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sabato 26 agosto 2017

Immaginaria - la mostra a Fano su miti e meraviglie


A Fano c'è un tesoro, uno scrigno di preziosi, tanto delizioso per il contenuto quanto per il contenitore.

Il contenitore è la Biblioteca Federiciana, il contenuto sono più di centomila volumi a stampa tra cui rare edizioni del XVI sec., un centinaio di Codici Malatestiani (1367 - 1463) fra i quali i libri della Camere di Pandolfo III e una collezione di pergamene (1173 - 1807).

Il cuore di questa biblioteca è la Sala dei Globi, denominata così per la presenza di due globi, uno terrestre e uno celeste della fine del XVII secolo, alle pareti sono addossate imponenti scaffalature che custodiscono i volumi del Federici divisi per argomento.
Sala dei Globi

L'occasione che mi ha portata nella Sala dei Globi è ghiotta: la mostra "Immaginaria. Fonti storiche dell'immaginario contemporaneo", un viaggio nell'evoluzione di quei miti che oggi ci tengono incollati alle pagine di un libro o di una serie tv perché fanno parte di quel mondo immaginario che ci veniva raccontato da piccoli nelle favole della buonanotte e ci hanno accompagnano da millenni attraverso le pagine della letteratura.

Attraverso materiale del fondo antico della Biblioteca Federiciana si snoda un breve ma interessantissimo percorso tra mostri, draghi, uomini avvolti dal mistero come Nostradamus e Cagliostro, manuali per inquisitori ed esorcisti, codici di astrologia e cabala e infine la clamorosa notizia dell'apparizione di un disco volante nei cieli di Firenze riportata dalla Domenica del Corriere il 14 novembre 1954.

E' importante sottolineare la presenza di testi riguardanti la cabala, l'inquisizione e le arti divinatorie perché non è facile trovare fondi librari con questo tipo di testi in quanto messi all'indice, ritenuti pericolosi o dannosi per la fede e per la morale di cui pertanto era vietata la lettura, la vendita, la traduzione e la detenzione. Domenico Federici infatti poteva possedere tali opere in quanto possedeva una speciale dispensa papale.

E' sicuramente una mostra accattivante, mostri, draghi e draghetti sono di gran moda di questi tempi e sarebbe stato molto facile fare qualcosa di approssimativo.
Invece no!
Il bibliotecario che ha curato la selezione e l'esposizione, Michele Tagliabracci, ha fatto davvero un bel lavoro costruendo un percorso storico e filologico armonioso dal XVI secolo con Conrad Wolffhart e la sua raccolta di "curiosità dal mondo" ai giorni nostri con la cronaca dell'avvistamento di un UFO nei cieli di Firenze. 
La stessa disposizione dei reperti bibliografici segue bene nello spazio questo percorso nonostante la sala sia abbastanza piccola.
C'è da dire che fino agli inizi del XVIII secolo le raccolte di mirabilia erano assai diffuse, opere come i "Viaggi di Jon Mandeville" ai confini del mondo con resoconti di creature fantastiche, palazzi meravigliosi e paesi di cuccagna godevano di ampissima diffusione e venivano tradotti in tutte le lingue europee poi, grazie alle esplorazioni che proprio nel 1770 videro la scoperta dell'ultimo continente abitato, l'Australia, e in seguito alla domanda di sempre maggior razionalità che condusse alla compilazione di enciclopedie come quella di Diderot e d'Alambert, "Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri" e che è la prima enciclopedia veramente moderna, questa passione per il meraviglioso va gradatamente scemando e i "mostri" vengono abbandonati o ricondotti a un ambito razionale come per esempio le teorie di Lombroso sulla base antropologica dell'indole criminale.

Per me resta il fascino assoluto dell'opera del Wolffhart con splendide incisioni che rimandano molto a quelle dei testi a stampa del Mandeville, soprattutto per quanto riguarda la raffigurazione di Blemmi, Sciapodi e Cinocefali.

Di seguito una raccolta delle opere in esposizione che spero inviti i lettori a visitare la mostra visitabile dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 14.00. Unica pecca gli orari di apertura impossibili per chi lavora 😒.

Chi vuole può poi andarsi a guardare la brochure ufficiale dell'esposizione a questo link. Mi raccomando, seguite i QRCode e potrete sfogliare personalmente i testi presenti nella Sala dei Globi che sono stati già digitalizzati

Breve predicion di nostro Damus et altri famosi astrologi sopra l'anno 1583. Coll.: Ms. Amiani 80/42
Copia di una “predizione” del celebre astrologo francese Nostradamus (Michel de Nostredame, 1503 - 1566).

Quadrante astrologico. 1632. Coll.: B 10 22 - Calendario perpetuo. 1621. Coll.: Ms. Federici 16 
Una carta datata 1632 presenta un quadrante astrologico ovvero una raffigurazione grafica finalizzata a rappresentare la posizione dei pianeti al fine di prevedere l'esito di un evento o di fatti correlati ad una specifica persona. La copertina del trattato sul calendario perpetuo è stata realizzata riutilizzando una pergamena che conteneva uno studio astrologico e un cifrario segreto che consentiva la lettura delle previsioni. L'arte del predire il futuro non era consentita tranne rare eccezioni: conoscere in anticipo l'esito di una trattativa, una battaglia o la morte di una persona potevano creare disordini sociali e politici. La copertina in pergamena spiega come camuffare da partitura musicale una previsione astrologica.


