domenica 30 dicembre 2018

Vacanze e catalogazione libresca

Book Collector
Fine dell'anno e ora di grandi pulizie.
Ultimamente mi sono arrivati per varie vie una valanga di libri, alcuni già letti, altri tutti da scoprire.
Non so come facciano gli altri ma sin da quando la mia biblioteca muoveva i primi passi tanta attenzione l'ho dedicata alla sistemazione e dislocazione dei libri.
Avevo iniziato a disporli per case editrici perché mi sembrava la soluzione più armonica, poi  è diventato ingestibile e li ho divisi tra letteratura, narrativa varia e saggistica. In seguito ho dovuto dividere la letteratura per lingua originale, poi per autore in ordine alfabetico e per opere in ordine di prima pubblicazione. La saggistica, invece, a mano a mano è stata divisa per soggetto (per quanto riguarda la critica letteraria) o per epoca (per i saggi di storia o arte).
Poi di nuovo dai libri di letteratura ho dovuto separare tutta la parte dedicata alla letteratura medievale cioè dai primi volgari precedenti all'anno Mille al 1500 circa e contemporaneamente dal settore di storia si sta adesso staccando la parte medievale perché le quantità iniziano a essere importanti e lo spazio non cresce di conseguenza.
Enciclopedie e collane tematiche invece restano separate.

Oltre alla passione per i libri come contenuto ho anche la passione di catalogarli, descriverli e annotare tutte le informazioni così ho iniziato con un quaderno ad anelli, quando la quantità di libri ha superato qualche centinaio ho ripiegato su di un foglio excel ma non era soddisfacente. Una folle estate caldissima, mentre da un lato inserivo tutta la biblioteca su Anobii, dall'altro mi misi a costruire un database personalizzato con maschere carine. 
Terminato il lavoro non ero ancora soddisfatta: troppe ancora erano le informazioni da inserire e il mio castello di reti e collegamenti minacciava ogni giorno di crollare finché un giorno non trovai Collectorz.com e non lo lasciai più.
Non è una promo: non ci becco un franco a farne la pubblicità, credo solo che magari può interessare ad altri con la mia stessa ansia da catalogazione.
Sul sito di Collectorz si trovano database per ogni tipo di collezionismo: fumetti, film, musica, giochi e, ovviamente libri. Si può scaricare la versione free che contiene fino a cento libri, se poi ci si trova bene (e ci si trova benissimo!), si paga una sola volta per la versione pro. 50€ per la versione a PC più, se si vuole, altri 15€ per avere l'app per cellulare o tablet.
Vi faccio fare un tour se volete, una buona presentazione è già presente sul sito qui.


Book Collector Ricerca per isbn

Per i libri relativamente recenti molto comodo è l'inserimento tramite ISBN, il database di Collectorz viene costantemente aggiornato con le nuove uscite e integrato dagli stessi utenti, inoltre molte informazioni le pesca direttamente da internet. E' raro che non si trovi il libro che cercate, in questo caso esiste sempre l'inserimento manuale.


Book Collector Visualizzazione a lista
Ci sono quattro visualizzazioni possibili, questa in alto a lista è per me la più funzionale e rapida: lo schermo si può dividere in due parti e può mostrare parte della lista e un'anteprima del libro selezionato .
Un'altra visualizzazione carina è quella a libreria qui in basso.
Book Collector Visualizzazione a libreria
Poi c'è anche la visualizzazione a flusso di copertine e a mini schede ma non sono altrettanto carine.
La cosa davvero figa di questo database è che è estremamente personalizzabile.
I dati che sono richiesti già di default sono tantissimi: da quelli base alle dimensioni del libro, alle informazioni sulla prima edizione, si possono aggiungere le proprie copertine, collegamenti internet esterni e collegamenti a file di ogni tipo: ebook, pdf, file audio, immagini... qualunque cosa perciò può essere un valido aiuto anche per chi legge in digitale.

Book Collector Maschera principale

Nel TAB Crediti e Personaggi si possono indicare tutti i collaboratori nel libro: dall'illustratore al traduttore, dal cyratore all'artista per la copertina e se volete aggiungere altri campi si può. Addirittura c'è la possibilità di creare una lista dei Personaggi, io non lo faccio perché sarebbe infinita ma per chi sta iniziando adesso potrebbe essere un'idea.

Al TAB Il TAB Contenuti è invece specifico per i libri di miscellanea o per le raccolte di racconti in modo da recuperare immediatamente tutte le informazioni.
Nel TAB Traccia e Note invece si può scrivere la trama del libro, ricopiare la quarta di copertina e aggiungere note personali di lettura.

Book Collector Maschera informazioni personali
Indispensabile per me è il campo Collocazione della maschera delle informazioni personali: in questo caso I misteri di Parigi di Eugène Sue è collocato nel reparto letteratura francese sotto la lettera S di Sue. Di Sue possiedo una sola opera ma di altri autori di cui possiedo molte opere torna molto comodo indicare nella collocazione anche l'anno di prima stesura così in biblioteca sarà sempre tutto ordinato secondo l'ordine di pubblicazione (per le opere postume invece ricorro alla data di stesura)

Book Collector Maschera copertine
Le stesse copertine si possono aggiungere da file su computer o si possono cercare su internet.

Dateci un occhiata se volete: la versione free da 100 libri è scaricabile gratuitamente, io non posso farne a meno: i libri sono tantini e alcuni sono ormai talmente lontano dagli occhi che rischio di dimenticarmene senza oppure rischio di non trovarli quando li cerco.
Con il sistema della catalogazione unica ho risolto parecchi dei problemi dovuti all'accumulazione.

sabato 29 dicembre 2018

Giro in libreria


- Ciao, sono Maria Vittoria, ho trentatroppi anni e non posso entrare in libreria!
- Ciao Maria Vittoria!

