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martedì 3 aprile 2018

Giambattista Piranesi - Il sogno della classicità

Pasqua è ormai arrivata, tra poco si conclude l'esposizione temporanea dedicata a Giambattista Piranesi ai Musei Civici di Pesaro.
Tra mille cose da fare, pensare, progettare mi sfugge sempre qualcosa e mi ritrovo con la mostra che sta per concludersi e io che ci devo ancora andare così il 28 marzo mando una mail al museo per chiedere se sabato 31 marzo sono aperti e se c'è la possibilità di prenotare una visita guidata.
Detto fatto, prenoto per due e mi porto dietro LaMmamma, per una volta il coniuge è dispensato dal sorbirsi ruderi e classicume, ore a camminare che ci si spezza la schiena e il mio sguardo estasiato di fronte a qualunque accozzaglia di vecchiume polveroso.
C'è da dire inoltre che la mostra è a Pesaro e il Teo è convinto che ci voglia il passaporto per andarci. 
Il passaporto e un blister di Maalox.
Il Teo è un fanese doc.
Arrivate a Pesaro penso che forse di blister di Maalox ce ne vorrebbero due per il coniuge e ringrazio l'intuizione avuta di portarci LaMmamma.
La piazza è un brulicare di persone, tacchi, borse, giacche, capelli parrucchierati e gentebella, veniamo accolti dalle scenografie del ROF (Rossini Opera Festival) poste sotto i portici di Via S. Francesco e in Piazza del Popolo. Irresistibili le scenografie che ritraggono pareti di libri del "Moïse et Pharaon", allestimento del 1997 del ROF. 
Scatta il selfie con LaMmamma.

Arrivati a Palazzo Mosca - Musei Civici un'altra bella sorpresa: il Bookshop!
Ogni museo dovrebbe avere un bookshop: due cartoline, tre calamite, un catalogo completo e un catalogo economico.
L'esperienza museale è effimera, momentanea: un minuto sei lì, incantato dalle opere, in un frammento di tempo e spazio nell'altrove, un minuto dopo è tutto finito, passato.
C'è bisogno del take-away! 
C'è bisogno di portarsi a casa un pezzettino di quell'esperienza per poterlo rivivere, rigustare
Sì, sono una fan del bookshop!
L'ingresso viene 10€, la visita guidata 4
Bottino da Bookshop!
Ma siamo in chiusura della mostra perciò la includono nel prezzo del biglietto. Lo dico sempre che nella vita ci vuole cu fortuna e io modestamente devo mettermi a dieta.

La guida Alessandra ci introduce la storia di Palazzo Mosca, un tempo residenza della famiglia Mosca di Bergamo, e della Marchesa Vittoria, amante dell'arte, collezionista, intenzionata a costituire un museo di arti per dare la possibilità ai giovani artisti, impossibilitati a visitare le maggiori città d'arte, di venire a contatto con opere importanti e rappresentative di varie epoche artistiche.

Apre la mostra un busto Napoleone Bonaparte ritratto secondo i canoni del neoclassicismo di propaganda, la famiglia Mosca era riuscita a sgusciare con disinvoltura tra la nobiltà papalina e la Repubblica napoleonica mantenendo privilegi e agiatezze.
Nel quadro delle idee rivoluzionarie della seconda metà del Settecento si inserisce la mostra del Piranesi, veneziano, appassionato di classicismo e di Roma, si trasferisce nella città eterna contro il volere del padre e due anni dopo, fallito, è costretto a tornare nella casa paterna per andare a bottega con lo zio che gli insegna l'arte dell'incisione.
Delle tre tecniche di incisione Piranesi si specializza in quella all'acquaforte che prevede un bagno in acido per incidere la lastra di rame.
Torna a Roma e si piazza di fronte all'ambasciata francese, le sue opere incontrano il gusto d'oltralpe tanto che l'ambasciatore si porta in patria duecento sue opere e contribuisce a far conoscere l'artista anche al pubblico inglese ed europeo.
Il successo è garantito.

