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sabato 28 aprile 2018

Silenzi e voci. Le illustri assenti nella letteratura, le donne


Martedì 10 aprile si è tenuto l'undicesimo appuntamento della rassegna di arte, cultura e narrativa “Impronte Femminili” curata da Sara Cucchiarini, componente della commissione pari opportunità della Regione Marche. La rassegna vede la collaborazione di otto comuni della Provincia di Pesaro e Urbino con Fano come ente capofila.
L'assessora Pari Opportunità di Fano Marina Bargnesi ha introdotto le protagoniste del dialogo letterario: Maura Maioli, insegnante e scrittrice fanese e Anya Pellegrin, vincitrice dell'edizione 2017 del premio Valeria Solesin con la tesi “Stamping a Tiny Foot Against God” (titolo che deriva dalla critica mossa alla Woolf da un certo poeta britannico Theodore Roethke di cui, tra l'altro, molto poco ci è noto a parte la sua ironia sulla scrittura femminile).
La serata prende spunto dal testo di Virginia Woolf del 1929 "Una stanza tutta per sé" in cui la scrittrice pone come condizioni indispensabili alla scrittura una rendita annuale che copra le spese quotidiane e un luogo privato in cui potersi dedicare all'arte.

Attenzione: questa non è una relazione sulla serata, non vuole essere una recensione né un articolo, sono per il momento appunti di lettura: gli spunti di lettura consegnatici sono così tanti e così interessanti che non potevo lasciarli inoperosi accantonandoli tra le scartoffie delle conferenze cui partecipo. Rimeditando si allunga prepotentemente la lista dei libri in lista dei desideri... Toccherà trovare un secondo lavoro per poterli acquistare tutti.

Maura
Apre la conversazione letteraria sottolineando come la scrittura non possa prescindere dall'emancipazione e dall'istruzione e come l'istruzione nutra l'emancipazione femminile rendendola possibile attraverso la scrittura.
Nel 1816 una donna di diciannove anni è in fuga con il suo amante attraverso le Alpi, il cattivo tempo li costringe a fermarsi e in un rifugio e iniziano a raccontarsi storie di fantasia. Poco dopo il loro amico comune Lord Byron li inviterà a sfidarsi a chi scriverà la miglior storia di paura. La diciannovenne si chiama Mary Shelley e in poco tempo darà alle stampe Frankenstein.
Mary Shelley è lo stereotipo della donna che ha tutto ciò che serve per emanciparsi: è colta, facoltosa, figlia della filosofa proto-femminista Mary Wollstonecraft, e del filosofo politico William Godwin ed è tutto ciò che la Woolf forse avrebbe voluto essere perché, tornando al tema della rendita c'è bisogno di "penny da spendere per la amenità; in pernici e vino, bidelli e prati curati, libri e sigari, biblioteche e divertimenti". 
E tornando al tema della stanza per sé la Maioli cita un'intervista alla scrittrice Rosetta Loy che da ragazza (ha iniziato a scrivere a nove anni) scriveva nella stanza comune dove faceva i compiti insieme alle sorelle, da sposata scriveva sul tavolo da pranzo; per alcuni anni, con i figli piccoli, scrivere era stato per lei un miraggio (e forse è per questo che la sua prima pubblicazione è del 1974 quando aveva 43 anni).
Donatella di Pietrantonio invece, vincitrice del Premio Campiello 2017 con il romanzo L'Arminuta e dentista di professione, ricordava in un'intervista il disagio quando si ritrovò a confessare a suo padre la sua inclinazione per la scrittura.
Perché per secoli, e tutt'oggi, per una donna scrivere deve restare solo un passatempo nel migliore dei casi, l'importante è che non distragga troppo dai doveri quotidiani.

Intanto Anya e Maura sorridono ricordando il loro incontro e la prima chiacchierata che le ha trovate lettrici delle stesse opere e degli stessi temi.
Opere come "Leggere Lolita a Teheran" di Azar Nafisi, docente alla Johns Hopkins University, ex professoressa di letteratura presso l'Università di Teheran. Nel 1995 si licenzia dall'Università di Teheran e invita sette tra le sue studentesse migliori a seguire lezioni-dibattito private a casa sua ogni giovedì mattina con lo scopo di rileggere e interpretare opere controverse della letteratura come Lolita o Madame Bovary in chiave iraniana. Nelle pagine finali del libro si dice convinta della necessità di aggiungere alla lista dei diritti umani anche il "diritto all'immaginazione".
Infine viene citata Jane Austen. Scrive anche lei, come la Loy, in salotto. Descritte dalla Nafisi le donne di Orgoglio e Pregiudizio rivendicano una scelta, la scelta: c'è una donna che dice "no". E' inoltre un romanzo che vede la compresenza di più voci, le tensioni si creano e si risolvono attraverso il dialogo in una polifonia di voci che denota una struttura sostanzialmente democratica, c'è infatti abbastanza spazio per coppie di opposti senza che cerchino di eliminarsi a vicenda.
In questo risiede la pericolosità della Austen.
E la Austen oggi fa parte del Canone.

Ma...

Anya
Anya risponde proponendo la figura di Toni Morrison, Nobel per la letteratura nel 1993, donna, di colore, fu accusata di scrivere per un pubblico di colore... come se le persone di colore scrivessero solo per le altre persone di colore, le donne per le donne e gli uomini per tutti (???). La Morrison nelle sue opere parla di sesso e di violenza sessuale. Quando ha iniziato a scrivere di sesso le donne non parlavano né parlavano di sessualità femminile: le donne erano madri o mamy o puttane, mai donne che facevano sesso. La Morrison finalmente dà corpo alle donne, dà loro un corpo, spesso schiavo e posseduto, altre volte liberato, riconquistato con stupore e ironia.

La consapevolezza di sé emancipa così come la lettura emancipa il lettore.

Chi legge si riconosce e scopre se stesso.
Chi legge e non si riconosce scopre l'empatia.

Credo che queste ultime due frasi siano tra le cose più vere che abbia mai sentito sulla lettura: leggere non è solo un mezzo per accrescere il proprio livello culturale, non è qualcosa che dobbiamo fare per gli altri, per un numero, per un diploma, è qualcosa che possiamo fare per noi stessi, per crescere, conoscerci e conoscere meglio gli altri. Leggere può consegnarci il libretto di istruzioni per questa vita.