Laurentius Toppeltinus. Origines, et occasus Transsyluanorum: seu erutae nationes Transsylvaniae, earumque vltimi temporis revolutiones, historicâ narratione breviter comprehensae. Lugduni: sump. Hor. Boissat, & Georg. Remeus, 1667. Coll.: 1 B I 33
Lo storico rumeno Toppeltinus cita nel suo trattato sulla storia della Transilvania le gesta di
Vlad II di Valacchia, primo membro della stirpe dei Draculesti 

Cesare Carena. Tractatus de officio sanctissimae Inquisitionis, et modo procedendi in causis fidei. In tres partes diuisus. Bononiae: typis Iacobi Montij, 1668. Coll.: 2 M VI 62

Notizia sul Conte di Cagliostro. 28 agosto 1795. Coll.: Ms Federici 224/16
Nel fondo manoscritti della Biblioteca Federiciana è conservata copia di una lettera datata 28 agosto 1795 contenente informazioni sulla morte dell'esoterista ed alchimista Giuseppe Balsamo conte di Cagliostro, avvenuta due giorni prima nelle carceri di San Leo.

Giacomo Filippo Foresti. Nouissime hystoriarum omnium repercussiones, quae Supplementum Supplementi chronicarum nuncupantur. Venezia: Albertino da Lessona, 1503. Coll.: 1 B IV 02


Athanasius Kircher. Musurgia vniuersalis siue Ars magna. Roma eredi Francesco Corbelletti, 1650. Coll.: 2 N VIII 44
La Musurgia universalis è un'enciclopedia musicale in cui sono descritte le basi teoriche e pratiche della musica ed in generale dei fenomeni acustici. L'autore celebra la creazione dell'universo e dell'uomo, generati secondo il volere divino rappresentato come un esecutore dell'armonia celeste.
L'uomo come parte di questo sistema è in stretta correlazione con le influenze astrali, principio alla base della tradizione astrologica.

Athanasius Kircher. Arca Noe, in tres libros digesta. 
Amsterdam: Jan Jansson, 1675. Coll.: 2 M VI 30

Girolamo Menghi. Compendio dell'arte essorcistica, et possibilità delle mirabili, & stupende operationi delli demoni, & de i malefici. Con li rimedi opportuni alle infermità maleficiali.
Venezia: Fioravante Prati, 1594. Coll.: 16 G I 20

Joannes Christian Frommann. Tractatus de fascinatione novus et singularis, in quo fascinatio vulgaris profligatur, naturalis confirmatur, & magica examinatur.
Norimberga: Wolfgang Moritz Endter, erede Johann Andreas Endter, 1675. Coll.: 2 N V 31
Opera dedicato allo studio dei malefici e dei “malocchi”: Frommann sottolinea il carattere popolare di tali tradizioni magiche.

Giuseppe Maria Maraviglia. Pseudomantia veterum, et recentiorum explosa, siue De fide diuinationibus adhibenda tractatus absolutissimus ad abolendam falsae diuinationis superstitionem.
Venezia: Giovanni Francesco Valvasense, 1662. Coll.: 2 N VIII 28
Il trattato esamina le antiche tradizioni legate alle divinazioni e profezie.

Ulisse Aldrovandi. Serpentum, et draconum historiæ libri duo.
Bologna: Clemente Ferroni, 1640. Coll.: M IV 10

Gaspar Schott. Physica curiosa, sive Mirabilia naturae et artis libri XII comprehensa, quibus pleraque, quae de angelis, daemonibus, hominibus, ... ad veritatis trutinam expenduntur, ... & innumeris exemplis illustrantur.
Würzburg: Johann Andreas Endter, erede Wolfang Endter, 1662. Coll.: 2 N VIII 42-43

Thomas Bartholin. De unicornu observationes novae. 
Amsterdam: Hendrik Wetstein, 1678. Coll.: 2 O II 38

Phesio Sano de Annoies. Hermeticae disciplinae Lvcifer : Quo fugatis errorum tenebris : Secretiora Naturae Arcana revelaantur. Bologna: eredi Antonio Pisarri, 1680. Coll.: Magazzino B
Rarissimo opuscolo di argomento alchemico stampato a Bologna da autore ignoto (l'indicazione sul frontespizio è riconducibile ad uno pseudonimo).
Il luogo di stampa induce ad identificare il Lucifer nella “pietra luciferina”, nota anche come “pietra di Bologna”.

Conrad Wolffhart. Prodigiorum ac ostentorum chronicon, quae praeter naturae ordinem, motum, et operationem, et in superioribus & his inferioribus mundi regionibus, ab exordio mundi usque ad haec nostra tempora, acciderunt.
Basilea: Heinrich Petri, 1557. Coll.: 1 B IV 22 


Ulisse Aldrovandi. Monstrorum historia.
Bologna: Nicolò Tebaldini, 1642. Coll.: M IV 6

Domenica del Corriere, 14 novembre 1954
Un disco volante sarebbe sfrecciato sullo stadio Comunale di Firenze durante la partita amichevole tra Fiorentina e Pistoiese, perfino i giocatori si sarebbero fermati ad osservare l'oggetto attirati dagli “indici rivolti al cielo” dei tifosi.

Cesare Lombroso. L' Uomo delinquente in rapporto all'antropologia, alla giurisprudenza ed alla psichiatria. Atlante.
Torino: Fratelli Bocca, 1897 Coll.: 16 M IV 56 

domenica 30 luglio 2017

Filippa Siccardi, il suo castello e un restauro dettato dall'amore




Un delizioso pomeriggio, un'impressione di bello e passione che indica la strada, o una strada per la conservazione del patrimonio culturale, architettonico e storico del nostro bellissimo Paese.

PS: se siete interessati solo alla parte storica andate direttamente alla fine del post.