La mostra è costituita da settanta tavole incisorie divise in tre gruppi: Le Carceri, le Vedute di Roma e le Rovine.

Vedute di Roma
Con le Vedute Piranesi rivela il suo intento didattico tanto che le sue opere entrarono a far parte di enciclopedie e guide turistiche, di fatto si può considerare il primo illustratore grafico del Settecento, le sue opere ritraenti la classicità di Roma si inserirono pienamente in quel filone turistico che fu il Grand Tour: il lungo viaggio nell'Europa continentale effettuato dai rampolli dell'aristocrazia europea a partire dal XVII secolo caratterizzato anche dall'acquisto di vedute del paesaggio italiano, i prodromi insomma del turismo di massa e visto che le opere di Piranesi erano replicabili, l'artista si può quasi considerare il precursore dell'industria di souvenirs.

Rovine
E se da una parte abbiamo le vedute di Roma nella sua maestosità e perfezione, sospese in una dimensione senza tempo e senza riferimenti storici se non gli abiti delle figurine che popolano le Vedute, nel ciclo delle Rovine Piranesi si fa interprete di quel sentimento di effimero e mortalità che viene esaltato sin dal Barocco con l'espressione "Et in Arcadia Ego", meditazione sulla fine delle cose terrene. Meditazione resa ancora più viva e presente nel Settecento dalla scoperta del sito di Ercolano nella prima metà del secolo e dal terremoto di Lisbona nel 1755 che catturarono le attenzioni dei maggiori artisti, filosofi e storici dell'epoca sul concetto di caducità, morte e rovina.

Carceri
Il nucleo di incisioni che caratterizza maggiormente l'opera del Piranesi è sicuramente quello delle Carceri, tanto che lo stesso artista ne fece due edizioni a distanza di circa quindici anni; due edizioni diverse tra loro che sottolineano la maturità e abilità acquisita con il passare del tempo sia nell'elaborazione del tema e dei dettagli sia nella tecnica dell'acquaforte per la quale Piranesi si distingue come indiscusso maestro.

Le Carceri sono impressionanti.
Se ci si astrae dal contesto del museo, per quanto l'allestimento tendente alla verticalità non aiuti tantissimo, si avverte tutta l'oppressione, la claustrofobia di ambienti di archi, volute, ruderi, scale, passerelle, omini guardoni che praticano e osservano supplizi, titani torturati da formiche.
L'oppressione dell'infinito.
Non siamo di fronte ad anguste celle, buie, umide, soffocanti, qui è l'infinito che imprigiona, il ripetersi di elementi architettonici infiniti come gli archi, come i gradini di interminabili scale che portano al nulla e oltre non ci sono pareti, non ci sono muri, oltre le catene sembra esserci il cielo, la luce solare tagliante e fredda del mezzogiorno.
Dirà De Quincey delle Carceri: "Seguite le scale più in là, ed ecco le vedrete terminare bruscamente, senza balaustrata alcuna, sì da impedire, a chi ne sia giunto al sommo, un passo più oltre se non nel sottostante abisso."
La prigione dell'abisso, nessun riparo, i prigionieri sono esposti agli sguardi dei carnefici e dei curiosi. Titani tiepoleschi dalle membra affusolate sottoposti a torture da formiche, con stoica rassegnazione sopportano, consci, forse, della loro ragione, come se loro fosse il diritto e sopruso la pena.
Ohhhhhh, c'è sublime poesia in tutto questo!

E poi insomma a me Piranesi è sempre piaciuto, le sue Carceri mi stregarono nell'ottobre del 1998 quando la professoressa di Inglese I lo citò durante il corso monografico sul gotico inglese, ci mise davanti agli occhi una riproduzione delle Carceri e da allora si può dire che divenne un pensiero fisso.
Poi nel 2000 mi sposai e trovando le pareti di casa mia troppo spoglie mi feci regalare da mia mamma delle stampe che aveva acquistato nonno Vittorio, da allora quelle stampe mi hanno seguita in tutti i traslochi, sono vedute di Roma, riproduzioni di incisioni di, toh!, Piranesi.