Giornata splendida oggi, ne ho approfittato per fare un giro in centro a Fano alla ricerca di Nabokov.
Ne giro due, in una non sanno nemmeno chi sia, nella seconda mi dicono - Ah! Adelphi, non ce l'ho, se ne prendo di quelli ne tengo uno poi se lo vendo via, non lo riordino. -
Un'aria di sufficienza da fare imbufalire Ghandi. Me ne sono andata.

Entro alla Mondadori in piazza, non ci mettevo piede da un anno per il totale disinteresse dei gestori nei confronti dei libri e dei lettori. L'ultima volta avevo telefonato per chiedere di mettermi da parte un libro, quando sono andata per ritirarlo non si trovava, spaesata tra centinaia di libri novità superpatinati presenti al piano terra osai chiedere dove fossero i classici, la commessa mi rispose che non ne avevano, quindi mi incamminai al piano superiore per controllare e ovviamente li trovai lì ad aspettarmi, in ordine assolutamente casuale, come se non avessero idea di come gestirli. Non dovevo comprare nulla oltre a quello ordinato e non trovato ma trovai Lo cunto de li cunti di Basile e Anabasi di Senofonte e decisi di salvarli, non era posto per loro, quello!

La gestione è cambiata e si vede!
Chiedo il libro e in due secondi mi dice piano e scaffale in cui trovarlo, lo raggiungo e trovo tutti i classici e la saggistica deliziosamente allineati e ordinati in una di quelle disposizioni armoniche che ti consentono, cercando un autore, di scoprirne altri altrettanto interessanti. Un vero balsamo per l'anima del lettore, un supplizio per il portafogli.
Mi reco alla cassa con tre libri per bottino: 
- Lezioni di Letteratura di Nabokov, scopo dell'incursione, 
- Finzioni di Borges e 
- l'Avvelenatrice di Dumas che cercavo da tempo e non ero riuscita a trovare.
Non ho resistito! Le ho dovuto fare i complimenti per la nuova gestione, per la disposizione dei libri e per la scelta dei titoli, ero in estasi!
Le ho detto che avrei avvisato immediatamente il gruppo di lettura dell'Isola al che mi dice che per tutti gli aderenti a gruppi di lettura è destinato uno sconto del 10% 😍😍😍
E...
Ci offre la possibilità di incontrarci da lei, anche la sera, in un'area dedicata che è una robina deliziosa, con tè e caffè e io non vedo l'ora!
Non vedo l'ora!

mercoledì 26 dicembre 2018

Profezie e visioni del Merlino di Monmouth



AVVERTENZA:
Questo non è un libro sulla vita di Mago Merlino, non è un libro su re Artù né sulla Tavola Rotonda né sul sul Graal.
Non è un fantasy, non è un libro alla Stargate scienza di confine, non è Nostradamus.
Detto questo, se siete curiosi di sapere cosa sia possiamo continuare.
Il brevissimo testo qui descritto è un libro di storia simbolico, oscuro, enigmatico.
Scritto intorno al 1135, Goffredo di Monmouth in una lettera dedicatoria che apre le Profezie dice di averle trovate in un vetustissimus liber mentre lavorava al suo Historia Regum Britanniae ovvero Storia delle gesta dei re di Britannia e di averlo tradotto dal britannico al latino.
Sarà vero?
Questo è il primo enigma.

Anonymous, C15th
Original MS held by Lambeth Palace Library
MS 6 folio 43v
Personalmente non ci credo: l'espediente del libro trovato e "messo in belle lettere" è molto frequente in letteratura: se ne servì Voltaire, Manzoni inoltre, spiega Adlfo Morganti nell'introduzione, tutt'ora gli eruditi si interrogano circa la natura e la reale esistenza di questa fonte originale andato perduto.
Fatto sta che grazie a questo espediente Monmouth ebbe la possibilità di mostrare al suo pubblico le sue qualità di letterato fantasioso.

Il libro si apre con Vortigern e merlino spettatori di una lotta tra draghi: uno bianco che simboleggia i Sassoni e uno rosso che simboleggia i Britanni.
"Allora Merlino scoppiando in lacrime, raccolse l'ispirazione della profezia e disse..."
Inizia qui la profezia che profezia non è, infatti Monmouth, che scrive nel 1135, descrive fatti avvenuti nei secoli precedenti: dal V al XII secolo ma lo fa in modo talmente oscuro e criptico che se sono profezie per Merlino che visse nel V secolo, per gli studiosi restano indovinelli ed enigmi in quanto tutt'ora è in piedi un dibattito per ricondurre ogni profezia al fatto storico corretto.

Merlin reads his prophecies to King Vortigern.
British Library MS Cotton Claudius B VII f.224
Geoffrey of Monmouth's Prophetiae Merlini
Fermo restando che i Bianchi sono i Sassoni e i rossi sono i Britanni tutto il resto, anche per noi lettori appassionati di storia inglese, può essere visto come un indovinello.
Non facile!
Devo confessare che dopo la lettura di questo libricino non vedo l'ora di prendere in mano la Storia drammatica d'Inghilterra di Costain per ripercorrere passo passo ogni visione.

POLLICE SU: Nonostante la natura popolare del libro il testo è corredato da una buona introduzione dello stesso traduttore, una buona bibliografia per approfondire l'argomento e una gran quantità di note esplicative.

POLLICE GIU': Le note sono in fondo al testo, le preferirei a piè di pagina per non dover continuamente saltare da un punto all'altro. Inoltre manca il testo originale a fronte, considerando che è un libretto di cinquanta pagine e che il testo originale è ormai fuori copyright, la scelta di mettere l'originale latino a fronte avrebbe aggiunto quel qualcosa in più che me lo avrebbe reso più gradevole.