L'occasione è l'evento“Omaggio a Filippa Siccardi, feudataria del Castello di Naro (1217-2017)", tenutosi al Castello di Naro, vicino Cagli, il 29 luglio di cui sono venuta a conoscenza sulla pagina Facebook de Il Medievalista
L'evento, ben organizzato e soprattutto ben strutturato, si divideva in tre parti: 

  • Conferenza della ricercatrice Elisabetta Gnignera, storica del costume medievale e rinascimentale
  • Visita al castello con Giovanni Melappioni, appassionato di storia medievale, scrittore e curatore del blog Il Medievalista
  • Rinfresco a base di tartufi realizzato in collaborazione con Tartufi Tentazioni di Acqualagna
L'evento verrà ripetuto e consiglio davvero a tutti di partecipare per trascorrere un pomeriggio diverso, deliziati dalla bellezza dei luoghi, dall'abilità dei narratori e dal piacere di un rinfresco gourmet.
Elisabetta Gnignera ha saputo egregiamente ripercorrere la figura della donna guerriera attraverso i secoli, dall'Iliade di Omero (VI s.a.C) al Morgante del Pulci (XVs.) passando attraverso l'Eneide con Camilla regina dei Volsci, le cronache di crociata di Imad ad-din, biografo di Saladino (XIIs.), la figura di Maria Puteolana, vergine guerriera di Pozzuoli descritta dal Petrarca, la Teseide di Boccaccio fino alle più note Giovanna d'Arco e Caterina Sforza. La relazione attinge da storia e letteratura ed è interpuntata da riferimenti a reperti archeologici e descrizioni dell'abbigliamento delle donne guerriere attraverso i secoli. Una narrazione leggera, piacevole, scorrevole adatta a ogni tipo di ascoltatore, non è necessario avere già conoscenze di tipo storico, la relatrice riesce a trasportare l'uditore attraverso i secoli grazie a parole e immagini sapientemente dosate.

Giovanni Melappioni è stata una piacevolissima scoperta, la conferma che per trasmettere un messaggio di tipo culturale ci vuole per prima cosa passione per la materia. E Melappioni di passione ne ha, trasuda entusiasmo a ogni parola e la visita alla rocca diventa occasione per spiegare l'evoluzione del castello nella storia e il fenomeno dell'inurbamento. E' uno scrittore lui e dove mancano i documenti storici provvede a riempire la lacuna con ipotesi ragionate in virtù della sua conoscenza del periodo.

Terza parte del pomeriggio l'aperitivo, è in questo momento che i proprietari del Castello si presentano e spinti dalla nostra curiosità raccontano di come l'incontro con questo posto sia avvenuto per caso e sia stato subito passione. L'acquisto per impulso, per essersi invaghiti di un portale e poi anni per realizzare il progetto del restauro che è davvero un capolavoro di sinergia tra archeologia e design. Ogni cosa è curata nei minimi dettagli, dall'uso di materiali e colori in armonia con il luogo, al giusto dosaggio di complementi d'arredo retrò e innovazione tecnologica (penso ai termosifoni del bagno principale o alla doccia con vista sulla valle), tappezzerie delicate, legni, camminamenti ricostruiti o inventati che aprono su di una vista mozzafiato sulla valle. Anche il verde circostante è disposto con la stessa cura maniacale, le file di giovani ulivi all'ingresso, le porzioni di terreno rialzate ove risiedono ortensie, rose o piante aromatiche e poi di nuovo la vista sulla valle, la stessa di Raffaello e dei grandi maestri del Rinascimento, quel senso di pace e tranquillità che è proprio dell'entroterra marchigiano dove l'Appennino è morbido, accogliente e ricoperto di vegetazione.

A Naro ho visto l'amore. 
L'amore dei relatori per la materia storica. 
L'amore dei titolari della Tartufi Tentazioni nella presentazione delle loro creazioni gastronomiche. L'amore della famiglia Stocchi per un angolo dimenticato della storia che hanno trasformato in una porzione di paradiso.


PICCOLO EXCURSUS DI STORIA
Spulciando in giro mi sono imbattuta nell'opera di Gabriele Presciutti,Maurizio Presciutti e Giuseppe Dromedari, un archeologo e due impiegati che animati da passione nei confronti del tesoro storico del loro paese hanno impiegato tre anni in ricerche tra Archivio di Stato e l'università di Urbino mettendo in fila minuziosamente materiale d'archivio e racconti di compaesani. L'opera è "Pianello di Cagli. Viaggio nella storia di una vallata", acquistabile su Vistaprint.
Il giorno dopo la visita mi sono dilettata a far combaciare l'accattivante storia di Filippa Siccardi ascoltata al castello con quanto letto nel libro di Presciutti e Dromedari. 

Filippa Siccardi, chi era costei dunque?
Una donna del 1200 feudataria del castello di Naro. 
All'inizio del XIII secolo le mire espansionistiche del comune di Cagli puntano sui territori circostanti, soprattutto quei castelli di proprietà di signori locali che ergendosi su promontori possono garantire ottimi punti di osservazione sul territorio e buone rendite. In pochi anni vengono assoggettati una cinquantina di castelli tra cui quello di Naro, i proprietari stringono un accordo con il Comune che compensa queste cessioni con beni e cariche comunali.
E' il 1219, l'accordo per il castello di Naro viene siglato da Filippo e Riccardo Siccardi, rispettivamente padre e fratello di Filippa. 
Nel 1227 i documenti dell'epoca riportano che Filippa Siccardi riconsegnò il castello al Comune di Cagli.
Cosa accadde nel frattempo si può ricostruire grazie al libro su Pianello di Cagli.
Due fatti concorsero a indebolire la forza del Comune e riaccendere le spinte autonomiste dei signori dei castelli:

  • Un'epidemia scoppiò all'interno delle mura di Cagli decimandone la popolazione 
  • Papa Onorio II consegnò il Comune di Cagli ad ad Azzo d'Este, marchese di Ferrara, di fazione guelfa filopapale
Perché il Papa consegnò Cagli a un Este? Posso ipotizzare che essendo il Comune filo-ghibellino ed essendosi espanso soprattutto a spese della Diocesi di Cagli, il Papa lo abbia voluto punire approfittando della crisi dovuta all'epidemia influenzale. Fatto sta che sette anni dopo, siamo nel 1227, grazie all'intervento di Federico II gli Este sono costretti ad andarsene e Cagli torna libero Comune. La crisi di Cagli dura sette anni (1220-1227) durante i quali i signori dei castelli si ribellano all'autorità accentratrice del Comune e tornano a insediarsi delle loro precedenti proprietà. Posso ipotizzare che anche Filippa Siccardi fosse ritornata in possesso del castello di Naro a seguito di quest'onda autonomista dei signori locali e che quando il Comune si fu riorganizzato ed ebbe ritrovato la sua forza si vide costretta a fare marcia indietro e riconsegnare il castello a Cagli. Deve comunque esserci stato un assedio visto che i documenti dell'epoca riportano che i castelli di Filippa furono riconsegnati piuttosto malconci.
Di Filippa null'altro si sa, il paragone corre veloce verso un'altra figura femminile forte che difese strenuamente i suoi possedimenti: Caterina Sforza, madre di Giovanni dalle Bande Nere, che si scontrò con il Valentino Cesare Borgia il quale mirava a unire le terre di Marche e Romagna sotto un unico principato filopapale nei primi anni del Cinquecento.

domenica 16 aprile 2017

L'Idea di Medioevo - NON LEGGERLO!


7,23€ spesi per... niente!



Un libro superfluo, utile solo a rimpinguare le casse della casa editrice Donzelli, i 7,23€ peggio spesi in libri della mia vita e una giornata di lettura che è servita solo a procurarmi gastrite.

In realtà la colpa è mia. In quarta di copertina è precisato chiaramente che lo scritto è stato concepito e pubblicato come introduzione al Manuale Donzelli di Storia Medievale ma le promesse erano di capire quale fosse il senso del Medioevo, il suo retaggio, il motivo per cui è importante studiarlo e insegnarlo... bene, queste risposte probabilmente si trovano in un altro libro. Non in questo.

Totale assenza di note
Totale assenza di spiegazioni
I fatti storici vengono citati come patrimonio comune assodato e si deve fare continuo ricorso ad altri testi (benedetta Wikipedia! Quando leggi fuori di casa ringrazi in ogni momento per la sua esistenza) perché si dà per scontato che il lettore sia già al corrente di tutto ma... se il lettore è già un medievista incallito di sicuro non ha bisogno di queste settanta pagine per ampliare le sue conoscenze. Inoltre per più di metà libro l'autore più che inseguire l'idea di Medioevo ci parla delle fondamenta medievali del concetto di Europa e di Europei: Carlo Magno, le Crociate, la cristianità... ma allora cambiategli il titolo e chiamatelo L'Idea di Europa!
Insomma, poche idee e ben confuse, settanta pagine che così, slegate dall'opera principale, non hanno senso di esistere. Per la maggior parte delle pagine viene descritto ciò che il Medioevo NON è e la fantomatica Idea di Medioevo proprio non si delinea.

Alcuni passi sono piacevolmente interessanti ma il testo rimane sfuggente: non solo non approfondisce, non ci si può aspettare questo da un libretto così minuto, ma nemmeno accenna eventi storici che meriterebbero almeno un paragrafo.

Cosa salvo?
- Capitolo terzo: Formazione e sviluppo di un concetto storiografico. L'altalenante concezione negativa, poi positiva, poi di nuovo negativa del periodo medievale nei secoli successivi.
- Capitolo quarto: Secoli non solo germanici né solo romani. Il differente approccio delle popolazioni germaniche a contatto con la latinità ovvero perché i Goti fallirono e i Franchi ebbero successo.
- Capitolo sesto: Il medioevo come infanzia di Europa. il concetto di Europa e di Auropei accomunati soprattutto dalla fede cristiana, un'unione culturale, non politica e non geografica.
- Capitolo ottavo: Il medioevo cristiano. L'accentramento della Chiesa avviene nel IX secolo e  nel XII si pone come potere complementare a quello imperiale rafforzando la sua unità e osteggiando gli indipendentismi religiosi con il denaro con conseguente declino di abbazie come Cluny.
- Capitolo nono: Il medioevo comunale. Interessante soprattutto per quanto riguarda l'Italia, la nascita dei comuni e la loro autonomia garantita da Federico I barbarossa a seguito della pace di Costanza con la Lega Lombarda. la figura del Podestà come professionista e lo spostamento del potere dalla nobiltà alla borghesia di mercanti e banchieri.