A volte la vita fa strani giri, il bello arriva e resta in testa, oppure non è bello ma ci piace,. Inconsapevolmente ci circondiamo di quel bello, di quel piacere, si formano cluster, aggregazioni casuali di similia.

Un giorno racconterò di Piranesi e del gotico inglese, quel mondo di sublime attrazione, ascesa e perdizione, volùte come chiocciole discendenti nei meandri più oscuri del secolo illuminato.
Liberté, égalité, testa mozzé.

sabato 26 agosto 2017

Immaginaria - la mostra a Fano su miti e meraviglie


A Fano c'è un tesoro, uno scrigno di preziosi, tanto delizioso per il contenuto quanto per il contenitore.

Il contenitore è la Biblioteca Federiciana, il contenuto sono più di centomila volumi a stampa tra cui rare edizioni del XVI sec., un centinaio di Codici Malatestiani (1367 - 1463) fra i quali i libri della Camere di Pandolfo III e una collezione di pergamene (1173 - 1807).

Il cuore di questa biblioteca è la Sala dei Globi, denominata così per la presenza di due globi, uno terrestre e uno celeste della fine del XVII secolo, alle pareti sono addossate imponenti scaffalature che custodiscono i volumi del Federici divisi per argomento.
Sala dei Globi

L'occasione che mi ha portata nella Sala dei Globi è ghiotta: la mostra "Immaginaria. Fonti storiche dell'immaginario contemporaneo", un viaggio nell'evoluzione di quei miti che oggi ci tengono incollati alle pagine di un libro o di una serie tv perché fanno parte di quel mondo immaginario che ci veniva raccontato da piccoli nelle favole della buonanotte e ci hanno accompagnano da millenni attraverso le pagine della letteratura.

Attraverso materiale del fondo antico della Biblioteca Federiciana si snoda un breve ma interessantissimo percorso tra mostri, draghi, uomini avvolti dal mistero come Nostradamus e Cagliostro, manuali per inquisitori ed esorcisti, codici di astrologia e cabala e infine la clamorosa notizia dell'apparizione di un disco volante nei cieli di Firenze riportata dalla Domenica del Corriere il 14 novembre 1954.

E' importante sottolineare la presenza di testi riguardanti la cabala, l'inquisizione e le arti divinatorie perché non è facile trovare fondi librari con questo tipo di testi in quanto messi all'indice, ritenuti pericolosi o dannosi per la fede e per la morale di cui pertanto era vietata la lettura, la vendita, la traduzione e la detenzione. Domenico Federici infatti poteva possedere tali opere in quanto possedeva una speciale dispensa papale.

E' sicuramente una mostra accattivante, mostri, draghi e draghetti sono di gran moda di questi tempi e sarebbe stato molto facile fare qualcosa di approssimativo.
Invece no!
Il bibliotecario che ha curato la selezione e l'esposizione, Michele Tagliabracci, ha fatto davvero un bel lavoro costruendo un percorso storico e filologico armonioso dal XVI secolo con Conrad Wolffhart e la sua raccolta di "curiosità dal mondo" ai giorni nostri con la cronaca dell'avvistamento di un UFO nei cieli di Firenze. 
La stessa disposizione dei reperti bibliografici segue bene nello spazio questo percorso nonostante la sala sia abbastanza piccola.
C'è da dire che fino agli inizi del XVIII secolo le raccolte di mirabilia erano assai diffuse, opere come i "Viaggi di Jon Mandeville" ai confini del mondo con resoconti di creature fantastiche, palazzi meravigliosi e paesi di cuccagna godevano di ampissima diffusione e venivano tradotti in tutte le lingue europee poi, grazie alle esplorazioni che proprio nel 1770 videro la scoperta dell'ultimo continente abitato, l'Australia, e in seguito alla domanda di sempre maggior razionalità che condusse alla compilazione di enciclopedie come quella di Diderot e d'Alambert, "Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri" e che è la prima enciclopedia veramente moderna, questa passione per il meraviglioso va gradatamente scemando e i "mostri" vengono abbandonati o ricondotti a un ambito razionale come per esempio le teorie di Lombroso sulla base antropologica dell'indole criminale.