DA LEGGERE?
Secondo me sì se siete appassionati di storia inglese e di storia medievale, se siete appassionati di enigmi e se disponete di un buon testo di storia inglese medievale accanto da consultare.
No se cercate La spada nella roccia.

domenica 16 dicembre 2018

Shirley - Charlotte Bronte


La trama del libro la potete trovare ovunque quindi parlerò solo degli aspetti che ho trovato più significativi.
Charlotte Bronte affronta nel 1849 il tema della rivoluzione industriale agli albori, la storia è infatti ambientata nel 1810-1811, e la narra dal punto di vista esclusivamente femminile, lontano dalle fabbriche e dal lavoro operaio.
Non c'è l'analisi sociale di Dickens né la compassione della Gaskell.
Ma c'è una storia.
La storia segue l'andamento della commedia classica: preludio sereno, contrattempo tendente al tragico, gran finale.
Quel che è più curioso nello svolgimento del romanzo è che la protagonista che concede il titolo all'opera compare solo dopo il primo terzo del libro: prima non viene nemmeno citata.
Questo espediente, oltre a suscitare una certa curiosità nel lettore impedendogli di abbandonare la lettura, permette all'autrice una lunga divagazione sulla società dei primi dell'Ottocento, sul ruolo dei curati, sull'economia inglese e sulla storia contemporanea nel pieno delle guerre napoleoniche e delle contromisure commerciali adottate dall'Inghilterra contro il Corso.
L'autrice è onnipresente e richiama continuamente il lettore a prestare attenzione, lo richiama quando ritiene che alcuni momenti narrativi siano importanti, gli sottopone domande retoriche che sfrutta per esprimere il suo punto di vista.
Cita Racine, Corneille, Bruce di Scozia, cita Robin Hood e fatti storici contemporanei alla narrazione, si abbandona volentieri a scrivere in francese e sottolinea più e più volte la mancanza di parità tra i sessi. La questione della parità le è tanto a cuore considerata anche la necessità di pubblicare sotto pseudonimo maschile per ottenere la considerazione di editore e pubblico.
Le sorelle Bronte erano sicuramente donne colte ma laddove in Anne la cultura sfocia in pedanteria, in Charlotte c'è davvero poesia.
Soprattutto nella prima parte di Shirley, quando la protagonista ancora non si palesa e l'autrice è più libera nelle digressioni, la prosa nelle sue descrizioni compie voli pindarici di parole e paesaggi per poi tornare a narrare con delicata ironia, romantico sentimento e cristiana devozione.

Di seguito uno dei passi più belli, melodico a tratti, sicuramente suggestivo.
"La notte era nera come la pece, luna e stelle soffocate da grigie nuvole cariche di pioggia; nubi che di giorno sarebbero apparse grigie, ma che al buio sembravano carbone. Malone non era un uomo dedito all'attenta osservazione della natura, dei cui mutamenti mai si accorgeva. Poteva camminare per miglia e miglia, nel più mutevole giorno d'aprile, senza accorgersi degli armoniosi giochi della terra e del cielo. Mai che notasse quando il sole baciava le cime delle colline, a renderle chiare di verde luce e sorridenti; o quando sulle colline piangeva un acquazzone che ne nascondeva le creste con le trecce scarmigliate di una nuvola a bassa quota".

La pecca? E' prolissa. Descrizioni esterne, interne... lascia ben poco all'immaginazione e se non fosse così dannatamente dotata certe pagine si salterebbero con foga invece non si sa mai dove può nascondersi la poesia delle sue parole e per questo il lettore rimane incollato.
Inoltre è proprio grazie a questo fervore descrittivo pienamente ottocentesco, presente anche nelle arti figurative, che riusciamo a ricostruire l'aspetto delle città, la società, i costumi e le idee che circolavano allora. 
I romanzetti d'appendice snobbati dagli intellettuali, considerati materiale per donnette, letteratura di secondo ordine e di dubbia qualità tramandano i sogni e le speranze delle epoche che li generano. Sono strumenti preziosi nelle mani degli storici.

giovedì 22 novembre 2018

ZADIG di Voltaire


Chiudete gli occhi, siete alla corte di Luigi XV, rocca, sfarzosa, ipocrita, corrotta, la stessa stigmatizzata da Dumas nel ciclo dei tre moschettieri. Babilonia è in realtà Parigi e Zadig ne percorre strade e palazzi scovandone le imperfezioni e proponendo soluzioni di buon governo con intelligenza e compassione, mai astuzia. 

Zadig è un libro che dice più di quanto non sembri: in quest'opera Voltaire tratta tutti gli argomenti che stanno a cuore al filosofo a proposito di costume e malcostume della corte: nepotismo, corruzione, ciarlataneria, idolatria e superstizione, critica l'ipocrisia di palazzo e la mancanza di compassione verso chi è caduto in disgrazia ma critica anche quei sovrani che non accettano i suggerimenti di uomini più dotti. I filosofi del XVIII secolo si proponevano come guide morali per i sovrani e venivano spesso denigrati dai cortigiani, a volte messi proprio al bando come accadde proprio a Voltaire. L'esotismo, la localizzazione in un altrove spaziale e temporale era pratica usuale in quei tempi, vi si ricorreva volentieri, lo fece anche Montesquieu con le sue Lettere Persiane e anche lui, come Voltaire, giudico più opportuno pubblicare l'opera in Olanda per sfuggire alla censura del regime. 

Zadig è un puro, di buona indole e buona educazione, eppure il mondo sembra rivoltarglisi contro: i malvagi sembrano avere il sopravvento e lui soccombere salvo salvarsi sempre all'ultimo. Con questo Voltaire ci dice anche di più: influenzato probabilmente dalle teorie gianseniste che qualche decennio più tardi avrebbero ispirato la manzoniana Provvidenza, ci ricorda che tutto è bene nel migliore dei mondi possibili e che gli uomini non dovrebbero giudicare il Tutto dalla loro limitata percezione in quanto non conoscono tutta la verità. Il caos che apparentemente governa gli eventi cela il motore universale della Provvidenza, il grande architetto che tutto conosce e tutto ha predisposto. 
Dice l'eremita: "La bile rende collerico e malati ma senza questa l'uomo non potrebbe vivere. Tutto è pericoloso e tutto è necessario".


