con la folla e sa evocare le immagini che la seducono. Le affermazioni sono fatte in modo così autoritario, che vengono accettate a causa del tono che le accompagna. E normalmente queste suggestioni non sono accompagnate da argomenti o prove logiche, esse sono cacciate dentro quali verità lampanti, e sono cristallizzate in epigrammi ed assiomi, che vengono accettati per veri, in conseguenza della apparente arguzia, senza che nessuno pensi ad analizzarli. I sofismi politici e le spiegazioni usuali, appartengono a questa classe."
...
"La moltitudine ascolta sempre l'uomo dotato di volontà forte. Gli individui riuniti in folla, perdendo ogni volontà, si volgono istintivamente verso chi ne possiede una."

Discorsi fatti per trascinare le folle, non per essere letti da filosofi, non per essere sottoposti al vaglio del fact checking, non per essere analizzati nelle loro strutture retoriche. Mi è capitato di recente di analizzare alcuni discorsi di un noto politico italiano scoprendo facilmente che tutto il nocciolo della sua ars orandi risiede nella triplice ripetizione del concetto in tre modi differenti: una volta per dritto, una volta a rovescio e una volta in chiave ironica; anche l'uso degli aggettivi segue lo schema della triplice ripetizione, sempre tre, più o meno sinonimi. 
"Napoleone diceva che esiste una sola figura seria di retorica, la ripetizione. La cosa affermata riesce a stabilirsi negli spiriti a tal punto da essere accettata come una verità dimostrata."
Le affermazioni vengono prese come dogmi non per la loro verità intrinseca ma per il tono con cui vengono esposte e per il numero di volte in cui vengono ripetute ed è difficile confutarle perché a usare la ragione si passa per stupidi. Basti pensare alle bufale che circolano ovunque, dai social ai parlamenti: scie chimiche, vaccini, olio di palma... persino sirene... teorie strampalate che sono entrate nei parlamenti! Senza che prima fossero analizzate su basi scientifiche, storiche o economiche ma solo perché ripetute incessantemente da una massa di persone senza alcun titolo che ripetono a loro volta slogan trovati su siti tipo tuttofuffa.net perché qualcuno dotato di retorica appena sufficiente ha saputo toccare le corde intime della folla facendo emergere le paure inconsce. 
Corde intime, paure inconsce.  Le Bon non dice assolutamente che i singoli uomini che compongono la folla siano degli imbecilli o degli ignoranti, tutt'altro. Spiega invece come e perché anche individui dotati di intelligenza e cultura subiscano una trasformazione quando si trovano inseriti in una "folla" (politica, religiosa, ideologica che sia). Inoltre non significa che gli uomini che costituiscono la folla siano individualmente privi di volontà ma che si spoglino della loro volontà nel momento in cui si ritrovano riuniti in folla e che le suggestioni scaturite dai discorsi dell'arringatore permangano anche quando gli individui ritornano alla loro vita, come se si fosse messo un cuscino isolante sulla loro capacità di analisi.

Fino circa un'anno fa ero stupidamente convinta che questa fosse una piaga tutta italiana conseguente allo smantellamento della prima Repubblica (che per quanto avesse i suoi difetti aveva anche ottimi pregi e ottimi politici), conseguente all'ascesa al potere di Berlusconi e al suo carrozzone di fenomeni da circo che hanno riempito gli scranni della politica italiana; caduti questi per corruzioni e piccole ripicche ci siamo ritrovati di fronte l'emergere dell'anti-politica ovvero la negazione dell'esercizio del potere decisionale, la fine dell'ars orandi mirata al coinvolgimento dell'elettorato e l'inizio di quella il cui unico fine è la soggezione emotiva. 

Negli anni successivi alla fine della prima Repubblica la politica ha progressivamente e inesorabilmente abdicato alla sua funzione di pater familias diventando sempre più compagno di sbronze. Il pater familias è quella figura che quando il figlio dice di aver fame e di volere pane e Nutella gli cucina un piatto di pasta, magari con i broccoli perché sfamano e fanno bene, sa cosa è bene per il bambino e parlando con lui riesce a convincerlo del fatto che si debba mangiare pasta e broccoli per crescere sani e forti... poi magari dopo la pasta si può concludere il pasto con una fettina di pane e Nutella. Ecco, il politico moderno è come il padre che non volendo sentir frignare il figlio gli serve subito pane e Nutella, dice al figlio quello che vuole sentirsi dire e soddisfa i suoi capricci perché non ha tempo o voglia di spiegare. Pensi che gli immigrati siano il male del Paese? Bene, ributtiamoli tutti in mare e costruiamoci un muro intorno. Pensi che la causa dei tuoi problemi siano l'Euro e il signoraggio? Bene, usciamo dall'Euro. Pensi che i tuoi problemi di lavoro derivino dall'olio tunisino? Bene, boicottiamo. Soluzioni facili che vengono facilmente propinate e recepite. Vogliono Nutella? Nutella sia!

Ha funzionato in Francia nel Settecento quando girava la voce che Maria Antonietta avesse pronunciato la famosa frase "dategli brioches" riferendosi al popolo affamato durante una rivolta dovuta alla mancanza di pane (voce che peraltro già circolava prima dell'arrivo di Maria Antonietta in Francia attribuita da Rousseau nelle sue Confessioni a una "grande principessa").
Ha funzionato durante la peste nera del Trecento quando gli Ebrei vennero incolpati di aver portato la peste.
Ha funzionato in Germania negli anni Trenta quando i tedeschi furono portati a credere che i loro problemi economici fossero causati dagli Ebrei. (in effetti le comunità ebraiche vincono l'Oscar come miglior perseguitato della Storia).