Per me resta il fascino assoluto dell'opera del Wolffhart con splendide incisioni che rimandano molto a quelle dei testi a stampa del Mandeville, soprattutto per quanto riguarda la raffigurazione di Blemmi, Sciapodi e Cinocefali.

Di seguito una raccolta delle opere in esposizione che spero inviti i lettori a visitare la mostra visitabile dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 14.00. Unica pecca gli orari di apertura impossibili per chi lavora 😒.

Chi vuole può poi andarsi a guardare la brochure ufficiale dell'esposizione a questo link. Mi raccomando, seguite i QRCode e potrete sfogliare personalmente i testi presenti nella Sala dei Globi che sono stati già digitalizzati

Breve predicion di nostro Damus et altri famosi astrologi sopra l'anno 1583. Coll.: Ms. Amiani 80/42
Copia di una “predizione” del celebre astrologo francese Nostradamus (Michel de Nostredame, 1503 - 1566).

Quadrante astrologico. 1632. Coll.: B 10 22 - Calendario perpetuo. 1621. Coll.: Ms. Federici 16 
Una carta datata 1632 presenta un quadrante astrologico ovvero una raffigurazione grafica finalizzata a rappresentare la posizione dei pianeti al fine di prevedere l'esito di un evento o di fatti correlati ad una specifica persona. La copertina del trattato sul calendario perpetuo è stata realizzata riutilizzando una pergamena che conteneva uno studio astrologico e un cifrario segreto che consentiva la lettura delle previsioni. L'arte del predire il futuro non era consentita tranne rare eccezioni: conoscere in anticipo l'esito di una trattativa, una battaglia o la morte di una persona potevano creare disordini sociali e politici. La copertina in pergamena spiega come camuffare da partitura musicale una previsione astrologica.


Laurentius Toppeltinus. Origines, et occasus Transsyluanorum: seu erutae nationes Transsylvaniae, earumque vltimi temporis revolutiones, historicâ narratione breviter comprehensae. Lugduni: sump. Hor. Boissat, & Georg. Remeus, 1667. Coll.: 1 B I 33
Lo storico rumeno Toppeltinus cita nel suo trattato sulla storia della Transilvania le gesta di
Vlad II di Valacchia, primo membro della stirpe dei Draculesti 

Cesare Carena. Tractatus de officio sanctissimae Inquisitionis, et modo procedendi in causis fidei. In tres partes diuisus. Bononiae: typis Iacobi Montij, 1668. Coll.: 2 M VI 62

Notizia sul Conte di Cagliostro. 28 agosto 1795. Coll.: Ms Federici 224/16
Nel fondo manoscritti della Biblioteca Federiciana è conservata copia di una lettera datata 28 agosto 1795 contenente informazioni sulla morte dell'esoterista ed alchimista Giuseppe Balsamo conte di Cagliostro, avvenuta due giorni prima nelle carceri di San Leo.

Giacomo Filippo Foresti. Nouissime hystoriarum omnium repercussiones, quae Supplementum Supplementi chronicarum nuncupantur. Venezia: Albertino da Lessona, 1503. Coll.: 1 B IV 02


Athanasius Kircher. Musurgia vniuersalis siue Ars magna. Roma eredi Francesco Corbelletti, 1650. Coll.: 2 N VIII 44
La Musurgia universalis è un'enciclopedia musicale in cui sono descritte le basi teoriche e pratiche della musica ed in generale dei fenomeni acustici. L'autore celebra la creazione dell'universo e dell'uomo, generati secondo il volere divino rappresentato come un esecutore dell'armonia celeste.
L'uomo come parte di questo sistema è in stretta correlazione con le influenze astrali, principio alla base della tradizione astrologica.