Graziosa è infine la critica che Voltaire rivolge allo stile pomposo di alcuni celebrati autori del Settecento quando fa criticare all'invidioso il discorso di Zadig perché "non aveva fatto danzare abbastanza le montagne e le colline. Nel suo discorso non si vedono né il mare che scompare né le stelle che cadono". È l'inizio del linguaggio scientifico, politico e letterario moderno? Ricondurre il linguaggio a comunicazione liberandolo dagli orpelli e dal superfluo che rischiano di offuscarlo, dalle similitudini e dalle figure retoriche lasciando spazio al significato. "Zadig si accontentava di avere lo stile della ragione".

Chicca al capitolo IV "L'Invidioso": la lettera dimezzata che rischia di far condannare Zadig mi riporta agli esperimenti letterari dell'OuLiPo del dopoguerra francese, quel laboratorio di letteratura potenziale che vide tra i suoi maggiori esponenti Queneau e Calvino. E mi riporta al visconte dimezzato, al tutto bene / tutto male e alla conclusione che siano necessari entrambi e che il dimidiamento sia un danno.

sabato 17 novembre 2018

Marguerite Duras - Moderato Cantabile


Ho terminato adesso la rilettura di Moderato Cantabile di Marguerite Duras, rilettura sì perché evidentemente la prima volta non ci avevo capito molto, non ero pronta, non ho prestato attenzione..
Non è proprio un racconto in quanto non accade nulla. È un incontro, fortuito, in un bar, è un'agnizione che dura dieci giorni.
È accaduto qualcosa, fuori dalla scena, durante una lezione di piano. Una donna è stata uccisa in un bar, qualcosa di perverso.
La scena che si è presentata davanti agli occhi di Anne è come se la risvegliasse da un lungo sonno, Anna inizia a farsi domande e cercare risposte in uno sconosciuto, Chauvin, davanti a molti bicchieri di vino.
Anne è sposata, ha una bella casa, un figlio intelligente: tutto scorre armonioso nella sua vita finché un giorno non scopre cosa può essere davvero la passione.
E la brama, la insegue, la esplora. Le belle parole definite di cui si circonda usualmente, fatte di doveri e aspettative da soddisfare si fanno ambigue, i gesti rivelano il non detto in un crescendo emotivo allucinato coinvolgendo il lettore che a tratti rimane incerto, incapace di comprendere se tutto quello che comprende si stia svolgendo realmente o sia solo frutto della sua immaginazione.
Il climax di tensione Duras lo raggiunge durante la cena elegante a casa di Anne: lei inappetente, distratta, ubriaca, Chauvin è fuori, passeggia, inquieto.
Nella loro lontananza non sono mai stati così vicini, mai stati così uniti, inconsapevolmente complici.
In questo racconto le azioni non sono importanti, le parole lo sono, ancor più i silenzi, le domande rimaste senza risposta. E' un racconto di immaginazione, di suggestione, di maternità e di desiderio.
E' il desiderio di andare oltre il racconto, oltre la quarta di copertina per scoprire cosa ne sarà di Anne, di Chauvin.
La grande domanda resta disattesa, al lettore il compito di proseguire la narrazione.

domenica 4 novembre 2018

Anne Bronte - Agnes Grey


Agnes Grey è uno dei personaggi più odiosi che abbia mai incontrato!
Il libro narra di una giovane donna che, desiderando di non pesare sulle ristrette risorse economiche della famiglia, decide di prendere servizio come governante / educatrice presso famiglie altolocate. Il romanzo è raccontato in prima persona perciò conosciamo i pensieri di Agnes, i suoi desideri, i suoi timori.
Ebbene dicevo che è il peggior personaggio femminile in assoluto che abbia mai letto: è terribilmente presuntuosa e orgogliosa, giudica tutti e spettegola sui membri della famiglia Murrey presso i quali presta servizio, il tutto presentato però come se lei fosse una bravissima donna e gli altri pieni di mancanze. È talmente pedante che ho iniziato a prendere in simpatia le viziatissime sorelle Murrey che in fondo ricordano l'adorabile Rossella O 'Hara.
Insomma a me ha dato l'impressione di un'autrice piena di frustrazioni.
Interessante è tuttavia il personaggio secondario di Matilde, la sorella minore delle Murrey, che ama trascorrere il suo tempo rincorrendo cani, cacciatori e conigli con la disperazione della madre.
📖📚📖
Un'idea con due citazioni:
✒"Non era simpatico neanche camminare dietro, e in tal modo confessare che riconoscevo la mia inferiorità: poiché mi consideravo una persona dabbene, su per giù come i migliori di loro, e desideravo che lo sapessero, e non pensassero che mi consideravo una semplice domestica."
✒ "Vidi ch'era di cattivo umore e trassi un piacere segreto dal fatto, non che fosse afflitta, ma che credeva di aver ragione di esserlo."

domenica 28 ottobre 2018

J.R.R. Tolkien - Racconti Incompiuti


Ce l'ho fatta! L'ho finito!
Yeeeeeeaaaahhhh!

