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domenica 28 ottobre 2018

J.R.R. Tolkien - Racconti Incompiuti


Ce l'ho fatta! L'ho finito!
Yeeeeeeaaaahhhh!

Racconti Incompiuti di Tolkien non è un'opera che si legge tanto per: è un libro che si vuole leggere e portarlo a termine senza saltellare qua e là tra le pagine richiede un certo sforzo.
Perché?
Lo dice il titolo stesso: i racconti sono incompiuti e lasciano ahimé un senso di insoddisfazione: come andare a cena e fermarsi all'antipasto. La lettura dell'opera non è scorrevole in quanto ricchissima di note e rimandi all'SdA, allo Hobbit e al Silmarillon perciò se prevedete di leggerla assicuratevi di aver letto questi tre libri prima. Letto eh! I film non valgono! Ah, e assicuratevi di aver letto anche le varie appendici dell'SdA, soprattutto la A: gli annali dei re e dei governatori e tenete a portata di mano la B, la C e la E.
Di fatto è un libro scritto a de mani: Christopher Tolkien, figlio del Maestro e curatore di tutte le sue opere postume, riempie la metà delle pagine per ampliare quanto lasciato incompiuto dal padre: è un lavoro filologico certosino che obbliga il lettore alla continua consultazione di note e appendici. Il grosso difetto a mio parere è che le note sono poste dopo i vari capitoli cui si riferiscono, è una scelta che trovo faticosa per il lettore, se fossero a pie' di pagina sarebbe più scorrevole ma non ho capito se questa scelta è del curatore o della Bompiani.
Ammetto di aver faticato a portare a termine la prima parte dedicata alla Prima Era: Tuor e Turin non sono tra i miei personaggi preferiti, non lo erano nemmeno durante la lettura del Silmarillon.
Molto, molto, molto più interessanti sono i racconti della Seconda Era dedicati a Numenor: di questa isola, della sua geografia, tradizioni e popolazione questa è praticamente l'unica fonte compiuta, troppo lungo e ripetitivo è invece il racconto della Moglie del Marinaio, non stupisce che sia stato abbandonato. Anche la storia di Galadriel e Celeborn fornisce utilissime informazioni e curiosità, soprattutto sul carattere e sui pensieri di Galadriel, personaggio che personalmente mi incanta, curioso il fatto che viene narrato a proposito della sua chioma d'oro e d'argento: si dice che fosse di impareggiabile bellezza e che alla richiesta di Feanor di donargliene una ciocca dei suoi capelli lei abbia risposto per tre volte con un rifiuto. Rifiuto che invece non oppose al nano Gimli in partenza da Lorien.

Infine di grande interesse sono i racconti sulla Terza Era: gli ultimi giorni di Isildur prima di Campi Iridati e i racconti di Gandalf sulla formazione della prima compagnia, quella dello Hobbit e curiosità vere e proprie sui Druedain, sugli Istari e sui Palantiri che altrove non si trovano.

Non è dunque un'opera imprescindibile ma è un tesoro prezioso per gli amanti della Terra di Mezzo.

Nerdissssssssimo. 

domenica 29 ottobre 2017

Leggere i classici - un lavoro a ritroso perdendosi in chiocciole

Ricordo quando alle superiori per introdurre lo studio di una nuova opera il prof si soffermava sulla biografia dell'autore o. Un senso ce l'aveva anche se veniva spesso fatto in modo nozionistico in un susseguirsi di date, eventi, nomi apparentemente senza senso.

Nato il, morto il, sposò Tizia, visse a, fu amico di... e le teste ciondolavano, gli occhi si appannavano.

Ricordi il Manzoni? era figlio di Giulia Beccaria (figlia di quel Beccaria di Dei delitti e delle pene), Giulia si separò da Pietro Manzoni molto presto e Alessandro fu cresciuto dal padre e dalle sette zie zitelle (no, non single, allora erano proprio zitelle)in scuole religiose mentre la madre viveva a Parigi con Carlo Imbonati.

A diciannove anni raggiunge la madre a Parigi e nel suo circolo intellettuale viene a contatto con intellettuali antinapoleonici , gli Ideologi, che tra i vari insegnamenti lo esortano al massimo rigore storico anche in letteratura (come si vedrà ne I promessi sposi e altre opere a carattere storico come l'Adelchi) e a un profondo rigore morale, vicini al pensiero giansenista che vuole che solo la Grazia possa salvare l'Uomo la cui natura è corrotta.

L'educazione strettamente cattolica gli fa ripudiare la religione tanto da sposare civilmente in Municipio la calvinista Enrichetta Blondel. salvo poi annotare sul contratto matrimoniale che i loro figli dovranno essere educati alla religione cattolica. Proprio la nascita dei figli e il dover provvedere alla loro formazione lo farà riavvicinare alla religione ma attraverso il giansenismo che teorizzava che la storia fosse un ammasso irrazionale di fatti disciplinati solo dalla Provvidenza a un fine buono.

Ed eccola qui la Provvidenza de I promessi sposi spiegata in spiccioli.

Non conoscere le vite degli autori, il periodo storico e filosofico in cui si inseriscono è come mangiare Fonzies e non leccarsi le dita: si gode solo a metà.