In soldoni.
Racchiudere mille anni di storia europea sotto il comune cappello di Medioevo è un'assurdità (grazie... fin lì ci arrivavamo pure noi)
La valutazione negativa del Medioevo avviene principalmente in due epoche per due motivi:
  • Umanesimo 1400-1500: la riscoperta dell'Età Classica è così sorprendente (caduta di Costantinopoli 1453 e conseguente migrazione di studiosi e testi in Europa) che quanto avvenuto nei secoli precedenti viene visto come barbarie, imbruttimento, decadenza e oscurità; nel guardarsi indietro l'uomo del Quattrocento vedeva solo gli ultimi secoli, quelli successivi alla crisi del Trecento, le pestilenza, le carestie
  • Illuminismo 1700: il medioevo viene visto come l'origine del feudalesimo come prevaricazione e disuguaglianza, il sistema che sarà poi abbattuto dalla Rivoluzione Francese, tralasciando l'aspetto principale della società feudale ovvero la reazione alla decadenza del potere centrale romano e la nascita di nuove signorie che avevano anche il compito di amministrare e proteggere i propri vassalli.
E se siete arrivati a leggere fino a qui potete risparmiarvi l'acquisto.

domenica 15 gennaio 2017

Il Trono di Spade - A volte c'è bisogno di una storia


A volte c'è bisogno di una storia, perché non di sola realtà può vivere l'uomo.

Per anni, quattro anni, le storie si erano limitate ad affacciarsi per un'oretta al giorno quando andava bene. Qualche telefilm, qualche lettura di articoli di riviste storiche, qualche approfondimento, per lo più storico, sempre veloce, su enciclopedie cartacee o online.
Prima di questo periodo di disintossicazione dalla lettura avevo inanellato una serie di libri sicuramente bellissimi, dottissimi, altissimi che mi aveva saturata, ero passata dall'Idiota di Dostoevskij a  un saggio sulla più bella giornata di Luigi XIV a Quenau.
Era diventato un leggere per leggere, per accumulare spunte, per spolverare il migliaio e passa di libri che compongono la mia libreria, non c'era quasi più piacere, gli autori non mi parlavano più come un tempo e davanti a me incombeva l'Arcipelago Gulag di Solženicyn come una minaccia, come un dovere.
Poi sono arrivate le bimbe e se ne è andata la concentrazione, quelle ore trascorse da sola con un libro e una buona musica nelle orecchie, silenzio attorno, casa pulita e in ordine, un gatto sulla pancia.
... End of games, era arrivato il caos.
Oppure il caos è stata la mia giustificazione: ero semplicemente intossicata dalle parole e non trovando qualcuno su cui riversarle per compartirne il peso ho lasciato che fossero argomenti più leggeri a prendere spazio nei miei pensieri. 
Cioè... non è che ti puoi mettere a parlare di epifanie proustiane al parco mentre tua figlia cerca di ammazzarsi da uno scivolo di due metri. E quando sei a casa e benefici di quei famosi cinque minuti di silenzio dedicandoti magari a depilarti le sopracciglia sai già che te la faranno pagare e che quando avrai finito mezza lettiera sarà finita a ostruire lo scarico della vasca da bagno (vita vera).

Caos o intossicazione che fosse sono trascorsi quattro anni senza un libro tra le mani.
Poi è arrivata una storia, sono arrivati dei personaggi. 
Un'amica di liceo mi consiglia di guardare un telefilm fantasy e io annuisco, faccio finta che la cosa mi interessi e che andrò immediatamente a guardarmelo.
Sì, sì, come no!

Fantasy?

Se non è Tolkien non vale la pena e Il Signore degli Anelli l'ho letto solo perché era Tolkien, per lo studio della linguistica, per l'interpretazione in chiave borghese contro il comunismo proletario, per ricercare le tracce del medioevo germanico e bla bla bla...
Mica perché mi piacciono le fatine!

Poi un giorno mi guardo la prima puntata...
poi la seconda... la terza...
Non resisto, vado su Amazon e carico il carrello con la pentalogia completa del Trono di Spade, qualche giorno dopo mio marito mi fa il regalo più bello da... anni: i sei CD della colonna sonora di Ramin Djawadi. 
In tre giorni arrivano i libri, leggo sempre, ovunque, è la prima cosa che faccio quando mi sveglio e l'ultima prima di addormentarmi, leggo in pausa pranzo, mentre cucino, mentre prendo un caffè al bar, mentre spingo il carrello dal supermercato alla macchina. Il collo emette strani rumori quando si muove, il coccige si appiattisce, ogni volume peserà circa un chilo, mi fanno male le dita nel tenerli in mano e la spalla perché me li porto sempre dietro nella borsa anche quando so che non riuscirò a leggere ma non importa: devono stare con me e anche quando sono chiusi so che sono lì e che potrei aprirli in qualunque momento. Mi sembra di essere tornata ai tempi del liceo quando leggevo sull'autobus da Veronetta alla succursale del Maffei attorcigliata a uno dei pali centrali.
Negli occhi le pagine. 
Pagine e parole in un alternarsi di bianco e nero, nelle orecchie fiati, archi, percussioni delle musiche di Djawadi e sulla pelle brividi... taaaaaanti brividi.

Mi sentivo come se avessi percorso chilometri per giorni sotto il sole senza bere e poi mi avessero porto una bottiglia d'acqua. Ho bevuto con avidità, come se non esistesse altro, mi sono ingozzata fino a farmi scoppiare lo stomaco.


In una settimana finisco di leggere il primo volume, in due mesi fagocito tutto: carta, parole, pensieri, personaggi, mappe, appunti, teorie, castelli, rocche, draghi, ghiaccio e fuoco.


Ma perché? 
Perché affascina tanto? Cosa c'è in questo prodotto di tanto irresistibile?

Se si guarda alla serie televisiva non gli si può fare nessun appunto: il prodotto è confezionato benissimo, ottima scelta degli attori e se guardato in lingua originale la potenza delle loro voci per lo più basse, l'armonia dell'accento BBC English e la definizione della dizione sottolineano a ogni passo il momento narrativo conferendo spessore. Gli ambienti sono minuziosamente ricreati in digitale sovrapposti a scenografie reali. La colonna sonora è... uno spettacolo, la diversità e l'armonia dei temi musicali proposti da Ramin Djawadi regge benissimo il confronto con compositori come Williams e Morricone.