Racconti Incompiuti di Tolkien non è un'opera che si legge tanto per: è un libro che si vuole leggere e portarlo a termine senza saltellare qua e là tra le pagine richiede un certo sforzo.
Perché?
Lo dice il titolo stesso: i racconti sono incompiuti e lasciano ahimé un senso di insoddisfazione: come andare a cena e fermarsi all'antipasto. La lettura dell'opera non è scorrevole in quanto ricchissima di note e rimandi all'SdA, allo Hobbit e al Silmarillon perciò se prevedete di leggerla assicuratevi di aver letto questi tre libri prima. Letto eh! I film non valgono! Ah, e assicuratevi di aver letto anche le varie appendici dell'SdA, soprattutto la A: gli annali dei re e dei governatori e tenete a portata di mano la B, la C e la E.
Di fatto è un libro scritto a de mani: Christopher Tolkien, figlio del Maestro e curatore di tutte le sue opere postume, riempie la metà delle pagine per ampliare quanto lasciato incompiuto dal padre: è un lavoro filologico certosino che obbliga il lettore alla continua consultazione di note e appendici. Il grosso difetto a mio parere è che le note sono poste dopo i vari capitoli cui si riferiscono, è una scelta che trovo faticosa per il lettore, se fossero a pie' di pagina sarebbe più scorrevole ma non ho capito se questa scelta è del curatore o della Bompiani.
Ammetto di aver faticato a portare a termine la prima parte dedicata alla Prima Era: Tuor e Turin non sono tra i miei personaggi preferiti, non lo erano nemmeno durante la lettura del Silmarillon.
Molto, molto, molto più interessanti sono i racconti della Seconda Era dedicati a Numenor: di questa isola, della sua geografia, tradizioni e popolazione questa è praticamente l'unica fonte compiuta, troppo lungo e ripetitivo è invece il racconto della Moglie del Marinaio, non stupisce che sia stato abbandonato. Anche la storia di Galadriel e Celeborn fornisce utilissime informazioni e curiosità, soprattutto sul carattere e sui pensieri di Galadriel, personaggio che personalmente mi incanta, curioso il fatto che viene narrato a proposito della sua chioma d'oro e d'argento: si dice che fosse di impareggiabile bellezza e che alla richiesta di Feanor di donargliene una ciocca dei suoi capelli lei abbia risposto per tre volte con un rifiuto. Rifiuto che invece non oppose al nano Gimli in partenza da Lorien.

Infine di grande interesse sono i racconti sulla Terza Era: gli ultimi giorni di Isildur prima di Campi Iridati e i racconti di Gandalf sulla formazione della prima compagnia, quella dello Hobbit e curiosità vere e proprie sui Druedain, sugli Istari e sui Palantiri che altrove non si trovano.

Non è dunque un'opera imprescindibile ma è un tesoro prezioso per gli amanti della Terra di Mezzo.

Nerdissssssssimo. 

sabato 20 ottobre 2018

Michail Bulgakov - La guardia bianca


La guardia bianca by Mikhail Bulgakov
My rating: 4 of 5 stars

Incerto. Come l'incertezza dell'oggi e del domani che bracca gli abitanti di Kiev. Uno strato ovattato ricopre la narrazione, come neve immacolata attutisce i rumori fuori e dentro.
Attorcigliato. Tra narrazioni, sogni, ricordi, avanti e indietro nel tempo e dalla realtà.
Apocalittico. Un'apocalissi lenta, attesa e respinta.
In attesa. Si attende come Drogo nella fortezza Bastiani. Si attende in casa protetti da tende color crema, circondati dai libri, il tempo scandito dai rintocchi dell'orologio. Fuori si vive, fuori si muore, dentro si aspetta.
Faticoso. Troppo lungo, troppo riflessivo, attorcigliato, fumoso. Bulgakov è nel 1925 un autore alla ricerca di sé stesso: di un modo per esprimersi senza soccombere davanti alla censura di regime ma se si osserva attentamente sotto la cenere delle tante, forse troppe parole, si scorge la brace, viva, che esploderà anni dopo. Postuma.

Il capitolo 5, poderoso, con la descrizione della morte a Kiev, anticipa il linguaggio e le atmosfere del Maestro e Margherita.
"Quindi ebbe inizio una vera e propria diavoleria, che si gonfiò e prese a saltellare come bolle di sapone.

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Gita di famiglia a Piobbico


Piobbico!


Cosa c'è ma da vedere a Piobbico?
Fino a poco fa credevo nulla di particolare a parte i brutti, si da infatti il caso che a Piobbico abbia sede il Club Internazionale dei Brutti, nato con lo scopo di maritare le zitelle oggi si dedica a sensibilizzare sui problemi dei brutti (sic).


Il Cortile d'onore del Castello

Un giorno poi, tra le notifiche di eventi su Facebook, trovo la Sagra della polenta alla carbonara e credendo si trattasse di polenta con guanciale mi sono incuriosita: la polenta piace a tutti e quando devi scegliere dove andare e cosa fare con al seguito due marmottine in età prescolare il capitolo cibo ha un'importanza rilevante.


Quasi contemporaneamente vengo a sapere che le Guide Turistiche della Provincia di Pesaro e Urbino organizzano per la mattinata una visita guidata al Castello Brancaleoni.
Perfetto!
Ci riempiamo la pancia, la testa e stanchiamo le gambe.