Maura
Le donne vengono in genere considerate le grandi assenti della letteratura ma in verità donne scrittrici ci sono sempre state, basti pensare a scrittrici come Christine de Pizan o Eleonora d'Aquitania o Maria di Francia e non solo in Francia: anche nelle Marche nel Cinquecento si sono segnalate illustri scrittrici e letterate (magari ci tornerò in un secondo momento).
Le donne dunque hanno sempre scritto molto ma ben poco è stato conservato, pochissimo, perché la conservazione è legata al concetto di canonizzazione.

Con il canone si celebra o si condanna al silenzio.

E il Canone è stabilito dall'autorità che di solito è MALE e WHITE: maschio e bianco.

Tariq Ali, in una conferenza alla facoltà di studi economici di Londra si chiese chi decidesse cosa leggere e cosa leggeremo. La risposta fu in realtà doppia: il premio Nobel per la Letteratura e il New York Times Book Review.
Qui di seguito il video di YouTube in cui si può trovare la conferenza, al minuto 13 parla del premio Nobel. La conferenza è totalmente godibile anche da chi non ha grandissima padronanza della lingua inglese in quanto Ali è un pachistano che parla un delizioso e comprensibilissimo inglese. 




Dunque male e white, maschio e uomo.
Se si prende uno dei testi di storia della letteratura italiana più in uso nelle scuole, il Baldi, nella parte dedicata alla letteratura contemporanea si trovano tre scrittrici: Amalia Rosselli e Ada Merini, poetesse ed Elsa Morante. Sempre nello stesso gruppo viene annoverato, tra gli scrittori, Enrico Brizzi... quello di Jack Frusciante è Uscito dal gruppo che sicuramente è una lettura piacevole ma è anche degna di trovarsi nelle antologie di letteratura italiana? Più della Deledda? Più della Ginzburg? A proposito... per curiosità ho passato in rassegna la mia sezione di letteratura italiana per vedere quali fossero le autrici contenute, con rammarico devo ammettere che sono solo ...: Deledda, Fallaci, Ginzburg e Morante. Nella stessa sezione includo anche la Levi-Montalcini e la Hack ma non le definirei proprio scrittrici, più saggiste.
Mea Culpa!

Il nostro infine si può definire un tempo di recuperi femminili.

L'orma Editore sta per esempio ripubblicando le opere di Annie Ernaux (no, non faccio finta di conoscerla, confesso l'ignoranza). La Adelphi sta pubblicando invece le opere di Irène Némirovsky, ebrea ucraina stabilitasi in Francia, scriveva in francese tra gli anni Venti e Quaranta, morì ad Auschwitz nel '42.
Da questi due recuperi si possono trarre due insegnamenti:
- la buona letteratura sa resistere al tempo e alla dimenticanza
- La resilienza come valore nell'esilio, e per una donna l'esilio è duplice.

Anya
La parola Canone nasce con accezione religiosa e forse restano tracce di questo sentimento religioso anche nel canone laico.
Nel 1994 Harold Bloom pubblica Il Canone Occidentale, tra i ventisei autori citati compaiono solo quattro donne: Austen, Eliot, Dickinson e Woolf; nella letteratura italiana contemporanea su ventuno autori solo una, la Ginzburg, è donna.
PS: al minuto 18 del video sopra pubblicato Tariq Ali critica con ironia il critico Bloom per la sua introduzione al Don Chisciotte di Cervantes.
PPS: Bloom nel suo saggio cita Shelley ma solo il poeta Percy Bisshe, non Mary.

Secondo il CANONE le donne praticamente non scrivono.

Quando Charlotte Bronte chiese in una lettera al poeta Robert Southey un parere sulle sue poesie questo rispose che "La letteratura non può essere l'occupazione di una donna e non dovrebbe esserlo. Più sarà coinvolta nei propri compiti e meno tempo libero avrà per essa, nemmeno come piacere." A questo link si può trovare la copia della cortese lettera del grande poeta. Charlotte Bronte dapprima si abbatte, in seguito scriverà Jane Eyre.
E devo purtroppo ricordare come la Woolf nel suo saggio sottolinei il rancore e la rabbia celata dietro lo scritto della Bronte come un grosso difetto che influisce negativamente sul valore letterario dell'opera.

Ma allora queste donne sono silenziose o silenziate?
Aphra Behn, la prima donna al mondo a vivere asclusivamente della sua scrittura, è totalmente assente dalle Antologie. Eppure è la prima scrittrice di professione. Bisessuale, accusata di spionaggio, di libertinaggio viene ricordata come colei che ha inventato il genere del romanzo moderno. E' sepolta in Westminster Abbey ma non nel Poet's Corner, da viva era apprezzata e amata, una volta morta fu ritenuta oscena e accantonata, esclusa dalle stanze dorate della letteratura.
Virginia Woolf dice che "tutte le donne insieme dovrebbero cospargere di fiori la sua tomba".
Altra donna silenziata è Elizabeth Gaskell che descrisse l'Inghilterra vittoriana negli stessi anni di Dickens, ed è inoltre la prima biografa di Charlotte Bronte. Il suo romanzo più rappresentativo, North and South, fu tradotto in italiano solo nel 2011.
Mary Shelley, come Aphra Behn, ebbe gran successo in vita e fu molto prolifica ma le sue opere vengono pubblicate solo perché è la moglie di, la sua prima biografia ufficiale uscirà solo negli anni Ottanta e tutt'ora in Italia viene snobbata considerando che la maggior parte delle sue opere non è tradotta.

Maura
In North and South della Gaskell si ritrova la narrazione delle prime lotte operaie e, soprattutto, la soluzione attraverso la cooperazione, la collaborazione.
Il conflitto viene risolto dalla Gaskell attraverso il dialogo, come nei libri della Austen.
Shelley, Austen, Gaskell, Eliot "scrivono come scrivono le donne" dice la Woolf.
Ma dunque ci sono differenze tra la scrittura femminile e quella maschile? Il punto non è riuscire a indovinare alla lettura se l'autore sia uomo o donna infatti uno dei più grandi autori del secolo passato, Marcel Proust, ha una scrittura del tutto androgina.

Toni Morton pensa che la letteratura del Novecento si distingua per il male: "sono atterrita di fronte all'attenzione che il respiro del male suscita"
Evil has a vivid speech (il Male ha un eloquio vivido), Good bites its tongue (il Bene invece si morde la lingua).
E allora sarà Toni Morrison a dare voce al Bene, il Bene che ha la facoltà di illuminare la domanda morale.