Ha funzionato nel Regno Unito per la Brexit.

Pensavo dunque che fosse un fenomeno tutto italiano... sbagliavo.
L'emergere di fenomeni politici come la Le Pen, Podemos e Tzipras mi ha fatto pensare che si potesse trattare di un fenomeno più esteso, radicato magari nella comune radice Mediterranea, un po' terrona diciamolo, poco formica e molto cicala. Ho iniziato a invidiare gli abitanti dei paesi più a Nord come Germania e Inghilterra per la loro rettitudine, la sobrietà, la capacità di mangiare pasta e broccoli senza lamentarsi più di tanto.
La vittoria del fronte della Brexit nel Regno Unito mi ha sconvolta. Mi ha sconvolta non tanto per quello che è ma per quello che significa: non c'è più scampo. La retorica della pancia sta permeando le democrazie più illuminate. 

Citando ancora - questo è davvero illuminante e non solo per quanto attiene al dibattito politico ma anche e soprattutto per il dibattito su temi scientifici, economici, sociali.

"I trascinatori di folle, il più delle volte, non sono intellettuali, ma uomini d'azione. Sono poco chiaroveggenti, e non potrebbero esserlo, poiché la chiaroveggenza porta generalmente al dubbio e all'inazione. Appartengono specialmente a quei nevrotici, a quegli eccitati, a quei semi-alienati che rasentano la pazzia. Per quanto assurda sia l'idea che difendono o lo scopo che vogliono raggiungere, tutti i ragionamenti si smussano contro la loro convinzione. Il disprezzo e le persecuzioni non fanno che eccitarli maggiormente. Tutto è sacrificato, interesse personale e famiglia. Perfino l'istinto di conservazione viene distrutto in essi, a tal punto che, spesso, la sola ricompensa che essi ambiscono è il martirio. L'intensità della fede dà alle loro parole un grande potere suggestivo. "

Eccola spiegata in parole semplici, nel 1895 la teoria del gomblotto!!!!1
Ecco spiegato perché sia inutile mettersi a discutere con un sostenitore dei complotti (vaccini, olio di palma, signoraggio...): sarebbe come cercare di condurre Savonarola a una conciliazione con Rodrigo Borgia, non funzionerà mai e più si cercherà di dimostrare la validità delle tesi universalmente riconosciute e la fallacia di quelle dell'interlocutore più questi si chiuderà a riccio sentendosi perseguitato, martirizzato perché unico depositario di una verità che vogliono tener nascosta.

E qui si ritorna alla pancia, alla soddisfazione dei desideri della folla sia da parte degli uomini di stato sia dalla stampa che per vendere copie deve in soldoni scrivere ciò che la folla vuole leggere:
"Un tempo, e questo non è troppo lontano, l'azione dei governi, l'influenza di qualche scrittore e di un piccolo numero di giornali costituivano i veri regolatori dell'opinione. Oggi gli scrittori hanno perduto ogni influenza e i giornali non fanno più che rispecchiare l'opinione. In quanto agli uomini di Stato, lungi dal dirigerla, non cercano che di seguirla. Il loro timore dell'opinione giunge a volte fino al terrore e impedisce ogni fermezza alla loro condotta".

Stupefacente, stupefacente, stupefacente! Come ho fatto a rimuovere tutto questo?
Forse perché questo libro lo lessi tanti anni fa, quando ancora nemmeno votavo e la politica era un'idea, non una incombenza.
Ho sempre pensato che questo fosse un libro per dittatori, utile per spiegare i totalitarismi del XX secolo, le idee di base mi sono sempre circolate nella testa in questi ultimi venti anni ma come rumore di fondo, qualcosa che stava là come conoscenza a disposizione per spiegare la Storia.
Rileggerlo ora a distanza di tanti anni e trovarlo così facilmente applicabile alla realtà è sconvolgente.
Nihil novum sub solem, possiamo mandare l'uomo sulla luna, curare le infezioni, comunicare a distanza di migliaia di chilometri grazie a internet ma la mente umana è sempre quella e risponde sempre agli stessi stimoli da migliaia di anni, la parte primitiva e rettile del nostro cervello se ne frega di quello che siamo, di quello che abbiamo studiato o vissuto: risponderà sempre al suo istinto primordiale come prima cosa, la sopravvivenza e se sente questa minacciata la prima reazione sarà di chiudersi a riccio, alzare muri, trovare forza dal gruppo e gridare la complotto o alla persecuzione.
Conoscere questi meccanismi, conoscere le strutture della retorica può preservarci dal cadere nelle trappole degli oratori, scindere il messaggio dal messaggero e dall'intensità con cui questo viene espresso, ragionare sul messaggio, a maggior ragione se questo ci convince, cercare di capire se ci convince perché è coerente e motivato o perché è espresso in modo accattivante, l'uno comunque non esclude l'altro. Perché proprio nel momento in cui un messaggio ci pare tanto importante è maggiormente probabile che sia falso, distorto o che ci sveli solo una parte della realtà.