Nel libro però non ci sono attori, non ci sono paesaggi, non c'è musica, tutto il merito risiede nella penna di Martin e mi sono chiesta quale, concretamente, fosse questo merito.

Ho letto molte critiche sul suo stile narrativo rozzo, sulla limitatezza del suo vocabolario e sulla ripetizione delle similitudini (tutto vero) ma non sono riuscita a trovare analisi che spiegassero perché la lettura delle Cronache risultasse così accattivante nonostante sia contenuta in cinque libroni enormi che solo a leggere il numero di pagine, 5000 circa, passa la voglia. Quella che posso dare è la mia spiegazione, dopo averci meditato per qualche tempo.

Nessuna parola è lasciata al caso, nessun paragrafo è trascurabile. Mi è capitato spesso di incontrare nelle opere di grandi autori ridondanza di aggettivi, avverbi, interminabili descrizioni laddove l'idea dell'autore era quella di donare al lettore un'immagine quanto più possibilmente realistica dell'ambiente in cui si muovono i personaggi (Zola ne sa qualcosa). Qui tutto è scarno, al lettore vengono fornite poche informazioni dal punto di vista descrittivo, l'intera narrazione viene retta dalle azioni, dai ricordi e soprattutto dai pensieri dei personaggi, punti di vista diversi descrivono la stessa azione, lo stesso avvenimento in modo da dare al lettore una conoscenza estesa dei fatti e di comprendere meglio la psicologia dei personaggi.
Questa assenza di orpelli rende ogni paragrafo, ogni parola fondamentale ai fini della comprensione degli avvenimenti, episodi, miti, racconti insignificanti, buttati a caso apparentemente per riempire dello spazio vengono recuperati successivamente cosicché il lettore si trova obbligato a non tralasciare nemmeno una riga.

La narrazione procede per punti di vista e lo stesso episodio può essere narrato da più attori svelando particolari diversi, rivelando i meccanismi emotivi dei personaggi che emergono come figure a tutto tondo, prendono forma, sostanza ed è questa la potenza dello stile narrativo di Martin che fa sentire i personaggi reali, palpabili quasi. Le azioni, anche le più contorte, trovano giustificazione nella comprensione della storia passata e della psicologia dei protagonisti.

La saga viene generalmente considerata appartenente al genere fantasy ma ne è molto lontana, per due ragioni fondamentali:
  • L'elemento fantasy è marginale, non risolve le situazioni come un deus ex machina e non le crea, semplicemente esiste, sta lì ed è coinvolto negli eventi senza però mutarli nella sostanza. Non è determinante nello svolgersi della storia: il centro della narrazione è il continente Westeros ove è quasi assente l'elemento fantastico e quando vi si trova arriva da altrove, dal passato, dal continente Essos o da oltre la barriera. Lontano dunque nel tempo e nello spazio.
  • La dicotomia bene/male tanto cara al genere è frantumata. Non esistono personaggi totalmente buoni o totalmente cattivi (beh, uno cattivo cattivo in realtà c'è), non ci sono azioni totalmente giuste o ingiuste, i protagonisti non hanno necessariamente un lieto fine, sono eroi tragici che rievocano figure come Ettore e Achille, entrambi nel giusto, entrambi nel torto e si ha qualche difficoltà a prendere totalmente le parti dell'uno o dell'altro.
E' una nuova frontiera del realismo: il REALISMO di MARTIN.
Martin è riuscito a creare una struttura psicologica per decine di personaggi, un alveare mentale straordinariamente coerente e coeso in cui le celle si incastrano l'una con l'altra senza lasciare spazi, una struttura nella quale risaltano dapprima le caratteristiche della generazione dei padri ovvero la generazione che ha avuto parte attiva alla guerra scatenata dalla Ribellione di Robert e che dalla situazione di apparente stasi in cui l'opera inizia non vuole recedere. Ma quella stasi è solo una copertura per il caos che gradatamente e con forza e velocità sempre maggiori tende a riemergere perché nel momento in cui viene messa in dubbio l'autorità delle istituzioni con l'annientamento di Casa Targaryen crolla ogni certezza, ogni diritto, ogni valore. Ecco allora i figli della Ribellione pretendere il loro spazio nell'alveare di Martin in decine di micro romanzi di formazione ed è qui che i libri surclassano la Serie TV: nel numero di storie e personaggi, volutamente tagliati o accorpati nella serie (vedi Aegon Targaryen figlio di Raeghar o Jane Poole l'amica di Sansa), nelle innumerevoli sfaccettature di questi... penso a Sir Ilyn Payne o a Ed l'Addolorato che nei libri sono protagonisti di gustosissimi lazzi di shakespeariana memoria.
Lo stesso ritmo della narrazione aggiunge una carica realista, la contemporaneità, i flashback, le visioni, i racconti narrati dai personaggi si succedono con un tempismo cinematografico e sicuramente gli anni trascorsi a lavorare come sceneggiatore a Hollywood gli sono serviti parecchio. Ogni volta che il racconto di un personaggio termina si ha la tentazione di correre al prossimo capitolo dello stesso personaggio salvo poi arrendersi all'impostazione cronologica decisa da Martin e continuare la lettura così come decisa dall'autore che bastardamente decide di spezzare i libri 4 e 5 dedicando il 4 Il Banchetto dei Corvi soprattutto al continente Westeros e il 5 La Danza dei Draghi principalmente a Essos... E' l'apoteosi della suspance. E' qui che avviene la separazione tra serie TV e libri, si ha l'impressione che il mondo delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco proceda su due universi paralleli e che la storia allo stesso finale vi giunga per vie differenti agganciandosi alla τύχη greca, la sorte ineluttabile già scritta in cui eventi diversi portano inesorabilmente allo stesso destino.