Anya

Dopo un momento psicologicamente pesante in cui Maura ci ha parlato del Male e della sua presenza nella letteratura del Novecento è bello ascoltare dalla voce di Anya le parole di Svetlana Alexievich, giornalista, reporter di guerra che ha raccontato dell'Afganistan, di Chernobyl e dei suicidi dopo la caduta dell'URSS. 
Anya cita il discorso per la consenga del Nobel che si trova integrale e tradotto in italiano a questo Link:

"Ho tre case: la mia terra bielorussa, la patria di mio padre dove ho vissuto tutta la vita; l'Ucraina, la patria di mia madre, dove sono nata; e la grande cultura russa, senza la quale non riesco a immaginarmi. Tutte mi sono molte care. Ma in quest'epoca, è difficile parlare d'amore"

Purtroppo assenti, di fronte a una platea ancora troppo femminile, l'assessore ai servizi educativi e alle biblioteche del Comune di Fano Samuele Mascarin e il vicesindaco assessore con delega alla cultura Stefano Marchegiani, l'assenza di esponenti maschili della politica locale in una serata così importante per la scrittura femminile, sottolinea purtroppo ancora come non siano in realtà le donne a essere silenziose quanto gli uomini a non prestare ancora la dovuta attenzione.

sabato 14 aprile 2018

Come muoiono le Puttane?

Il Bacio - Henri-Toulouse Lautrec
Come muoiono le puttane?

Potrei scrivere causticamente "male" e fermarmi qui.
Invece no; parafrasando il buon vecchio Tyrion Lannister che si chiedeva dove vanno le puttane io mi chiedo come muoiano... per lo meno quelle della letteratura e vediamo se riesco a dare un'idea con gli esempi di Zola, Dumas padre e figlio, Laclos, Sue e Austen.

E per puttane in realtà non intendo solo quelle che letteralmente esercitano il mestiere dietro compenso ma in generale quelle che tradiscono la moralità a favore di un guadagno che sia esso economico (Nana, Margherita Gautier, la Goualeuse), sociale (Mercédès Herrera) o narcisistico (Marchesa de Merteuil, la duchessa della Castellana di Vergy, Lady Susan)

Nanà - Emile Zola
Nana - Edouard Manet
Si parte da Nana di Zola, la puttana fresca se così si può dire, quella di più recente lettura e che ha scatenato la curiosità del titolo.
Nata e cresciuta nel fango trova la gloria grazie alla sua fisicità dirompente e alla totale dissolutezza. Quel fango, quella putredine come ama chiamarla Zola, Nana la spargerà in tutti i meandri dell'alta società parigina: banchieri, nobili, ereditieri, giornalisti, impresari. Tutto verrà lordato dalle sue perfette mani sottili e nella sua morte, come scrive Zola "Sembrava che il veleno preso nei rigagnoli, sulle carogne, quel fermento col quale aveva avvelenato un popolo, le fosse risalito fino al volto, e glielo avesse imputridito."
"Una vivida luce rischiarò bruscamente il viso della morta. Lo spettacolo era orribile. Tutte fremettero e fuggirono. (...) Nanà restò sola, col viso all'aria, nel chiarore della candela. Era un carnaio, un ammasso di pus e di sangue, una palettata di carne marcia, buttata là, su un cuscino. Le pustole avevano invaso tutto il volto, i bubboni si toccavano l'uno con l'altro, e, avvizziti, disfatti, grigiastri come il fango, sembravano già una muffa della terra, su quella poltiglia informe, nella quale non si distinguevano più i lineamenti. Un occhio, il sinistro, era completamente sparito nel gonfiore della purulenza, l'altro, semiaperto, s'incavava come un buco nero e marcio. Il naso suppurava ancora. Una crosta rossastra partiva da una guancia, e invadeva la bocca, che tirava in un riso orrendo. E, su quella maschera spaventevole e grottesca del nulla, i capelli, i bei capelli, conservavano il loro fiammeggiare di sole, e si spargevano in un'onda d'oro. Venere si decomponeva. Sembrava che il veleno preso nei rigagnoli, sulle carogne, quel fermento col quale aveva avvelenato un popolo, le fosse risalito fino al volto, e glielo avesse imputridito."

Ricorda niente?
Mi spiace caro Zola ma hai scopiazzato barbaramente Choderlos de Laclos aggiungendo solo pedanteria.

La Marchesa de Merteuil - Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos - Le relazioni pericolose
Glenn Close interpreta la Marchesa
Sfrenata libertina (quanto detesto questa parola), animata dal desiderio di vendetta ordirà le sue trame per gettare nel fango la casta Cécile de Volanges e convincerà il suo attuale amante a sedurla e svergognarla.
L'intento di Choderlos de Laclos è quello di scrivere un'opera morale, come lui stesso ammette nella prefazione "Mi sembra che sia perlomeno un servizio reso alla moralità lo svelare i mezzi usati dai dissoluti per corrompere coloro che hanno buoni costumi" e serberà per la sua protagonista la più terribile delle punizioni: il vaiolo

"CLXXV • M.ME DE VOLANGES A M.ME DE ROSEMONDE
La sorte di Mme de Merteuil sembra compiuta, mia cara e degna amica, ed è tale che i suoi più accaniti nemici sono divisi tra l'indignazione che merita e la pietà che ispira. Avevo ben ragione di dire che sarebbe stata una fortuna per lei morire di vaiolo. i: guarita, è vero, ma è rimasta spaventosamente sfigurata; inoltre ha perso un occhio. Come potete immaginare non l'ho vista, ma mi hanno detto che è repellente.
La Marchesa di S... che non perde mai un'occasione per dire qualche malignità, diceva, ieri, parlando di lei, che la malattia l'ha come rovesciata e che adesso ha l'anima sul volto. E purtroppo tutti han trovato che l'espressione era giusta."

Diverso trattamento avranno altre prostitute celebri dell'ottocento francese, più comprensivo, compassionevole

Margherita Gautier - Alexandre Dumas figlio - La signora delle camelie
Margherita secondo Charles Chaplin
Le ultime ore della prostituta più famosa della letteratura francese e dell'Opera Italiana sono descritte da Julie Duprat con tenerezza e compassione in una lettera destinata all'amato di Margherita, Armand.
"20 febbraio, alle cinque della sera. "Tutto è finito. Marguerite è entrata in agonia questa notte verso le due. Nessun martire ha mai sofferto simili torture, a giudicare dalle grida che emetteva. Due o tre volte si è alzata sul letto, come se volesse riprendere la vita che saliva verso Dio. Due o tre volte ha anche pronunciato il vostro nome, poi tutto è stato silenzio, ed ella è ricaduta sfinita sul letto. Lacrime silenziose le sgorgavano dagli occhi, ed è morta. Allora mi sono avvicinata a lei, l'ho chiamata, e poiché non mi rispondeva, le ho chiuso gli occhi e l'ho baciata sulla fronte. 'Povera cara Marguerite, avrei voluto essere una santa, affinché il mio bacio potesse raccomandarti a Dio'. Poi, l'ho vestita come mi aveva pregato, sono andata a cercare un prete a Saint-Roch, ho acceso dei ceri per lei, e ho pregato in chiesa per un'ora. Ho dato ai poveri un po' del suo denaro. Non mi intendo molto di religione, ma penso che il buon Dio riconoscerà che le mie lacrime erano vere, la mia preghiera fervida, la mia elemosina sincera, e che avrà pietà di colei che, morta giovane e bella, non ebbe altri che me per chiuderle gli occhi e seppellirla".