Athanasius Kircher. Arca Noe, in tres libros digesta. 
Amsterdam: Jan Jansson, 1675. Coll.: 2 M VI 30

Girolamo Menghi. Compendio dell'arte essorcistica, et possibilità delle mirabili, & stupende operationi delli demoni, & de i malefici. Con li rimedi opportuni alle infermità maleficiali.
Venezia: Fioravante Prati, 1594. Coll.: 16 G I 20

Joannes Christian Frommann. Tractatus de fascinatione novus et singularis, in quo fascinatio vulgaris profligatur, naturalis confirmatur, & magica examinatur.
Norimberga: Wolfgang Moritz Endter, erede Johann Andreas Endter, 1675. Coll.: 2 N V 31
Opera dedicato allo studio dei malefici e dei “malocchi”: Frommann sottolinea il carattere popolare di tali tradizioni magiche.

Giuseppe Maria Maraviglia. Pseudomantia veterum, et recentiorum explosa, siue De fide diuinationibus adhibenda tractatus absolutissimus ad abolendam falsae diuinationis superstitionem.
Venezia: Giovanni Francesco Valvasense, 1662. Coll.: 2 N VIII 28
Il trattato esamina le antiche tradizioni legate alle divinazioni e profezie.

Ulisse Aldrovandi. Serpentum, et draconum historiæ libri duo.
Bologna: Clemente Ferroni, 1640. Coll.: M IV 10

Gaspar Schott. Physica curiosa, sive Mirabilia naturae et artis libri XII comprehensa, quibus pleraque, quae de angelis, daemonibus, hominibus, ... ad veritatis trutinam expenduntur, ... & innumeris exemplis illustrantur.
Würzburg: Johann Andreas Endter, erede Wolfang Endter, 1662. Coll.: 2 N VIII 42-43

Thomas Bartholin. De unicornu observationes novae. 
Amsterdam: Hendrik Wetstein, 1678. Coll.: 2 O II 38

Phesio Sano de Annoies. Hermeticae disciplinae Lvcifer : Quo fugatis errorum tenebris : Secretiora Naturae Arcana revelaantur. Bologna: eredi Antonio Pisarri, 1680. Coll.: Magazzino B
Rarissimo opuscolo di argomento alchemico stampato a Bologna da autore ignoto (l'indicazione sul frontespizio è riconducibile ad uno pseudonimo).
Il luogo di stampa induce ad identificare il Lucifer nella “pietra luciferina”, nota anche come “pietra di Bologna”.

Conrad Wolffhart. Prodigiorum ac ostentorum chronicon, quae praeter naturae ordinem, motum, et operationem, et in superioribus & his inferioribus mundi regionibus, ab exordio mundi usque ad haec nostra tempora, acciderunt.
Basilea: Heinrich Petri, 1557. Coll.: 1 B IV 22 


Ulisse Aldrovandi. Monstrorum historia.
Bologna: Nicolò Tebaldini, 1642. Coll.: M IV 6

Domenica del Corriere, 14 novembre 1954
Un disco volante sarebbe sfrecciato sullo stadio Comunale di Firenze durante la partita amichevole tra Fiorentina e Pistoiese, perfino i giocatori si sarebbero fermati ad osservare l'oggetto attirati dagli “indici rivolti al cielo” dei tifosi.

Cesare Lombroso. L' Uomo delinquente in rapporto all'antropologia, alla giurisprudenza ed alla psichiatria. Atlante.
Torino: Fratelli Bocca, 1897 Coll.: 16 M IV 56 

mercoledì 12 ottobre 2011

Cartier Bresson: Una questione di soggetto

Sabato 8 Ottobre 2011. Penultimo giorno per visitare la mostra di Henry Cartier-Bresson al Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri di Verona.
Giornata fresca e assolata.
Fuori, un'orda di turisti prende d'assalto la città, teleobiettivi da reporter e borse piene di shopping.
Dentro, una discreta affluenza, silenziosa, a tratti assorta, a tratti distratta.