...

In attesa della settima stagione televisiva prevista nell'estate/autunno 2017 o del sesto libro della saga, Winds of Winter, previsto... boh, rimugino sugli aspetti che più mi hanno colpita della saga, salto da una teoria all'altra (quel Mance Rayder non mi convince... o forse mi convince troppo...) e schivo spoiler come Neo le pallottole in Matrix. Almeno altri due spunti mi frullano nella testa, questo post, iniziato mesi fa e lasciato decantare, è stato già diviso in due parti... forse avrei dovuto ricavarne una terza ma non me la sono sentita... con Martin ci rivedremo, spero, prima della settima stagione.

domenica 4 dicembre 2016

L'Europa, le Olimpiadi, John Nash e il vino francese



Che cosa hanno in comune il medagliere olimpico, il PIL, la teoria dell'equilibrio di Nash e il vino francese? 
Apparentemente nulla.
Sono però gli ingredienti di un minestrone interdisciplinare in cui mi sono tuffata un pomeriggio sonnacchioso di dicembre. 
Era il 1997 o il 1998 e l'ennesima riforma della scuola promuoveva l'interdisciplinarietà, i collegamenti, a quell'epoca vigeva il motto "non ragionare per compartimenti stagni". Iniziai allora e non smisi mai più, da allora ogni argomento trova eco o radice in altri temi, in altri luoghi del pensiero: la letteratura nella filosofia, la filosofia nella storia, la storia nell'attualità, l'attualità nella sociologia, la sociologia nella linguistica e così via...

L'idea di fondo che mi circolava in testa da un po' era di comprendere perché l'idea di un'Europa Unita fosse così importante per me. Tralasciando per un momento le questioni personali, gli anni d'infanzia vissuti in Belgio, le suggestioni positive che aveva lasciato in me quella sorta di Arcadia internazionale vissuta nella pre-adolescenza, volevo strutturare la teoria della necessità e dell'utilità dell'Europa.

Ma da dove iniziare? I pipponi sui Guelfi e Ghibellini o su Carlo V me li tengo per me, cercavo un'argomentazione più concreta, qualche numero su cui speculare e sono partita dal medagliere olimpico.
Cosa succederebbe se le nazionali europee gareggiassero non sotto le singole bandiere di Francia, Germania, Italia e così via ma sotto un'unica bandiera europea? A che posto ci piazzeremmo nel medagliere?
Lascio volontariamente fuori la Gran Bretagna che con la vittoria della Brexit si è estromessa da sola dal contesto europeo e prendo in considerazione per sintesi solo Italia, Francia e Germania che sono le sole nazionali sempre classificate nei primi 10.
Pechino 2008USA 110 medaglie, Cina 100,  Russia 70, Ita-Ger-Fra 109
Londra 2012: USA 104, Cina 89, Russia 80, Ita-Ger-Fra 106
Rio 2016: USA 121, Cina 70, Russia 56 (senza l'atletica), Ita-Ger-Fra 112

Ok, quella sullo sport può essere considerata un'argomentazione superficiale e allora passo a cercare i dati sul PIL 2016 (fonte FMI)
USA: 18.143.712 $
Cina: 10.991.571 $
Zona Euro: 13.478.334 $
EU: 19.205.364 $

Prendendo tra tanti due fattori: uno sociale (lo sport) e uno economico (il PIL) sorgono spontanee considerazioni sull'inutilità tafazziana delle divisioni, sulla miopia delle politiche autonomiste a discapito di una visione più ampia e prospettica. Abbiamo una sola moneta ma non abbiamo nessuna visione comunitaria per quanto riguarda l'economia, la politica estera, la politica militare o la diplomazia. 

L'idea di Europa, ci ricorda Chabod, nasce già nell'antica Grecia con Isocrate che parla di Europa, non Grecia, contrapposta all'Asia; passa attraverso Dante e Boccaccio, trova baluardo in Erasmo da Rotterdam, si definisce con Voltaire  

“…come una specie di grande repubblica, divisa in vari stati... ma tutti collegati gli uni con gli altri, tutti con ugual fondamento religioso, anche se divisi in varie sette, tutti con gli stessi principi di diritto pubblico e di politica, sconosciuti in altre parti del mondo.”

e con Metternich

Ciò che caratterizza il mondo moderno, ciò che lo distingue essenzialmente dal mondo antico, è la tendenza degli Stati ad avvicinarsi gli uni agli altri ed a formare una sorta di corpo sociale riposante sulla medesima base della grande società umana formatasi in seno al Cristianesimo… La società moderna, invece, ci mostra l’applicazione del principio della solidarietà e dell’equilibrio fra gli Stati ci offre lo spettacolo degli sforzi concordi di parecchi Stati per opporsi alla preponderanza di uno solo, per arrestare l’estendersi della sua influenza, e forzarlo a rientrare nel diritto comune. Il ristabilimento dei rapporti internazionali sulla base della reciprocità, sotto la garanzia del riconoscimento dei diritti acquisiti e del rispetto alla fede giurata, costituisce ai nostri giorni l’essenza della politica, di cui la diplomazia non è che la quotidiana applicazione. Fra le due ci è, secondo me, la stessa differenza che c’è fra la scienza e l’arte.” (Memorie) 

Divide et impera, il motto latino preferito dai tiranni europei della storia ci si sta ritorcendo contro e nemmeno ce ne accorgiamo, siamo divisi, piccoli, gretti, ognuno guarda il suo piccolo orticello e lancia strali invidiosi al suo prossimo, l'Idea di Europa fondata sulla cultura è stata soppiantata da un'Europa meramente finanziaria, una vacca da mungere, una banca... non è questo che avevano in mente i suoi padri fondatori: la moneta unica doveva essere il mezzo per agevolare gli scambi economici e culturali tra i paesi, l'ariete per sfondare le barriere nazionali e permettere il permearsi delle diverse culture al fine di ottenere una visione condivisa degli obiettivi.