Margherita era una prostituta sì, viveva mantenuta dai soldi dei suoi amanti sì ma era generosa e di buon cuore e quando il padre di Armand si reca da lei per chiederle di lasciarlo per non compromettere le future nozze della sorella di Armand anteporrà il futuro radioso della giovane sconosciuta al proprio interesse e accetterà il martirio dell'abbandono. 
Giuseppe Verdi e il suo librettista Francesco Maria Piave sapranno rendere l'incontro tra margherita/Violetta e il padre di Armand con una rara dolcezza, qui resa viva dalla voce divina della Callas.

La Goualeuse - Eugène Sue - I misteri di Parigi
Fleur de Marie - Trimolet 
Fleur de Marie è una giovane donna, prostituta per necessità, salvata dal protagonista Rodolphe (non svelo troppo nel caso qualcuno non avesse ancora letto il libro). Di lei si innamorerà un giovane nobile e quando ormai tutto è programmato per il matrimonio fuggirà in convento e prenderà i voti per non infangare il nome del suo amato.
Fleur de Marie morirà due volte: una per il mondo e una nel Signore.
"Il 13 gennaio - Rodolphe a Clémence.
Il 13 gennaio... anniversario ormai doppiamente sinistro!!!
Amica... l'abbiamo persa per sempre!
E' finite... è finita!
(...)
Infatti... mia figlia è morta per noi... morta, capite. Da oggi, Clémence... dovrete portare il lutto in cuor vostro per lei (...). Che la nostra figliola sia sepolta sotto il marmo di una tomba o sotto la volta d'un chiostro... per noi... che differenza fa?"
E poco dopo
"Mio buon padre... perdono... anche a Henri... alla mia buona madre... perdono"
"Furono le sue ultime parole. Dopo un'ora d'agonia, per così dire serena... rese l'anima a Dio"

Mercédès Herrera - Alexandre Dumas - Il Conte di Montecristo
Mercedes ed Edmond - Depardieu Muti
L'amata di Edmond Dantes non dovrebbe trovarsi in un elenco di prostitute eppure non posso fare a meno di considerarla una traditrice, una donna che per garantirsi sicurezza sociale si sposa senza amore. Cosa avrebbe dovuto fare? Struggersi per sempre nel ricordo del suo vecchio amore? Per sempre magari no ma per un po' più di tempo sì.
Al termine del romanzo Mercédès morirà per il mondo ritirandosi nella casa di Marsiglia che un tempo era appartenuta al padre di Dantes, la sua identità resterà da quel momento un segreto tra Dio, Edmond e Mércèdes.
"Se vi dicessi che vivrò in questo paese come la Mercedes di una volta, lavorando, non lo credereste; io non sono più atta che a pregare, e non ho bisogno di lavorare: il piccolo tesoro sepolto da voi si ritrovò al posto indicato. Si domanderà chi sono io, si vorrà sapere che cosa faccio, non si saprà come vivo... Che importa?
Questo è un segreto fra Dio, voi e me."
"Mercedes" disse il conte, "io non ve ne faccio rimprovero, ma avete esagerato il sacrificio, abbandonando tutta la sostanza del signor Morcerf, la cui metà vi apparteneva di diritto per la vostra parsimonia e previdenza."
"Vedo ciò che volete proporre, ma non posso accettare; mio figlio me lo proibirebbe."
"Mi guarderò bene dal fare per voi alcuna cosa che non avesse l'approvazione di Alberto. Io saprò le sue intenzioni, e mi vi sottometterò. Ma se egli accetta ciò che voglio fare, lo imiterete senza esitazioni?"
"Voi sapete, Edmondo, che non sono più una creatura pensante, io non ho alcuna determinazione. Dio mi ha talmente scossa che ho perduto la volontà. Sono fra le sue mani, come passero fra gli artigli dell'aquila. Egli non vuole che io muoia, poiché vivo. Se mi manderà soccorsi, è segno che lo vorrà, ed io li prenderò."
"Badate, signora" disse Montecristo, "che Dio non va adorato così. Egli vuole essere compreso, vuole che si conosca la sua possenza, e per questo ci ha dato libero arbitrio."
"Ah crudele!" gridò Mercedes. "Non mi parlate così, lasciatemi l'illusione di non avere libero arbitrio! Se no, che mi resterebbe per salvarmi dalla disperazione?"
Montecristo impallidì leggermente, e abbassò la testa oppressa dalla veemenza del dolore.
"Non volete rivedermi?" disse, stendendole la mano.
"Al contrario, vi rivedrò" replicò Mercedes, mostrandogli solennemente il cielo. "Questo è un provarvi che spero ancora."
E dopo aver stretto con mano tremante quella del conte, Mercedes corse all'interno della casa , e sparì dalla sua vista.
Montecristo uscì con passo lento da quella casa, e prese la strada del porto. Ma Mercedes non lo vide allontanarsi, quantunque fosse alla finestra della piccola camera del padre di Dantès, i suoi occhi cercavano lontano il bastimento che trasportava suo figlio verso il mare. É però vero che la voce, suo malgrado, mormorava sommessamente: "Edmondo, Edmondo, Edmondo..."
Il conte era uscito con l'animo oppresso da quella casa, dove, secondo tutte le probabilità, lasciava Mercedes per non rivederla mai più."

La castellana di Vergy
Ciclo di affreschi Palazzo Davanzati
La duchessa de La castellana di Vergy è una delle prime tiranne della letteratura romanza, si invaghisce del bel cavaliere Guglielmo, vassallo del duca e innamorato della castellana, a causa delle macchinazioni della duchessa moriranno tutti tranne il duca che partirà invece per una crociata e la fine della donna è così narrata nella traduzione italiana: 
"La ragazza si precipitò fuori appena vide i due corpi senza vita: quel che ha visto le fa orrore. Ha incontrato il duca e gli ha detto ciò che gha sentito e visto, non ha taciuto niente: come la storia è cominciata e anche del cagnolino addestrato di cui aveva parlato la duchessa. Ecco che il duca è fuori di sé! Entra subito in camera; estrae dal petto del cavaliere la spada con cui si è ucciso. Di corsa si avvia, senza indugio, dove sono le danze e, senza una parola, va dritto verso la duchessa; adempie la promessa perché le assesta un colpo sul capo colla spada, che teneva sguainata, senza parlare, tanto è adirato. La duchessa cade ai suoi piedi, di fronte a tutti quelli della contrada."