Up & Down MC Escher
Prendiamo a esempio l'opera di Jane Austen: la maggior parte dei lettori apprezza Orgoglio e Pregiudizio perché è onestamente semplice e risulta fruibile e godibile per il suo contenuto anche con una conoscenza appena sufficiente del contesto storico e sociale dell'autrice. Della stessa autrice invece L'abbazia di Nothanger è tra i meno graditi, questo perché magari non lo si riesce a inserire pienamente nel contesto letterario dell'epoca, non si conosce molto la letteratura gotica e le sue relazioni con l'altra faccia del Settecento, quella del Classicismo della luce, della ragione, dell'industrializzazione. Questo eccesso di simmetria e ragione tendeva a nascondere e rinnegare l'altro aspetto della natura umana, quello oscuro, quello del dubbio, della paura e soprattutto se ne avvertiva oramai la lontananza, se non la contrapposizione, con ciò che si avvertiva come naturale. La lettura di un'opera come Northanger Abbey perde tutto il suo fascino se non relazionata con la lettura di romanzi gotici del tardo Settecento di cui è parodia.


Leggere un classico è un'azione al contrario, un continuo sviscerare, andare a ritroso, scavare, trovare filoni, seguirli per poi tornare in superficie così magari dal gotico inglese della seconda metà del XVIII secolo si può passare al Jekyll e Hyde di Stevenson o allo Sherlock di Doyle scoprendo che il dualismo esteriore Classicismo-Gotico viene riportato all'interno dell'uomo con la narrazione dello sdoppiamento tra bene e male che risiedono contemporaneamente e naturalmente nell'uomo, dai clichés del gotico fatto di architetture verticali, violenze e giovani donne vittime di uomini mostruosi alla realtà di un gotico sociale che anche attraverso l'educazione che relega la donna a un ruolo di secondo piano denunciato dalla Austen nei suoi scritti, donne tenute nell'ignoranza e limitate perché, a detta degli uomini, sono più facili prede delle passioni contrariamente agli uomini che anelano alla razionalità.

Il Classicismo si impone come guida laddove filosofia e credo incoraggiano all'assenza di passioni, l'apatia stoica viene spacciata come "liberazione" dalle passioni, atarassia, rinuncia classicista al futile, strettamente legate al concetto esasperato di Provvidenza: il "tutto è come deve essere, ogni evento è teso verso il bene (perciò perché crucciarsi?)" dei giansenisti manzoniani si fonde con il "tutto è bene nel migliore dei mondi possibili" che Voltaire mette in bocca a Candide ironizzando il pensiero di Leibnitz.

Ed ecco il pericolo nascosto dell'andare a ritroso: si finisce dentro una chiocciola come un gatto curioso che si infila nei buchi. Ci si ritrova incastrati in cunicoli sempre più stretti e sempre più correlati tra loro e attorcigliati al punto che si fa una gran fatica a ritrovare la strada di ritorno: da un parte le due estremità del filo, dall'altra questa enorme matassa di lana attorcigliata in cui rischiamo di rimanere avvolti.

Prendendo Manzoni da un lato e Jane Austen dall'altro come punti di partenza attraverso innumerevoli giri, cunicoli, strettoie, nodi, si può giungere al giansenismo e al concetto di Provvidenza passando per Voltaire, Leibnitz, l'architettura classicheggiante, una manciata di castelli e abbazie, doppelgänger...

Ancora la matassa però non si è sciolta... come faccio a districare il filo attorcigliato su se stesso?

Mi sono ormai posta come principio quello di trovare un legame tra il giansenismo manzoniano e l'anglicanesimo della Austen e in qualche modo devo trovarlo.

Di Credo in Credo allora trovo la connessione nella Provvidenza, dopotutto giansenismo manzoniano e provvidenza anglicana risentono entrambi della predeterminazione calvinista.

In Jane Austen l'happy ending è raramente il risultato dell'azione diretta delle sue eroine, la Provvidenza è infatti la forma in cui l'autore interviene.

In Mansfield Park nel momento esatto in cui era naturale che fosse e non una settimana prima Edmund cessò di interessarsi a Miss Crawford e divenne tanto ansioso di sposare Fanny quanto Fanny desiderava. Così. Perché era predeterminato altrove che così fosse.

In Persuasione la Austen esplora invece la distanza tra le azioni umane e gli ordini superiori della Provvidenza attraverso le opportunità perdute e gli incontri mancati. Tutto il libro è un susseguirsi di occasioni sfuggite fino alla soluzione finale dell'intreccio a opera della Provvidenza utilizzata come Deus ex machina.

Salacadula magicabula bibidibobidi BU!
Con la Provvidenza sistemiam quel che vuoi tu!

Sono tornata al problema della chiocciola. Parti da un punto e non sai mai dove arrivi e soprattutto se riuscirai a tornare indietro ripercorrendo la stessa strada o se ne troverai sempre di nuove. Come Pollicino dovrei lasciarmi sassolini dietro ma la mia natura gattesca prende il sopravvento e non resisto a infilare il muso in un nuovo buco.

E' la magia dei classici!

Ogni rilettura può portare a nuovi percorsi da seguire e ogni percorso si biforca e ancora, ancora e ancora...

E' la tana del Bianconiglio!

Certo meglio sarebbe e più ordinato seguire un filone per volta fino a esaurimento, meno stancante e probabilmente più utile alla finale comprensione delle opere.

Tutto questo sproloquio abbastanza senza senso per dire che non si finisce mai di leggere un classico, o piuttosto decidiamo noi quando è ora di smettere, di mettere la parola fine alla ricerca e può essere perché dopo tanti cunicoli ci si è persi (ma quanto è bello e desiderabile perdersi...) oppure perché si è trovato ciò che si cercava e a quel punto meglio tornare indietro possibilmente seguendo i sassolini che ci siamo lasciati alle spalle.