La torre dell'orologio.
Dall'esterno l'orologio corre in senso orario,
all'interno in senso antiorario., E' una rarità.
Il castello è un gioiellino apparentemente modesto che si è sviluppato nei secoli. Esempio di bellezza ed efficienza coniuga la praticità di architetture adibite a funzioni quotidiane di palazzo con delicate decorazioni, la disposizione è intrigante: 130 stanze attraverso le quali si passa da elementi romantici a quelli gotici, rinascimentali e barocchi; la disposizione ricorda un po' quegli esperimenti sui topolini in cui si mette una fetta di formaggio da un lato e il topolino deve attraversare il labirinto: ideale per curiosi, bambini e furetti.
La fuga delle stanze
All'interno le stanze un tempo adibite ai mestieri sono ora dedicate alla conservazione ed esposizione di attrezzature contadine: strumenti di lavoro di fabbri, contadini e carbonai e l'immancabile sala delle torture, vera o finta che sia è un'attrattiva di cui nessun castello può fare a meno. Al piano nobile troviamo sale sontuosamente stuccate e affrescate, principalmente con temi classici: c'è una camera romana, una greca, altre stanze invece sono state nel tempo ricoperte di intonaco bianco ma svelano frammenti di preziosi affreschi come quello delle due creature mitologiche  nella sala del trono (un drago e un minotauro?).
La visita prosegue nelle stanze dedicate al Museo Civico che si snoda in sette diverse sezioni delle quali la più interessante è sicuramente quella speleologica con lo scheletro ricostruito di un enorme orso delle caverne.
Ursus spelaeus. Ricostruzione dello scheletro

E' vivo il castello Brancaleoni di Piobbico, vivissimo. 
Animato anche dalla passione di una giunta comunale innamorata del proprio paese e del proprio territorio come traspare dalla guida di Sante Fini, ristampata e aggiornata e dall'epigrafe che l'accompagna: 
"L'affetto al luogo natio non si misura
dalla sua vastità o dalla grandezza
delle sue memorie: si ama e si vuole
in qualche maniera illustrato
sol perché è luogo natio."
- A. Tarducci -
Testi e immagini aggiornati alla data di pubblicazione di una guida turistica sono rari. 
E sono preziosi.

Il borgo medievale
Usciti dal castello per recarsi al centro storico si attraversa il Borghetto: un insieme di case tipicamente medievali caratterizzato da una struttura ad avvolgimento distesa sui fianchi della collina orientata verso il castello. Il Borgo sembra cristallizzato nel tempo, uno scorcio sul medioevo, incontaminato dal chiasso e dalla velocità della nostra epoca, tradito solo, discretamente, dai fili della corrente che corrono come lucertole da un palazzo all'altro. E' una poesia di pietra rossa e panna che va all'ingiù (o all'insù se lo si attraversa in senso contrario), immutato nei secoli accoglie e circonda il visitatore.

Il borgo medievale
Più in basso, seguendo il fiume, famiglie di papere e anatroccoli giocano, nuotano e pescano, ad avere le scarpe giuste ci si potrebbe avventurare per il sentiero dei folletti ma abbiamo solo buoni stomaci (cit.) perciò la gita termina con un'ottima polenta alla carbonara che il guanciale non lo ha mai visto: la carbonara infatti è semplicemente la catasta di legna sulla quale dondola il paiolo.
La carbonara e la polenta

domenica 14 ottobre 2018

Raymond Queneau - I fiori blu




Se I fiori blu è un libro intraducibile per Calvino è anche indescrivibile per chiunque.

Il solo modo per leggerlo e parlarne attraverso con la sospensione del giudizio critico, e la sospensione di ogni tipo di unità narrativa e temporale: il lettore deve solo salire sull'arca di Cidrolin, mollare le cime e lasciarsi trasportare dalla corrente soffermandosi sui giochi linguistici, le assonanze, le pedanterie, le astrusità dei discorsi, osservando gli esperimenti alchemici, i disegni rupestri, sorseggiando essenza di finocchio.
Il romanzo è un continuo di salti temporali, salti di pasto e salti di palo in frasca, aggrapparsi alla ragione non aiuta anzi, il filo della ragione ti tira giù sul fondo, tende a ricondurre a una bidimensionalità che tutto appiattisce, annebbia e confonde mentre sulla chiatta, mossi dalla corrente, sulle due sponde del fiume osserviamo a destra il duca d'Auge nei suoi viaggi e a manca Cidrolin nella sua noia, tra Don Chisciotte e Folantin, tra Cervantes e Huysmans se ne sta il lettore. Il racconto si fa sogno, il sogno si fa avventura, l'avventura codardia. Il racconto si fa anche parola e tra le righe affiora, come piuma e come ferro, la mano di Calvino che ha preso il testo di Queneau e lo ha tra-dotto, intro-dotto, trasportato in italiano e in Italia, una sfida che sarebbe stata impossibile per chiunque ma non per il giocoliere della prosa italiana che con maestria ed equilibrismo tiene in aria storia, parole e ironia.
Decine sono le interpretazioni per questa opera e decine ancora potrebbero essercene. Tutte valide e tutte sbagliate: psicanalitica, linguistica, storica, il sogno, la colpa, il cibo.
La sensazione costante di prenderla in quel posto.
Personalmente trovo curiosa l'ossessione per il cibo. Anzi, non proprio il cibo ma il pasto, il pasto dignitoso, possibilmente in compagnia. Cidrolin, sposata la figlia, paga una donna per tenergli pulta l'Arca e poi le chiede di condividere il pasto con lui. Cidrolin è un decadente che tra le pagine di Huysmans si troverebbe a suo agio meglio di Folantin: è annoiato, "paresseux", tormentato dall'idea di un pasto volgare e quando crede di raggiungere la soddisfazione nel desco... la prende in quel posto.
Cos'è dunque che distingue le sorti di Folantin e Cidrolin? La fantasia forse. Il surrealismo di un uomo che viaggia nella Francia e nel tempo e stravolge l'esistenza di chi gli si fa incontro, una furia di uomo che non ammette no in risposta circondato da un seguito brancaleonesco di soggetti sgangherati.