Lady Susan - Jane Austen
Cosa c'entra Lady Susan della Austen in questa carrellata di donne morte?
C'entra per nulla e c'entra per tutto perché Lady Susan è un'approfittatrice, priva quasi di moralità, un'arrivista pronta a calpestare i desideri della sua stessa figlia pur di ottenere quello che vuole.
Ma
E' una donna scritta da una donna e, udite udite, non muore affatto! Non si chiude in convento, non finisce a fare l'eremita a Marsiglia ma vive e si gode la vita insieme a un uomo strappato a una rivale di dieci anni più giovane!
Jane Austen è toooooooooop!

sabato 24 febbraio 2018

Jane Austen: Amore e Amicizia - Meglio di Zelig

Jane Austen: Amore e amicizia

Devo aver tenuto questo libro da parte per davvero tanti anni prima di decidermi a leggerlo. In realtà mi rendo conto adesso che non ricordo affatto come questo libro sia arrivato nella mia biblioteca il che è davvero strano perché per ogni libro, o quasi, riesco a ricordare la città in cui è stato acquistato, il periodo, se non proprio l'anno, a volte riesco a ricordare il meteo del giorno o il mio umore... in genere quando adotto un nuovo libro l'umore è sempre alto.

Amore e Amicizia della Austen invece me lo sono ritrovato tra gli scaffali e mi guardava da anni, lo prendevo tra le mani, iniziavo a sfogliarlo ma ogni volta mi sentivo come può sentirsi chi si ritrova tra le mani il diario della madre da giovane (o della zia in questo caso): indiscreta, a disagio, a metà tra il colpevole e il voyeur, un'impicciona insomma. 
Poi la curiosità ha prevalso e una sera ho iniziato a leggere

Si tratta di racconti inediti, scritti giovanili non destinati alla pubblicazione dati in pasto al pubblico senza uno straccio di introduzione, come una pietanza fredda da buttar giù "sta' zitt e magna!". Eppure ci sarebbero tante domande e curiosità che non vengono soddisfatte e che bisogna appagare altrove...
Dei dieci scritti racchiusi in questo breve volume sei sono in forma epistolare. Perché proprio questa forma? La stessa forma epistolare la ritroviamo nel racconto Lady Susan pubblicato postumo, perché le opere pubblicate sono tutte sotto forma di romanzo? Quando ha smesso di scrivere lettere e iniziato a scrivere romanzi?
Che studi faceva Jane Austen? Quali studi di storia o di letteratura? Tra questi scritti vengono citati il Werther di Goethe, il Cardinale Wolsey, consigliere all'epoca di Enrico VIII, vendono citati Sheridan e Villiers, drammaturghi inglesi rispettivamente di Settecento e Seicento, una breve nota a pie' di pagina ci dice che Sheridan era uno degli autori portati in scena in casa Austen ma non ci dice i temi delle rappresentazioni e sarebbe proprio questa la parte di maggior interesse visto che in tutta la sua produzione la Austen ricalca, mettendoli alla berlina, proprio i temi del pathos, del sentimentalismo e del perbenismo descritti da Sheridan.
Nello scritto sulla storia d'Inghilterra si fa ovviamente riferimento alla religione, chi ha un minimo di conoscenza della storia d'Inghilterra sa che non si può prescindere dal tema religioso. Che educazione aveva la Austen in materia di religione?
E più in generale come era l'educazione delle giovani donne a fine Settecento?
A tutte queste domande il lettore curioso deve trovare risposta altrove. Peccato

Nonostante la mancanza di introduzione però il libretto risulta godibilissimo, soprattutto i primi tre scritti: i due racconti epistolari "Amore e Amicizia" e "Lesley Castle" e "La Storia d'Inghilterra" 

Amore e Amicizia

Il racconto epistolare rivela nella quindicenne Jane Austen un umorismo degno dei migliori sketch televisivi. Rivisita tutti gli stereotipi letterari dell'epoca infarciti di pathos, esotismo, fughe rocambolesche e riconoscimento di parenti perduti da tempo svelandone i paradossi e le esagerazioni. Persino nelle raccomandazioni non riesce a trattenere l'umorismo:
"Guardatevi, Laura mia (diceva spesso) Guardatevi dalle insulse Vanità e dalle vane dissolutezze della Capitale dell'Inghilterra; Guardatevi dagli insensati Lussi di Bath e dal fetido pesce di Southampton."

L'Esotismo
Terza lettera: "Mio Padre era originario dell'Irlanda e viveva del Galles; mia Madre era la Figlia naturale di un Pari di Scozia e di una ballerina italiana dell'Opera - io sono nata in Spagna e sono stata educata in un Convento in Francia."
In tre righe si apre e chiude il giro dell'Europa, nessuna di queste informazioni sarà rilevante ai fini della storia ma il solo fatto di metterli denota un'attenzione nei confronti della narrativa dell'epoca infarcita di personaggi esotici.

Il Pathos
La Quinta lettera è la madre di tutte le scene da telenoveas poi riprese in chiave comica dal trio Lopez Marchesini Solenghi in molti spettacoli teatrali. Chi ha visto il trio in tv o in teatro e legge questo libro non può assolutamente rimanere impassibile, alla mente torna il volto di Anna Marchesini che dice "suonano alla porta... chi sarà?" e lì è davvero difficile trattenere la risata. Per rinfrescare la memoria date un'occhiata qui.


E pathos alla fine del Settecento significa soprattutto svenimenti. Le donne svengono di continuo, rigorosamente sul sofà, passando velocemente dal pathos al patetico.
Mai avevo visto una Scena così affettuosa come quella dell'incontro tra Edward e Augustus. "Vita mia! Anima mia!" (esclamò il primo). "Angelo mio adorato!" (replicò il secondo) mentre si slanciavano l'uno nelle braccia dell'altro. - Era troppo commovente per i sentimenti miei e di Sophia - Svenimmo a turno sul Sofà.
E bisogna essere davvero rigorosi nella scelta del luogo dove svenire perché se per caso capita di farlo in strada le conseguenze potrebbero essere tragiche.