Divide et impera. Lo sapevano bene i tiranni e gli usurpatori, i Romani, l'Impero Britannico... ce ne siamo dimenticati noi.
Prima la crisi finanziaria ed economica, poi le guerre ai confini hanno portato un attacco a tenaglia alla neonata Europa, fiaccandone lo spirito originario, insediando il germe della paura, del sospetto, riportando in auge i nazionalismi mai del tutto sopiti, si è arrivati a sospendere la Convenzione di Schengen per motivi di immigrazione perché ancora dopo anni non si trova un accordo sulla gestione dell'immigrazione che da emergenza è diventata normalità.
Divide et impera. Ma chi impera?

Ci siamo dimenticati della teoria dell'equilibrio di un certo John Nash

"Un gioco può essere descritto in termini di strategie che i giocatori devono seguire nelle loro mosse: l'equilibrio c'è quando nessuno riesce a migliorare in maniera unilaterale il proprio comportamento. Per cambiare occorre agire insieme."

"unilateralmente possiamo solo evitare il peggio, mentre per raggiungere il meglio abbiamo bisogno di cooperazione" ("John Nash genio e follia", intervista di Piergiorgio Odifreddi a Nash apparsa su L'Espresso nel 2008)

Il comportamento dei singoli porta all'equilibrio, alla non evoluzione, alla stagnazione. La vera evoluzione si può avere solo con la cooperazione.

Ma non solo!
Andiamo oltre e prendiamo in considerazione il Dilemma del Prigioniero di Albert Tucker (altro matematico): due prigionieri separati vengono messi davanti a delle condizioni: 
1 - se solo uno dei due confessa, chi ha confessato evita la pena; l'altro viene però condannato a 7 anni di carcere.
2 - se entrambi confessano, vengono entrambi condannati a 6 anni.

3 - se nessuno dei due confessa, entrambi vengono condannati a 1 anno, perché comunque già colpevoli di porto abusivo di armi.

In questo caso la scelta migliore per la collettività (i due prigionieri) è quella di rinunciare ciascuno a un pezzetto della propria libertà (un anno di carcere) e cavarsela con poco piuttosto che confessare entrambi e beccarsi sei anni di reclusione ciascuno... Non possono però averne la certezza: la scelta è al buio. L'unica cosa che possono fare i due prigionieri è sperare che entrambi prenderanno la scelta migliore per la collettività poiché se entrambi possono essere tentati di confessare per evitare la pena (sperando che l'altro non confessi),  la confessione di entrambi li porterebbe a dover subire una pena di 6 anni ciascuno.

Il problema di questa Europa non è che ci siamo privati di troppa parte di autonomia ma che non ce ne siamo privati abbastanza, che non abbiamo devoluto abbastanza, che ci facciamo la faccina bellina e cortese ai summit europei per poi nascondere pugnali dietro la schiena appena mettiamo il naso fuori da casa Europa e la guerra in Libia voluta da Francia e Gran Bretagna è un esempio di come iniziative apparentemente positive per il singolo (economiche, non certo umanitarie) si rivelino in realtà negative per la totalità del gruppo, anche per gli stessi che hanno preso l'iniziativa: il terrorismo che ha colpito la Francia e il boom dell'immigrazione hanno colpito e stanno colpendo principalmente proprio quei paesi che hanno iniziato i bombardamenti. Se alle iniziative particolari aggiungiamo la scarsità di comunicazione tra le varie intelligence (ovvero la mancanza di cooperazione per il fine comune della sicurezza) mi viene da pensare che è un miracolo che in Europa ci siano stati così pochi attentati.

La libertà non è un fine ma un mezzo, una carta da giocare o tenere in serbo al fine di ottenere vantaggi concreti e duraturi per la collettività.
All'epoca delle guerre persiane le polis greche, alcune in guerra tra loro, decisero di stipulare un'alleanza in funzione anti-persiana mandando all'aria i tentativi di Serse di sottomettere singolarmente ogni singola polis. Serse aveva un'esercito dieci volte più numeroso di quello che potevano mettere in campo i Greci.
Ma i Greci avevano la libertà.
La libertà di unirsi per un fine comune.

L'esempio del vino francese in Cina
Il vino, si sa, in Francia è cosa seria così, vista l'impossibilità per i singoli produttori francesi di penetrare il mercato cinese, il governo francese finanziò nel 2012 un progetto triennale di promozione del vino nazionale in Cina favorendo la creazione di un ambiente ricettivo nel paese d'Oriente attraverso una rete di informazioni, semplificazioni burocratiche, marketing e grande distribuzione. Risultato? Le importazioni di vino francese sono schizzate al 47% con bottiglie i cui prezzi vanno dai 30 ai 10.000$. 
Non solo, a dieci anni dall'entrata in vigore del progetto stanno confluendo in Francia capitali cinesi destinati alla viticultura.

Uniti si vince, tutti. Uniti si ha l'opportunità di apportare cambiamenti significativi per tutta la collettività.

... e se non vi fidate di me fidatevi almeno della matematica.