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mercoledì 7 agosto 2019

Il ballo di Sceaux - I gioielli di Balzac

Il ballo di Sceaux è inserito nell'immensa Commedia Umana di Balzac, negli studi di costume che trattano di vita privata, e può rientrare nel genere degli "exempla" ovvero racconti in cui il protagonista, grazie o a causa del suo comportamento, raggiunge (o non raggiunge) il risultato sperato.

Èmilie, figlia prediletta, bellissima e viziatissima del conte de Fontaine, deve prendere marito e tutta la famiglia si affanna per trovargliene uno alla sua altezza ma lei li rifiuta tutti trovando a ognuno un difetto. Quando il padre getta la spugnala Émilie inizia a interessarsi a un giovane sconosciuto dai modi raffinatissimi e, aiutata da uno zio molto sopra le righe, riuscirà a fare la sua conoscenza.

La storia vera e propria inizia in realtà a metà del racconto: la prima parte è dedicata a introdurre l'argomento e Balzac ci fa letteralmente da Cicerone nel complesso mondo della corte reale francese della prima metà dell'Ottocento.
Il conte de Fontaine è sempre stato un grande sostenitore della casa reale dei Borboni e durante le guerre di Vandea che videro le popolazioni della Vandea sollevarsi contro il governo rivoluzionario per restaurare la monarchia assoluta si schierò sempre a favore dei vecchi monarchi rifiutando gli impieghi vantaggiosi offerti dall'imperatore Napoleone.
Sposò una de Kergarouët, priva di fortuna ma appartenente a una delle famiglie più antiche di Bretagna.

Con la Restaurazione del 1814 il conte ottiene finalmente i favori e la simpatia del nuovo re Luigi XVIII (fratello minore del decapitato Luigi XVI) e quando Napoleone torna dall'esilio dell'isola d'Elba segue il re nel rifugio di Gand
"uno dei cinquecento fedeli servitori che condivisero l'esilio della corte di Gand, e uno dei cinquantamila che ne ritornarono"
Sono queste frasi, questi commenti caustici disseminati lungo il racconto, che rendono tanto gradevole la lettura: Balzac cosparge la narrazione con pungente ironia strizzando l'occhio al lettore che si sente immediatamente messo a conoscenza dei veri pensieri dell'autore creando così sintonia e simpatia.

Al secondo ritorno dall'esilio il conte de Fontaine entrò a far parte del consiglio di Stato
A causa dell'intelligente attenzione con cui il conte ascoltava i sarcasmi del regale amico, Sua Maestà faceva il suo nome ogniqualvolta fosse necessario creare una commissione i cui membri dovessero venire lautamente stipendiati, (...) Grazie al buonsenso ogni membro della sua numerosa famiglia finì col posarsi come un baco da seta sui fogli del bilancio statale". 
Balzac ci racconta anche come sta cambiando il suo paese: il desiderio di re Luigi XVIII era di fondare una nuova Francia fondendo i partiti, accontentando tanto il Terzo stato quanto gli uomini dell'Impero e tenendo a freno il clero. Il re iniziò a nominare i "pari" di Francia che entravano a far parte della Camera aristocratica sul modello di quella inglese e la loro dignità era ereditaria, le loro famiglie erano le sole a possedere privilegi e i loro privilegi dipendevano direttamente dal re. Allo stesso tempo invitava a lanciare i giovani nella libera professione o nell'industria mentre il conte de Fontaine si impegnava a consigliare matrimoni tra aristocratici e borghesi per creare legami tra le due classi sociali.

La seconda storia, quella della signorina Émilie è molto didascalica ma riserva comunque momenti di leggerezza per il lettore: la bella contessina si mette in testa di sposare un pari di Francia o qualcuno che lo diventerà a breve e perseguirà il suo scopo ciecamente, senza ascoltare il proprio cuore.