Fughe rocambolesche
Per tutto il racconto ritorna il tema del matrimonio combinato, disprezzato per principio più che per necessità come si intuisce dalle parole del nobile Lindsay:
"No, mai esclamai. Lady Dorothea è deliziosa e attraente; non pongo nessun'altra donna al di sopra di lei; ma sappiate signore, che disprezzo l'idea di sposarla per compiacere i vostri desideri. No! Non sia mai detto che io mi pieghi a mio Padre."
Questa opposizione al matrimonio combinato porterà a una serie di sciagure, fughe, smarrimenti e ritrovamenti di parenti lungo il cammino. I protagonisti sono sempre in movimento da un punto all'altro alla ricerca di una stabilità che nessuno può offrire.

Ipocrisia, bigottismo e pregiudizi sono qui portati all'estremo, i valori sono totalmente ribaltati: sir Edward è una persona orribile perché russa e perciò in grado di commettere qualsiasi nefandezza, Laura e Sofia rubano a Macdonald ma dato che questi è giudicato da loro persona cattiva non si possono biasimare, i due giovani Philander e Gustavus lasciano le madri morire di fame e vengono considerati "amabili giovani". C'è un'ironia che a tratti ricorda don Chisciotte, a tratti Gargantua regalando al lettore pagine di pura goduria.

Lesley castle

Molto simile al precedente racconto epistolare nella forma e nel soggetto, nello svelare le ipocrisie e il ribaltamento dei valori della letteratura contemporanea. Il racconto è un susseguirsi di pettegolezzi, malignità e idiozie.
Questo scritto riesce a raggiungere lo zero comico assoluto di livello tafazziano
Hervey era stato disarcionato da cavallo, si era fratturato il cranio ed era stato dichiarato in imminente pericolo di vita dal chirurgo.
"Buon Dio! (ho detto) ma dici sul serio? Perché in nome del cielo che ne sarà di tutte le cibarie! Non riusciremo mai a mangiarle prima che si guastino. Comunque, chiederemo al chirurgo di darci una mano -. Con il filetto posso farcela da sola; la mamma mangerà la minestra, e tu e il dottore dovrete finire il resto."
...
Abbiamo pensato che la cosa migliore da fare era iniziare immediatamente a mangiarle, e di conseguenza ci siamo fatte portare il prosciutto freddo e il pollame, e abbiamo immediatamente dato il via al nostro progetto di smaltimento con grande alacrità.
E di lì si susseguiranno fino alla fine del racconto riferimenti al cibo e alla necessità impellente di mangiare tutto quello che era stato preparato per il banchetto di nozze, impresa assai ardua.

La storia d'Inghilterra dal regno di Enrico IV alla morte di Carlo I

L'intento è chiaro e ribadito più volte: 
Di uno Storico parziale, prevenuto e ignorante schierato dalla parte degli Stuart e degli York si accanisce ovviamente contro Tudor e Lancaster.
Enrico V
L'unico pregio di un Tudor (Enrico VIII) viene riportato così:
Nulla può dirsi in sua discolpa, se non che l'abolizione degli Edifici Religiosi e il loro abbandono al rovinoso saccheggio del tempo è stato qualcosa di infinitamente utile al paesaggio Inglese nel suo complesso, il che è stato probabilmente il motivo principale per cui lo fece, altrimenti perché un Uomo che non aveva Religione si sarebbe preso la briga di abolirne una che da Secoli era radicata nel Regno?
Enrico IV
Per il resto dei Tudor solo critiche
Riguardo Enrico VI (Lancaster)
Immagino sappiate tutto circa le Guerre tra lui e il Duca di York che era dalla parte della ragione; se non lo sapete, avreste fatto meglio a leggere qualche altro trattato di storia, poiché non mi dilungherò molto su queste cose, che intendo usare solo per sfogare il mio astio contro, e mostrare il mio odio per tutti coloro le cui fazioni o idee non si adattino alle mie, e non per fornire informazioni.
e ancora
Il motivo principale per cui ho intrapreso questa Storia dell'Inghilterra era di dimostrare l'innocenza della Regina di Scozia, il che mi lusingo di aver fatto in modo efficace, e di maltrattare Elisabetta, anche se non sono del tutto soddisfatta in merito a quest'ultima parte del progetto.

Trovo molto carino inoltre che nel manoscritto vi siano 13 medaglioni ad acquerello per 13 monarchi, manca Edoardo V di cui Jane dice 
Elisabetta I
Questo sfortunato Principe visse così poco che nessuno ebbe il tempo di fare il suo ritratto
e la cosa curiosa è che sono ritratti in abiti settecenteschi cosicché Elisabetta I ricorda l'immagine a noi tramandata di Maria Antonietta, Enrico IV ricorda Luigi XVII ed Enrico V Napoleone.

Insomma, il libro è un piccolo capolavoro di ironia e arguzia, piccolo assaggio di quanto si ritrova nei romanzi pubblicati.

Devo essere sincera: dopo aver letto gli inediti del Verga e di Kafka avevo paura di ritrovarmi di fronte all'ennesima delusione e sono rimasta piacevolmente stupita dalla freschezza e leggerezza di una giovanissima Austen, un po' acerba forse ma decisamente divertente.

domenica 28 gennaio 2018

Lady Susan. Lettera aperta a Miss Austen


Gentile Miss Austen,

lei sa che la apprezzo e la ammiro. L’ho sempre stimata penna arguta, ironica, irriverente. Il suo sarcasmo nel dipingere le piccolezze della buona società inglese di campagna l’ho sempre ritenuto gradevolmente pungente e leggero. Tuttavia, nella lettura del suo Lady Susan, mi sono dovuta ricredere: continuare è stato davvero, davvero difficile, la tentazione di interrompere la lettura forte e ha rischiato di prendere il sopravvento. In realtà proprio il motivo per cui avrei voluto chiudere il libro è quello che mi ha costretta a continuare.

Le parole di Lady Susan su come dovrebbe e come non dovrebbe essere l’educazione di una giovane donna fanno letteralmente rabbrividire. 

Gentile Miss Austen, sono perfettamente cosciente che il suo intento era proprio di provocare una reazione di inorridimento nella lettrice e devo confessarle che l’effetto è ancora più marcato a due secoli di distanza dalla stesura dell’opera.

Mi trovo dunque, gentile Signorina Austen, a doverle fare i miei più sinceri complimenti per come è riuscita a “costruire” un personaggio totalmente odioso senza tuttavia risultare grottesco o caricaturale, è stata per me una vera delizia potermi intrattenere con questo suo scritto e spero vivamente che vorrete continuare a coltivare questa vostra passione.