Fosse stato per me avrei lasciato il duca nel milleduecentosessantaquattro e avrei fatto retrocedere Cidrolin perché... perché a volte per andare avanti bisogna andare indietro, tornare, ricominciare, prendere strade diverse, rallentare. Non è mica male il milleduecentosessantaquattro, sono successe un sacco di belle cose, non ricordo quali ma sicuramente ci sono state.

sabato 13 ottobre 2018

Italo Calvino - Il cavaliere inesistente


Il cavaliere inesistente by Italo Calvino
My rating: 5 of 5 stars


Della trilogia degli Antenati di Calvino Il cavaliere inesistente è sicuramente il mio preferito.
Per il concetto di esistenza e non esistenza? Certo. Per la mancanza di compromessi? Può essere.
Un cavaliere che non è, un servo che non sa cosa essere, una donna che decide di essere ciò che vuole. La pura forza di volontà che si risolve in nulla, sfuma di fronte alla Storia, illusione. Il peso del lignaggio si sgretola tra dubbi di identità; io sono chi dico di essere, chi credo di essere o chi altri vogliono che sia? L'incertezza è totale.
Seguendo la più classica traccia della commedia il racconto si apre in una situazione di stasi per poi mettere tutto in discussione, dipanarsi in mille peripezie e trovare nuova stabilità, in mezzo il lettore ride, combatte, viaggia, si innamora. Al principio tutto è come deve essere per poi mutare, divenire, evolvere e tornare in equilibrio; come un funambolo che dinanzi al pubblico agita il suo ombrellino facendo credere al pubblico di poter cadere da un momento all'altro. Sul filo si agita apparentemente scomposto, rotea le braccia e il busto, il pubblico freme per lui presentendo lo schianto.
E invece non cade.

Così anche il racconto ritrova equilibrio e l'anomalia si dissolve.
La mia mappa. E' oscena vero? Beh, credo che Suor Teodora
non avrebbe saputo far di meglio


E poi c'è Carlo Magno, c'è battaglia, agnizione, c'è uno scriba e ci sono mappe... cioè ci sarebbero se fosse un'edizione illustrata e allora il lettore le mappe può disegnarsele da sé, io ci ho provato con risultati pessimi ma ciò che importa è divertirsi vero? E con Calvino ci si diverte di sicuro, Suor Teodora traghetta il lettore da una sponda all'altra del racconto con ingenua ironia ed è una delizia tutta da leggere, non si può descrivere; anche lei, ovviamente, non è chi è o meglio: talvolta lo è, tal altra no.

C'è una canzone di Baglioni che mi è tornata alla mente a ogni pagina di questo libro: Le vie dei colori: ha un testo che definirei calviniano almeno quanto è queneauiano, Ou.Li.Po. in musica insomma: pieno di allitterazioni, rimandi, leggerezza, pieno di terre e tempi lontani, cavalieri blu, rossi, bianchi (inesistenti?), costruito su una musica incalzante, immagini, allitterazioni e assonanze, concatenazioni di sillabe, giochi linguistici e ironia.

O bella mia
io vado via
e non ti porto con me
c'è un viaggio che
ognuno fa solo con sé
perché non è che si va vicino
perché un destino non ha...

Un mattone vuole esser casa
un mattino divenire chiesa
ed il matto che c'è in me
che si chiede che cos'è
vuole diventare qualche cosa...

E sarà una strada senza fine
sotto ad una spada o su una fune
a cercare il mio Far West
a trovare il Santo Graal
una corsa brada oltre il confine...

Una luce prenderò
per te là fuori
quando io camminerò
Le Vie Dei Colori...

Scalerò le rocce in mezzo al vento
sulle tracce di chi ha perso o vinto
vagherò la mia odissea
nella idea di te mia dea
tagliati le trecce e vai in convento...

Una voce prenderò
per te là fuori
quando io camminerò
Le Vie Dei Colori...

C'era un cavaliere
bianco e nero prigioniero
senza un sogno né un mistero
senza fede né eresia...
senza le ali di un destriero
senza le onde di un veliero...

Se la sorte rivolesse ciò che ho speso
io forte non sarei per il tuo peso
a volare in un rodeo
a valere nel torneo
della morte ed essere il tuo sposo...

Una pace prenderò
per te là fuori
quando io camminerò
Le Vie Dei Colori...

C'era un cavaliere
bianco e nero prigioniero
senza un posto né un sentiero
senza diavolo né Dio...
senza un cielo da sparviero
senza un grido di un guerriero...

Io ti lascio senza perderti
e ti perdo un po'
anche se poi
lasciarti è un po' perdermi...

O bella mia
o bella ciao
io sono via
con un pensiero di te immenso
e un nuovo senso di me...

C'era un cavaliere giallo
che rubò un cavallo alle scogliere
ed un cristallo alle miniere di un metrò
sulle ciminiere disegnò un castello di corallo
e al ballo tutto il quartiere andò...

C'era un cavaliere rosso
che salì sul dosso di bufere
sopra il fosso delle sere di città
dietro un cielo mosso di ringhiere dentro il mare grosso
di un braciere d'immensità...

C'era un cavaliere blu
che catturò la gioventù di primavere
che portò chimere in schiavitù
liberò le gru dalle lamiere di un cantiere
verso un campo di preghiere laggiù...

Dove arriverai anche tu
camminando Le Vie Dei Colori

... E adesso beccatevi il video. Sul cavaliere bianco e nero si è impappinato pure lui 😁😁😁




domenica 7 ottobre 2018

Sciascia e Falcone: la teoria e la pratica

Il giorno della civetta un giallo di facciata, il vero scopo è la denuncia, è mettere nero su bianco in letteratura la parola Mafia, è la denuncia di uno stato delle cose negato a tutti i livelli sociali: negato dai concittadini, negato dalle forze di polizia che riconducono i delitti a motivazioni passionali, negato dallo Stato e dal Parlamento.
Forse senza Sciascia la storia dell'antimafia sarebbe stata diversa e forse sarebbe stata diversa anche senza Al Capone ed Eliot Ness. Sciascia cita proprio gli americani tra i monologhi interiori del capitano Bellodi incaricato del caso, comandante della compagnia dei Carabinieri: "Qui bisognerebbe sorprendere la gente nel covo dell'inadempienza fiscale, come in America. (...) Bisognerebbe, di colpo, piombare sulle banche; mettere mani esperte nelle contabilità, generalmente a doppio fondo, delle grandi e delle piccole aziende; revisionare i catasti".