Nel percorso le fotografie si srotolano una dietro l'altra e una sull'altra. A volte si torna indietro per afferrare qualcosa che a prima vista era sfuggito ma che rimuginando torna alla mente.
Per ogni immagine si fanno strada come un tormentone le stesse domande: 
Chi è il soggetto?
Dove è il soggetto?
Henri Cartier-Bresson 1946
FRANCE. Paris. Pont des Arts.
French writer and philosopher,
Jean-Paul SARTRE. 1946.
In alcune foto, principalmente i ritratti, il soggetto può apparire chiaro: è a fuoco, nitido, in primo piano ma sempre inquadrato nel contesto per lui più rappresentativo o familiare. Così il ritratto del filosofo-scrittore Jean-Paul Sartre potrebbe sembrare una banale fotografia dell'artista ripreso in un qualsiasi luogo di Parigi se non fosse che analizzando meglio la composizione e la geografia del luogo si scopre che il luogo della ripresa è il Pont des Arts a Parigi (e questo ce lo dice lo stesso Bresson nella didascalia della foto), la figura dell'artista è rivolta verso il Palais du Louvre e alle spalle, avvolta nel bruyard parigino, la Bibliothèque Mazarine.
William Faulkner viene ritratto nel giardino di casa sua, distrattamente impegnato a guardare altrove e dietro di lui giocano i suoi due cani; lo scultore Alberto Giacometti è ripreso impietosamente mentre attraversa la strada sotto un'intensa pioggia e Saul Steinberg rilassato in compagnia di un gatto passeggero. Non ci sono flash o luci soffuse, nessuno guarda in camera sorridendo plasticosamente. Le figure ritratte sono assorte nei loro pensieri, in conversazioni con altre persone e rimandano lo sguardo e la mente dell'osservatore (noi) ad altri luoghi, altri soggetti, altre domande. A cosa stanno pensando? Con chi stanno parlando? Cosa stanno guardando?


 Henri Cartier-Bresson 1933SPAIN. Andalucia. Seville. 1933.
Nelle fotografie di paesaggi urbani molto spesso viene da chiedersi se Bresson sapesse davvero fotografare: soggetti in secondo o terzo piano, fuori fuoco, mossi, in un rimando continuo, giochi di sguardi e di rimandi che spostano l'attenzione da un punto all'altro dell'immagine alla ricerca del soggetto nel dipanarsi delle geometrie urbane di linee rette, oblique, curve che a volte sostengono e altre ingannano lo sguardo del fruitore.


Henri Cartier-Bresson 
FRANCE. The Var department. Hyères. 1932.
Talvolta non è tanto il "cosa" o "chi" che importa. E' il "come".
Come - in movimento - a dispetto della staticità dell'ambiente circondante.
Come - assorto - in pensieri che rimandano altrove.
Come - attento - coinvolto emotivamente in qualcosa che si svolge oltre l'obiettivo, oltre la scena, alle spalle del fotografo.
Henri Cartier-Bresson 1969
FRANCE. Haute-Garonne. Toulouse. 
Municipal stadium. 1969.
Semi-final of the French Rugby
Championship, 1st division.
Bègles is playing against Dax.
Bresson sa cosa attira lo sguardo dei soggetti ma non gli interessa. I soggetti osservano uno spettacolo, un personaggio, un evento di importanza storica che assorbe totalmente la loro attenzione mentre per il fotografo ciò che è veramente importante è la reazione dell'Uomo a ciò che accade oltre l'obiettivo. E' la micro-Storia degli uomini che viene ritratta a discapito della Storia degli Eventi e dei Personaggi.


Henri Cartier-Bresson 
BELGIUM. Brussels. 1932.