Vostra ammiratrice, 

fedele lettrice.


Questo è quanto scriverei a Miss Austen se potesse leggere la mia lettera.
Tornando a quanto dicevo sulle linee guida per l’educazione femminile emblematico è un passaggio dalla settima lettera:

Lettera VII – Lady Susan a Mrs Johnson
“Vorrei che suonasse il piano, che cantasse mostrando un po’ di gusto e sicurezza, poiché ha le braccia e le mani di sua madre e possiede una voce passabile. Da parte mia sono stata così guastata durante la mia infanzia che non mi hanno mai obbligata ad applicarmi a qualche studio, qualunque fosse e ne consegue che non ho quei talenti di società che sono considerati necessari oggi per formare una graziosa donna. Non che voglia farmi difensore della moda che prevede di acquistare conoscenza di tutto ciò che sono le lingue, belle arti e scienze. È tempo perso. Possedere il francese, l’italiano, il tedesco, la musica, il canto, il disegno, ecc. varrà qualche applauso a una donna ma non aggiungerà un solo pretendente alla sua lista. La grazia e le maniere, dopotutto, sono ciò che conta maggiormente.”

A farle da contrappunto ci pensa fortunatamente la figlia di Lady Susan, Frederica.

Lettera XXI – Miss Vernon (Frederica) al Sig. de Courcy
“Preferirei guadagnarmi il pane lavorando piuttosto che sposarlo (James Martin, il pretendente alla mano di Frederica preferito dalla madre Lady Susan)”

Insomma sin dall’inizio della sua carriera di scrittrice Jane Austen affronta i temi che la renderanno celebre per secoli: madri che vogliono trovare un marito per le figlie, figlie che desiderano decidere in autonomia. E’ curioso pensare che l’autrice che sulle pagine si batteva per matrimoni d’amore e lavori dignitosi per la donna , giunta a un passo dal primo nella vita reale, dovette ripiegare solo sul secondo e con un velo di tristezza dico che non poté ottenere entrambi.

Sin dalla prima volta che Frederica viene menzionata nasce la curiosità di capire che tipo di donna sia veramente: è la svogliata ragazzotta ignorante, caso disperato come la dipinge sua madre o la fanciulla delicata e disperata che vede la signora Vernon?

La forma epistolare di questo scritto non permette all’autore di approfondire, è perciò il lettore a dover dedurre la verità anche grazie alla conoscenza degli altri scritti dell’autrice. Contrariamente infatti alle opere successive della Austen qui non c’è narratore onnisciente che filtra l’accaduto dal suo punto di vista: la realtà ci viene presentata da più punti di vista, ora lady Susan, ora sua figlia, ora la cognata di Lady Susan. Il lettore potrebbe pensare che la verità stia nel mezzo ma alla fine del racconto sarà inevitabile parteggiare per un personaggio e biasimare l’altro. 

Non vorrei esagerare ma questo semplice racconto epistolare, poco conosciuto e non molto amato dalla Austen potrebbe rivelarsi alla lettura la più piacevole tra le sue opere proprio per questo caleidoscopio di punti di vista. E’ un’opera arguta che difficilmente ci si aspetterebbe da una diciannovenne: il ritratto della trentacinquenne Lady Susan denota ottimo spirito di osservazione e replica.

La Austen dimostra però la sua immaturità di scrittrice nel momento in cui non riesce a dare una conclusione all’opera. Tutto l’acume del racconto si dissolve nel frettoloso finale che ricorda vagamente Le Relazioni Pericolose di Choderlos de Laclos: l’autrice sa di dover biasimare la sua protagonista, di doverla punire nel finale ma non ci riesce: Lady Susan sfugge alla punizione e la figlia Frederica, lontana dalla madre, sembra ottenere pace e felicità. Nel racconto tuttavia una vittima c’è, una giovane donna che conosciamo solo di nome e che vede andare in fumo le prospettive di un matrimonio vantaggioso a causa della civetteria di Lady Susan, di dieci anni più anziana. E’ questo l’aspetto più curioso dell’opera: la sconfitta è una povera giovane in età da marito che probabilmente avrà la reputazione compromessa per sempre per essersi compromessa solo a parole con un gentiluomo che credeva l’avrebbe sposata e la vera intrigante, Lady Susan, non viene biasimata nemmeno troppo anzi, sembra quasi godere di ammirazione da parte della giovane scrittrice per come riesce, nonostante le avversità della vita, a ottenere ciò cui anela.

Se quindi da un lato il finale è frettoloso, affidato a un’asettica “conclusione” e delude le aspettative del lettore ormai immerso in questa corrispondenza, dall’altro non è eccessivamente moralista nonostante le caratteristiche dei personaggi avrebbero potuto far scattare un facile biasimo e punizione con malattia deturpante come accade alla Marchesa de Merteuil colpita da vaiolo. In verità ho avuto l’impressione che la Austen ci abbia pensato quando ho letto della febbre che sul finale coglie LS ma per qualche motivo, forse un’inconfessabile simpatia per il suo personaggio, la febbre non lascia conseguenze sulla nostra LS.

domenica 29 ottobre 2017

Leggere i classici - un lavoro a ritroso perdendosi in chiocciole

Ricordo quando alle superiori per introdurre lo studio di una nuova opera il prof si soffermava sulla biografia dell'autore o. Un senso ce l'aveva anche se veniva spesso fatto in modo nozionistico in un susseguirsi di date, eventi, nomi apparentemente senza senso.

Nato il, morto il, sposò Tizia, visse a, fu amico di... e le teste ciondolavano, gli occhi si appannavano.

Ricordi il Manzoni? era figlio di Giulia Beccaria (figlia di quel Beccaria di Dei delitti e delle pene), Giulia si separò da Pietro Manzoni molto presto e Alessandro fu cresciuto dal padre e dalle sette zie zitelle (no, non single, allora erano proprio zitelle)in scuole religiose mentre la madre viveva a Parigi con Carlo Imbonati.

A diciannove anni raggiunge la madre a Parigi e nel suo circolo intellettuale viene a contatto con intellettuali antinapoleonici , gli Ideologi, che tra i vari insegnamenti lo esortano al massimo rigore storico anche in letteratura (come si vedrà ne I promessi sposi e altre opere a carattere storico come l'Adelchi) e a un profondo rigore morale, vicini al pensiero giansenista che vuole che solo la Grazia possa salvare l'Uomo la cui natura è corrotta.