E Sciascia non indica solo il metodo di indagine ma anche il modo per condurre gli interrogatori e ottenere informazioni. Un modo intrinsecamente insulare che può essere applicato solo da un siciliano.
Dice don Mariano durante l'interrogatorio 
-"Ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità (...) la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i pigliainculo e i quaquaraqua. (...) Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo in croce, lei è un uomo.
- Io dunque non la offendo?
- No: lei è un uomo"
Ecco, io qui ci vedo, con più di venti anni di anticipo, il dialogo tra il giudice Falcone e Buscetta riportato in Cosa di cosa nostra: lo stile, il linguaggio ricco di simboli, la necessità di riconoscere nell'altro un uomo affinché possa fluire la comunicazione in modo efficace. Quello che trovo curioso è che Sciascia faccia interpretare la parte dell'inquisitore a un continentale, un parmigiano che in teoria non potrebbe comprendere la realtà e il linguaggio siciliano ma Bellodi è l'uomo fuori dal sistema siciliano che in Sicilia trova l'anomalia e, invece di sottovalutarla, la esalta e la persegue nonostante tutto gli sia contro.
In questa scelta "continentale" dell'investigatore risiede tutta la disillusione dell'autore di fronte a una realtà, quella siciliana, che a i suoi occhi non può essere risolta dall'interno.

Prima di Sciascia di opere letterarie sul tema della Mafia ce ne furono due soltanto ed entrambe ne sottolineavano il carattere folkloristico e il sentimento con atteggiamento quasi apologetico, con Sciascia la letteratura si fa denuncia, la parola Mafia entra, attraverso la letteratura, nelle indagini giudiziarie.

Leggere Il giorno della civetta dopo aver letto Cosa di Cosa Nostra è come fidanzarsi con una splendida donna e poi fare la conoscenza della sua bellissima madre: i due libri sono talmente legati tra di loro che mi viene da pensare che le teorie sulla mafia di Sciascia e su come avrebbe dovuto essere combattuta siano state di ispirazione anche per il giudice Falcone che le mise in pratica e indicò il metodo per indagare sulle organizzazioni mafiose e a delinquere. "Follow the money" era il detto divenuto famoso per il docu-film "Tutti gli uomini del presidente" che metteva in luce schemi di corruzione nelle alte e politiche sfere degli Stati Uniti, "Seguire i piccioli", scriveva Falcone: "Seguire le tracce che lasciano dietro di sé i grandi movimenti di denaro connessi alle attività criminali più lucrose è la strada maestra nelle investigazioni in materia di mafia, perché è quello che maggiormente consente agli inquirenti di costruire un reticolo di prove obiettive insuscettibili di distorsioni".

Nel libro Cosa di Cosa Nostra Falcone cita Sciascia cinque volte, la prima nell'epigrafe: "L'intera Sicilia è una dimensione fantastica. Come si fa a viverci senza immaginazione?" in seguito per l'idea della morte, per la razionalità propria dei siciliani e infine per lo scetticismo e per l'idea si Stato: 
"Mi rimane comunque una buona dose di scetticismo, non però alla maniera di Leonardo Sciascia, che sentiva il bisogno di Stato, ma nello Stato non aveva fiducia. Il mio scetticismo, piuttosto che una diffidenza sospettosa, è quel dubbio metodico che finisce col rinsaldare le convinzioni. Io credo nello Stato, e ritengo che sia proprio la mancanza di senso dello Stato, di Stato come valore interiorizzato, a generare quelle distorsioni presenti nell'animo siciliano: il dualismo tra società e Stato; il ripiegamento sulla famiglia, sul gruppo, sul clan; la ricerca di un alibi che permetta a ciascuno di vivere e lavorare in perfetta anomia, senza alcun riferimento a regole di vita collettiva. Che cosa se non il miscuglio di anomia e di violenza primitiva è all'origine della mafia? Quella mafia che essenzialmente, a pensarci bene, non è altro che espressione di un bisogno di ordine e quindi di Stato."

Sciascia narra un'ipotetico coinvolgimento di funzionari dello Stato e politici, la morte di Falcone lo porterà nelle aule dei tribunali.

Insomma, a mio parere Il giorno della civetta non è solo un romanzo e non è solo una denuncia: è una chiave per interpretare e combattere la criminalità organizzata che si chiami Mafia, Camorra o Roma Capitale, che siano campi coltivati o appalti o droga o sfruttamento, che colpiscano con la lupara o con i posti di lavoro: "piombare sulle banche; mettere mani esperte nelle contabilità, revisionare i catasti".

Posseggo un'edizione di Cose di Cosa Nostra del giugno 1992, mi si stringe il cuore, la prima edizione di questo libro è del novembre 1991 ed è il risultato di venti interviste della giornalista francese Marcelle Padovani nel corso del 1991, la giornalista lo conosceva da anni a grazie a un libro e un film, il primo edito da Gallimard, il secondo girato per Canal Plus. Una giornalista francese, un editore francese, una TV francese, il fatto che non siano italiani lascia aperte molte teorie: in Italia si desiderava proteggere Falcone o lo si desiderava nascondere? Non lo so. Falcone fu il primo a dimostrare con il Teorema Buscetta l'esistenza di un'organizzazione criminale diffusa e radicata in Sicilia (e a Roma) laddove si voleva vedere solo una serie di crimini più o meno efferati separati. Falcone ha dimostrato l'esistenza della Piovra e se ancora all'alba del 1992 qualcuno poteva ancora avere dubbi questi sono stati fugati il 23 maggio 1992 quando la stessa Cosa Nostra palesò in modo inequivocabile la propria esistenza.