Sai cosa è bello qui? Guarda; noi camminiamo, lasciamo delle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. Ma domani, ti alzerai, guarderai questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un’orma, un segno qualsiasi, niente. Alessandro Baricco - Oceanomare
Lascia che agli occhi della tua mente appaia una via Rosario di Palazzo, Via Chiaia, vico S. Anna di Palazzo, che sale che sale, poi, a sinistra non sale più, poi a sinistra vico Rosario di Palazzo che sale fino a ‘o puntone ‘o vico, Palazzo Stamperia dove sono nato, dove siamo nati tutti. C’era in nonno, zio Gino, zia Adriana, i piani di sopra, le cugine, pure zia Elvira, zia Caterina. Pasqua, Natale, Pasqua, Natale… a Pasqua il nonno benediva e poi diceva: ”Chissà l’anno che vvene si ci’o vvego”. Zio Vincenzo, a Capodanno… i botti. Secco-secco zio Vincenzo, gli piaceva il vino: “bevi, questa è uva” (sorridi), zio Vincenzo, i bassi e l’appiccico delle vaiasse. Zia Adriana, giocavamo con le cugine, anche quando è nata Marica. Ciccio, all’incrocio, il palazzotto antico… Guzzi 500 a tre ruote, scaricava le cassette di frutta… con quella bilancia che faceva (riproduci il suono)… poi, se volevi controllare, era sempre buon peso, non imbrogliava. Io andavo a fare la spesa; nell’altro vico c’era Rescigno pane, pasta, pane, pasta, lunga, lunga, lunga, “sei tornato, sei stato all’estero”. Do you speak english? Yeah! De Rosa, il profumo di caffè, la torrefazione, il caffè a casa si macinava… Dall’altra parte i banchi del pesce (riproduci il vociare dei pescivendoli in napoletano: sembra un film). Quello vendeva arance “Ebbì ‘e purtualle fresche” quello che vendeva i giornali “O Matino”. I capitoni. Strana chiesa, sempre chiusa, mah, chissà perché, non l’ho mai capito. Quanta gente, tutti che si muovono, non c’è nessuno che sta fermo (sonoro perfetto, ci vorrebbe il registratore). Signurì, Signurì, Ciccio, Ciccio, quella strada non la conosco, ah, le scale, piazzetta Augusteo. Funicolare, via Roma… In macchina, col nonno, alla villa comunale, con i giochi per i bambini, domenica, nonno, le paste, domenica, le paste, ‘e pastarelle. La Seicento, via Caracciolo, il mare, il mare. Zì Teresa, con nonno, Zì Teresa, i ragazzi in acqua, butta 100 lire, “le devi andare a pigliare”… signurì, signurì, cento lire, Castel dell’Ovo, mah, che mistero, quant’è vecchia… e cammina? È più grande, andiamo a piazza Municipio, quant’è grande, il porto, Maschio Angioino, questo sì che è grosso! In quella traversa di via Roma, da Cimmino, mamma mi comprò la chitarra. Sapore di sale, sapore di mare, che hai sulla pelle, che hai sulle labbra. Sapore di sale, sapore di mare… Re Carlo tornava dalla guerra (sospiri). Re Carlo tornava dalla guerra (sospiri, più volte, dando la sensazione di sofferenza). Canta, canta, tanto sei sempre solo, quando canti (sospiri ancora, dolorosamente), tanto sei sempre solo, quando canti. The end. Son. E’ finito il film, luci in sala. Ma che bel film, hai pianto? No. Cinema… pop-corn, dieci cent, tutti i bambini avanti, tutti gli adulti dietro. La gatta sul tetto che scotta. La carrozzella, i cavalli secchi, secchi (rumore del cavallo: perfetto). Tassì! Sempre a fare le corse. (Segue elenco di marche di auto, non faccio a tempo a scrivere) Un altro porto, va, viene, va viene, un altro porto. Piazza Ataturk. Estate, che caldo, mamma mia, che caldo, i pescatori che tirano la rete, pasta alla Narlìdere, melanzane, mozzarella, pomodoro… (spontaneamente smetti di parlare, un flusso che si esaurisce, da solo).
Oddio che bello, “bevi, questa è uva” quante volte l’ho sentita anch’io, nell’attimo in cui è emersa dalla polvere dei ricordi mi sono ritrovata sotto un portico coperto di glicine, profumatissimo, coloratissimo. E c’erano anche quei fiori strani, fatti a trombetta, arancioni, dal profumo pungente. C’era un cancellino e una scala e un salice che affondava le radici nel cemento e, senza volerlo, lì dive tu vedi Napoli io vedo Scalea. La doccia che non potevo fare perché a me toccava la tinozza in giardino (chi sa perché), la moto e le ciabatte di gomma con i fiori rosa. Una bici in due, io stavo dietro, un dosso, una caduta… mi guardo il braccio destro e rivedo una cicatrice ormai cancellata. La strada per andare al mare non la ricordo ma mi ricordo quella per tornare a casa, in cinque, forse sei, in una 127 che era rimasta tutto il giorno sotto il sole, carichi di provviste avanzate (poche), di sdraio, di ombrelloni, palle e braccioli. Una sediolina strana che affondava tra i sassi. Gli scogli, i ricci presi con le mani da me che ora ho paura dell’acqua alta, i ricci mangiati e non mi piacevano, il cartello “discarica”, ma tanto sono sopravvissuta. E la sera i giochi con le carte e le canzoni di De André. Le stelle, tante, pochi lampioni distanti che illuminavano la scena come occhi di bue e tutto il resto rimaneva al buio.
Non c’erano i libri… non me li ricordo.
Scusa... ma dopo la citazione di Zio Vincenzo sono partita per la tangente, come al solito, e mi sono fatta un viaggetto. Poi sono tornata... e mentre io ripensavo a De André, Re Carlo tornava dalla Guerra...
Ps. Quando si canta si è sempre almeno in due, tu e la musica.
NOTE
- ‘o puntone ‘o vico: l’inizio del vicolo
- Chissà l’anno che vvene si ci’o vvego: chissà l’anno prossimo se lo vedo
- Secco-secco: magro-magro
- bassi: abitazioni monocamera al piano terra, tipiche dei vicoli napoletani, abitate dalle famiglie più umili
- vaiasse: le donne che abitano i bassi, parola diventata sinonimo di donna volgare
- Rescigno: negozio di alimentari
- Ebbì ‘e purtualle fresche: ecco le arance fresche
- piazzetta Augusteo: che si apre su via Roma (oggi rinominata via Toledo), con cinema Augusteo e stazione della funicolare per il Vomero
- La Seicento: la macchina del nonno
- i ragazzi in acqua: chiedevano ai clienti del ristorante Zì Teresa di gettare in acqua delle monetine, poi si immergevano e le prendevano prima che toccassero il fondo
- mamma mi comprò la chitarra: la prima chitarra me la comprò mamma, ma per non farsi sgridare da babbo gli disse che me l’aveva regalata il nonno
- Son: fine in lingua turca; il racconto si trasferisce in Turchia
- pasta alla Narlìdere (località vicino Smirne dove andavamo a villeggiare; chiamavamo così quella buonissima pasta al forno che faceva mamma)
Foto: Phuket