L'educazione strettamente cattolica gli fa ripudiare la religione tanto da sposare civilmente in Municipio la calvinista Enrichetta Blondel. salvo poi annotare sul contratto matrimoniale che i loro figli dovranno essere educati alla religione cattolica. Proprio la nascita dei figli e il dover provvedere alla loro formazione lo farà riavvicinare alla religione ma attraverso il giansenismo che teorizzava che la storia fosse un ammasso irrazionale di fatti disciplinati solo dalla Provvidenza a un fine buono.

Ed eccola qui la Provvidenza de I promessi sposi spiegata in spiccioli.

Non conoscere le vite degli autori, il periodo storico e filosofico in cui si inseriscono è come mangiare Fonzies e non leccarsi le dita: si gode solo a metà.

Up & Down MC Escher
Prendiamo a esempio l'opera di Jane Austen: la maggior parte dei lettori apprezza Orgoglio e Pregiudizio perché è onestamente semplice e risulta fruibile e godibile per il suo contenuto anche con una conoscenza appena sufficiente del contesto storico e sociale dell'autrice. Della stessa autrice invece L'abbazia di Nothanger è tra i meno graditi, questo perché magari non lo si riesce a inserire pienamente nel contesto letterario dell'epoca, non si conosce molto la letteratura gotica e le sue relazioni con l'altra faccia del Settecento, quella del Classicismo della luce, della ragione, dell'industrializzazione. Questo eccesso di simmetria e ragione tendeva a nascondere e rinnegare l'altro aspetto della natura umana, quello oscuro, quello del dubbio, della paura e soprattutto se ne avvertiva oramai la lontananza, se non la contrapposizione, con ciò che si avvertiva come naturale. La lettura di un'opera come Northanger Abbey perde tutto il suo fascino se non relazionata con la lettura di romanzi gotici del tardo Settecento di cui è parodia.


Leggere un classico è un'azione al contrario, un continuo sviscerare, andare a ritroso, scavare, trovare filoni, seguirli per poi tornare in superficie così magari dal gotico inglese della seconda metà del XVIII secolo si può passare al Jekyll e Hyde di Stevenson o allo Sherlock di Doyle scoprendo che il dualismo esteriore Classicismo-Gotico viene riportato all'interno dell'uomo con la narrazione dello sdoppiamento tra bene e male che risiedono contemporaneamente e naturalmente nell'uomo, dai clichés del gotico fatto di architetture verticali, violenze e giovani donne vittime di uomini mostruosi alla realtà di un gotico sociale che anche attraverso l'educazione che relega la donna a un ruolo di secondo piano denunciato dalla Austen nei suoi scritti, donne tenute nell'ignoranza e limitate perché, a detta degli uomini, sono più facili prede delle passioni contrariamente agli uomini che anelano alla razionalità.

Il Classicismo si impone come guida laddove filosofia e credo incoraggiano all'assenza di passioni, l'apatia stoica viene spacciata come "liberazione" dalle passioni, atarassia, rinuncia classicista al futile, strettamente legate al concetto esasperato di Provvidenza: il "tutto è come deve essere, ogni evento è teso verso il bene (perciò perché crucciarsi?)" dei giansenisti manzoniani si fonde con il "tutto è bene nel migliore dei mondi possibili" che Voltaire mette in bocca a Candide ironizzando il pensiero di Leibnitz.

Ed ecco il pericolo nascosto dell'andare a ritroso: si finisce dentro una chiocciola come un gatto curioso che si infila nei buchi. Ci si ritrova incastrati in cunicoli sempre più stretti e sempre più correlati tra loro e attorcigliati al punto che si fa una gran fatica a ritrovare la strada di ritorno: da un parte le due estremità del filo, dall'altra questa enorme matassa di lana attorcigliata in cui rischiamo di rimanere avvolti.

Prendendo Manzoni da un lato e Jane Austen dall'altro come punti di partenza attraverso innumerevoli giri, cunicoli, strettoie, nodi, si può giungere al giansenismo e al concetto di Provvidenza passando per Voltaire, Leibnitz, l'architettura classicheggiante, una manciata di castelli e abbazie, doppelgänger...

Ancora la matassa però non si è sciolta... come faccio a districare il filo attorcigliato su se stesso?

Mi sono ormai posta come principio quello di trovare un legame tra il giansenismo manzoniano e l'anglicanesimo della Austen e in qualche modo devo trovarlo.

Di Credo in Credo allora trovo la connessione nella Provvidenza, dopotutto giansenismo manzoniano e provvidenza anglicana risentono entrambi della predeterminazione calvinista.

In Jane Austen l'happy ending è raramente il risultato dell'azione diretta delle sue eroine, la Provvidenza è infatti la forma in cui l'autore interviene.

In Mansfield Park nel momento esatto in cui era naturale che fosse e non una settimana prima Edmund cessò di interessarsi a Miss Crawford e divenne tanto ansioso di sposare Fanny quanto Fanny desiderava. Così. Perché era predeterminato altrove che così fosse.

In Persuasione la Austen esplora invece la distanza tra le azioni umane e gli ordini superiori della Provvidenza attraverso le opportunità perdute e gli incontri mancati. Tutto il libro è un susseguirsi di occasioni sfuggite fino alla soluzione finale dell'intreccio a opera della Provvidenza utilizzata come Deus ex machina.

Salacadula magicabula bibidibobidi BU!
Con la Provvidenza sistemiam quel che vuoi tu!

Sono tornata al problema della chiocciola. Parti da un punto e non sai mai dove arrivi e soprattutto se riuscirai a tornare indietro ripercorrendo la stessa strada o se ne troverai sempre di nuove. Come Pollicino dovrei lasciarmi sassolini dietro ma la mia natura gattesca prende il sopravvento e non resisto a infilare il muso in un nuovo buco.

E' la magia dei classici!

Ogni rilettura può portare a nuovi percorsi da seguire e ogni percorso si biforca e ancora, ancora e ancora...

E' la tana del Bianconiglio!

Certo meglio sarebbe e più ordinato seguire un filone per volta fino a esaurimento, meno stancante e probabilmente più utile alla finale comprensione delle opere.

Tutto questo sproloquio abbastanza senza senso per dire che non si finisce mai di leggere un classico, o piuttosto decidiamo noi quando è ora di smettere, di mettere la parola fine alla ricerca e può essere perché dopo tanti cunicoli ci si è persi (ma quanto è bello e desiderabile perdersi...) oppure perché si è trovato ciò che si cercava e a quel punto meglio tornare indietro possibilmente seguendo i sassolini che ci siamo lasciati alle spalle.