Altre volte il fulcro dell'attenzione si trova al di là di un muro, una barriera, ed è sconosciuta allo stesso fotografo che tuttavia non se ne cura.


Henri Cartier-Bresson L'Aquila degli Abruzzi 1959 


Tra le tante fotografie poi, una micro-storia tutta per noi.
Ci fermiamo attratti da una didascalia, "L'Aquila degli Abruzzi 1959". Mia mamma la guarda, sorride e racconta la sua infanzia a Ortona, in Abruzzo, quando la mattina del giorno di festa le donne del paese abbigliate di nero portavano le ramine (per noi teglie), piene di ogni leccornia, al forno per la cottura. Per le strade era un frusciare di abiti neri da lavoro, veloci e indaffarati e uno scorrere di profumi misti dolci e salati.


La fotografia non può rendere il suono del frusciare degli abiti né i profumi del forno, né i discorsi delle massaie.


Per quello servono i ricordi e chi li racconta.

lunedì 21 giugno 2010

Giovediamoci al Balì - Il cielo di Dante



Ecco, ci risiamo, ricominciano le giornate calde e lunghe (non quella di oggi) e ricominciano le uscite, le escursioni, le manifestazioni.
In realtà non è che durante l'inverno me ne sia stata con le mani in mano e le zampe in casa ma con il sole tutto diventa più facile, persino svegliarsi la mattina dopo le uscite serali infrasettimanali che evito sin dai tempi del liceo.
Giovedì 17 c'è stata un'interessante serata a base di Dante e astronomia che ha messo d'accordo me e il Teo. Dante per me, astronomia per il Teo. E, visto che le cose belle sono ancora più belle se condivise, ci siamo portati dietro altri due amici.
Prima parte: introduzione alla Divina Commedia, lezione sui riferimenti astronomici nella DC, emisfero boreale e australe (australe poco ma che volete nel 1300), escursus sui personaggi che maggiormente hanno contribuito a darci la visione del cielo che conosciamo e spiegazione di molti di quei termini infernali che una persona a digiuno di cielo come me conosce per sentito dire e niente più.
Seconda parte: Planetario. Abbiamo percorso insieme a Dante il viaggio guardando nel cielo e ritrovando le stelle e i pianeti di cui parla nella sua opera.

Ma che bellezza!!!
Tutte quelle parole che al liceo sembravano senza senso finalmente si sono svelate, dischiuse.
Sono sicura che in ambito accademico l'opera di Dante venga sviscerata come pesce pescato ma chi li sta a sentire? Molto spesso argomenti interessanti rimangono chiusi all'interno delle aule dell'università a uso esclusivo di professori tromboni che fagocitano tutto come quei lontani parenti che chissà perché hai invitato al matrimonio e che al ricevimento si abbuffano.

E' bello poi che le guide del museo del Balì (definiti, ahimè, impropriamente "animatori" neanche fossimo alla Valtur") si cimentino in opere di ricerca accattivanti che attraggono visitatori e pubblico nei musei.
Eh sì perché nemmeno la presidentessa della Fondazione Museo del Balì ha saputo trattenere il suo stupore di fronte al gran numero di uditori in sala, speriamo che questo porti ad affrontare nuovamente il binomio astronomia-letteratura (o semplicemente astronomia e arte).

Tornando a casa in macchina col Teo ci siamo confrontati su quanto visto e su quanto si potesse ancora fare o approfondire... che possiamo farci? Non ci accontentiamo mai. Mille idee e mille altre soluzioni ma... andava bene così, non si può diventare esperti con una conferenza ed è lodevole quanto sia già stato fatto.

Risultato della serata?
Ho ritirato fuori la Divina Commedia alla ricerca dei passaggi illustrati durante la lezione per vedere di cavarci fuori dell'altro e soprattutto con il solito improponibile proposito di rimettermi a leggere,
un giorno,
questa volta per davvero,
quest'opera.
Chi sa che non impari anche ad apprezzarla come dovrei rimuovendo tutti gli atroci ricordi di liceale.