Non è il capolavoro di Balzac ma è un'opera che per la sua semplicità e sottile ironia si legge con grande piacere.

lunedì 18 agosto 2008

Trompe-la-mort



I particolari di questa vicenda piena di osservazioni e di colori locali possono essere apprezzati solo fra le alture di Montmartre e quelle di Montrouge, in quella famosa valle di ruderi fatiscenti e di ruscelli neri di melma; valle colma di sofferenze reali, di gioie spesso false e così tremendamente agitate, che occorre non so che cosa di eccessivo per produrvi una sensazione di qualche durata 
Honoré de Balzac - Papà Goriot

Balzac mi ha stregata.
Ho fatto la sua conoscenza la prima volta nel 1993 grazie a "Eugenie Grandet", non mi aveva impressionata. Ci ho riprovato con il "Colonel Chabert" ma ancora nulla...
forse non ero pronta io.
L'anno scorso mi capita tra le mani "Le illusioni perdute", lo leggo tutto d'un fiato e rimango incantata dalle raffinate descrizioni degli ambienti urbani di Parigi e provincia e dai ritratti dei personaggi degni del miglior Toulouse-Lautrec. Alle ultime battute s'insinua nel racconto l'abate Herrera con queste parole:

"
-->Io vi ho ripescato vi ho restituito la vita, e voi mi appartenete come la creatura è del creatore, come, nei racconti delle fate, l'afrite è del genio, Ficoglane del sultano, come il corpo è dell'anima! Io vi sosterrò, io, con mano potente nella via del potere, e nondimeno vi prometto una vita di piaceri, d'onori, di feste continue... Il denaro non vi mancherà mai... Voi brillerete, vi pavoneggerete, nel mentre che, chino sul fango delle fondamenti io renderò solido il brillante edifizio della vostra fortuna. Amo il potere per il potere io! Sarò sempre felice dei vostri godimenti, che a me sono vietati. Insomma, io mi farò voi!..."

Il libro finisce e io rimango come un'idiota.
Va bene il finale aperto ma qui manca tutto un pezzo.
Casualità: in uno dei miei giri per librerie a prezzo scontato trovo un'edizione di "Splendori e miserie delle cortigiane", una di quelle edizioni senza commento e senza introduzione... la porto a casa e decido di leggerla. Subito si affaccia Lucien de Rubempré, il protagonista delle "Illusioni perdute"... quanto è bello ritrovare da un libro all'altro personaggi conosciuti e amati.
In quest'opera si svela progressivamente anche il personaggio dell'Abate Herrera come Male nella più affascinante e seducente delle sue forme. Non si può restare indifferenti: c'è un po' di tutto in lui, di Faust e di Montecristo, di generosità ed egoismo.
Molti dei personaggi di questo libro fanno riferimento a un'opera precedente di Balzac: "Père Goriot" e io che faccio allora? Mi leggo pure questo in una sorta di dipendenza balzacchiana.
Eccolo lì l'abate Herrera, già Vautrin, già Jacques Collin... già Trompe-la-mort.
E' lui il vero protagonista, la vera anima di Parigi, lo specchio della società borghese del primo Ottocento francese... mi piace rivelarlo tramite le sue stesse parole:

Papà Taillefer è un vecchio briccone, e si dice che abbia assassinato un suo amico durante la rivoluzione. E uno di quegli uomini arditi, indipendenti nelle loro opinioni. È, un banchiere, principale socio della ditta Frédéric Taillefer e, Soci. Ha un figlio unico, al quale vuoi lasciare tutte le sue sostanze, a discapito di Victorine. Io non posso approvare simili ingiustizie. Sono come Don Chisciotte, mi piace prendere la difesa del debole contro il forte. Se la volontà di Dio fosse di portargli via il figlio, Taillefer riprenderebbe con sé la figlia perché vorrebbe un erede qualsiasi, sciocchezza suggerita dalla stessa umana natura, e d'altra parte non può più avere figli, lo so. Victorine è dolce e bellina, e farà presto a conquistare suo padre. Lo farà girare su se stesso come una trottola, con lo spago del sentimento! E sarà troppo sensibile al vostro amore per dimenticarvi; e voi la sposerete. Io mi incarico di assumere la parte della Provvidenza, farò il volere del buon Dio. Ho un amico, per il quale a suo tempo mi sono molto prestato, un colonnello dell'armata della Loira, da poco passato nella Guardia Reale. È uno che segue i miei consigli, ed è divenuto ultra-realista: non è uno di quegli imbecilli che tengono alle proprie opinioni. Se vi pos¬so dare un altro consiglio, mio caro, è di non tenere né alle vo¬stre opinioni né alle vostre parole. Quando ve le chiederanno, vendetele. Un uomo che si vanta di non mutare mai opinione è un uomo che si impone di camminare sempre in linea retta, un ingenuo che crede all'infallibilità. Non ci sono principi, ci sono soltanto accadimenti; non ci sono leggi, ci sono soltanto circostanze: l'uomo superiore sposa gli accadimenti e le circostanze per dirigerli. Se ci fossero principi e leggi stabili, i popoli non li cambierebbero come noi facciamo con la camicia. L'uomo noi ha il dovere di essere più saggio di tutta una nazione. L'uomo che ha reso il minor numero di servigi alla Francia è un feticci' venerato per aver sempre visto rosso; è buono tutt'al più per esser messo al Museo, fra le macchine, con la sua brava etichette La Fayette. Invece il principe contro cui tutti scagliarono qualche pietra, e che disprezza abbastanza l'umanità da sputarle i viso tanti giuramenti quanti ne chiede, ha impedito lo smembra mento della Francia al congresso di Vienna: gli si dovrebbero offrire corone invece gli si getta addosso fango. Oh! So ben come vanno le cose, io! E posseggo i segreti di parecchi uomini.

E' meraviglioso il modo in cui Vautrin attira la completa attenzione del suo interlocutore, le parole si fanno magneti che generano orrore e disgusto ma risvegliano i più nascosti desideri. Mi sento attratta, ipnotizzata, completamente in balia di questo sedicente don Chiscotte, di questo uomo che si fa Dio non per desiderio di giustizia come Montecristo, ma per volerne eguagliare la potenza, l'onnipotenza. E' il lato oscuro di Parigi che insinua la sua melma nei quartieri alti del Faubourg Saint Germain, che li obbliga a specchiarsi nel fango.
Il ragazzotto di provincia cui è rivolto questo discorso si lascia ammaliare dalle sue parole come Faust di fronte al demonio.
In realtà è Parigi il vero demone , un mostro che mette alla prova i suoi abitanti. Chi supera le sue prove vince ed emerge dal fango, chi fallisce soccombe. Parigi fagocita i suoi uomini, si nutre delle sue anime per aumentare il proprio splendore e le parigine sono i suoi emissari, sirene ammaliatrici che con il loro canto attirano gli uomini nelle fauci del mostro.


Excursus:


Sembra che il personaggio di Vautrin-Trompe-la-mort sia stato ispirato a Balzac da un personaggio realmente esistiro: Eugène-François Vidocq. Di corporatura imponente (come Vautrin) si dà fin da giovane al furto e agli imbrogli, condannato ai lavori forzati, cerca più volte di evadere ricorrendo a camuffamenti, tanto da essere considerato un vero maestro di trasformismo (come Vautrin/Trompe-la-mort/Collin/Herrera). Riesce a evadere, viene ripreso, evade di nuiovo e viene ricatturato ma si guadagna rispetto e notorietà tra i carcerati.
Alla fine viene arruolato nella police de Sureté, un organo di polizia formato da ex carcerati, infiltrati negli ambienti della malavita. La figura di questo uomo è stata talemnte affascinante che si ritiene che abbia ispirato vari personaggi letterari, francesi e non, da Jean Valjean nei "Miserabili" a Rodolphe ne "i Misteri di Parigi", da Jackal di Dumas ne "I Mohicani di Parigi" fino addirittura a Augurte Dupin di Poe ne "I delitti della rue Morgue", racconto considerato dai più come il vero capostipite della narrativa di investigazione.
Balzac avrà anche preso spunto da Vidocq per la costruzione del personaggio ma bisogna comunque riconoscere che gli ha dato nuova vita e lo ha dotato di un fascino irresistibile.

Foto1: Illustrazione da Père Goriot
Foto2: ritratto di Vidocq eseguito da Marie-Gabriel Coignet.