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venerdì 22 marzo 2019

La donna-specchio in Gita al Faro di Virginia Woolf






"Gita al faro" di Virginia Woolf, o "Al faro" come compare nelle più recenti traduzioni, è un romanzo totalmente modernista, un non-romanzo quasi.


Prima di affrontarne la lettura sarebbe bene approfondire l'esperienza modernista, le teorie che ne sono alla base, il crogiolo di filosofia e psicanalisi che ne ha permesso e condizionato la nascita.

Influisce la nuova scienza: la psicanalisi di Freud rivela l'inconscio, Henri Bergson opera una distinzione tra tempo esteriore lineare e misurabile e tempo interiore dettato dalla coscienza, Einstein pubblica la teoria della relatività, nel 1927, anno di prima pubblicazione di Gita al faro, introdusse Heisenberg il principio di indeterminazione che influenzò anche tanta parte delle scienze umane letterarie.
L'indeterminazione rimette al centro l'uomo dopo un secolo orientato verso il positivismo e il flusso di coscienza di autori come Woolf, Proust e Joyce ne è la massima espressione.

Di queste teorie bisognerebbe tener conto leggendo Al Faro e soprattutto del saggio della stessa autrice "Una stanza tutta per sé".


Ora non è mia intenzione redigere un'analisi o una recensione di questo romanzo modernista: altri molto più titolati e preparati di me lo hanno già fatto. 

Il mio intento è fornirvi un'esperienza di lettura di Gita al faro dopo la lettura di Una stanza che abbrevierò GF e US per maggior scorrevolezza.
Lo spunto di lettura è, come sempre, totalmente personale, un tentativo di mettere nero su bianco le mie personali impressioni di lettura.


Protagonista di GF è la condizione della donna, della moglie, della madre. Ogni pagina trasuda la presenza della signora Ramsey che tesse, ripara, aggiusta, illumina, crea la vita e la casa. Al centro della famiglia c'è lei e il suo potere di trasformare in bellezza l'ordinario, di consolare, gratificare, inspirare. Tutti si appoggiano a lei, la stessa casa trae solidità dalla sue presenza: 

  • "Andavano da lei, spontaneamente, perché lei era una donna, tutto il giorno, con questa o quella richiesta; uno voleva una cosa, un altro un'altra; i ragazzi crescevano; a volte le sembrava di non essere altro che un contenitore di emozioni umane." e ancora "Esaltando così la sua abilità di circondare e proteggere, non le restava neppure un guscio di sé per potersi conoscere; tutto veniva generosamente donato e consumato"
Nulla resta alla signora Ramsey per sé stessa: tutto viene donato costantemente durante il giorno per questo 
  • "era un sollievo quando andavano a letto. Perché ora non era più costretta a pensare a nessuno. Poteva essere sé stessa e starsene sola. E di questo sentiva spesso l'esigenza - di pensare; no neppure di pensare. Di restare in silenzio: di restare sola. (...) Era libertà quella, era pace, era, più gradito di ogni altra cosa, un richiamarsi a sé stessi, riposare su una piattaforma di stabilità."
A queste frasi non posso non associare la frase madre di US: la necessità della donna, al pari dell'uomo sia ben detto, di ritirarsi in silenzio e solitudine.
  • "In primo luogo avere una stanza tutta per sé" 
e poi

Drawing room a casa di Jane Austen
  • "quando si misero a scrivere esse furono spinte, tutte, a scrivere romanzi. La cosa aveva forse a che fare con l'esser figlie della classe media, mi chiedevo; e magari con il fatto che una famiglia di classe media, all'inizio dell'Ottocento, possedeva una sola stanza di soggiorno per tutti i suoi componenti? Se una donna voleva scrivere era costretta a farlo nel soggiorno comune. E inoltre (...) perché venivano sempre interrotte. Eppure in quello spazio era più semplice scrivere prosa e narrativa che comporre poesia o un'opera teatrale."
E non solo la signora Ramsey è costantemente depredata della sua solitudine e della sua individualità: lei deve anche rassicurare continuamente un marito fragile, tutto immerso nello studio e insicuro, un uomo che non si sente considerato per quello che crede di essere e la prima persona a ritenere necessaria questa continua rassicurazione è proprio la signora Ramsey parlando di Carmichael, poeta disilluso:
  • "Avrebbe potuto essere un gran filosofo, spiegò la signora Ramsey mentre scendevano la strada verso il villaggio di pescatori, ma aveva fatto un matrimonio sfortunato. "
Charles Tansley, studente in visita, non capisce o meglio, capisce quel che vuole lui e 
  • "Lo lusingava; (...) Affermando implicitamente, poi, come aveva fatto, la grandezza dell'intelletto dell'uomo, anche nella decadenza, e la subordinazione di tutte le mogli all'attività del marito, lo faceva sentire più soddisfatto di sé di quanto fosse mai stato." 
La signora Ramsey consola così tutti gli uomini che desiderano essere incoraggiati, rinfrancati, apprezzati: attraverso le sue parole e il suo atteggiamento sembra avallare la necessaria subordinazione della donna. E il signor Ramsey, anche lui, ha bisogno di sentire quella donna inferiore per potersi sentire superiore:

  • "E si chiese cosa stesse leggendo, e esagerava la sua ignoranza, la sua semplicità, poiché gli piaceva pensare che non era intelligente, che non aveva alcuna cultura letteraria. Si chiedeva se capisse quello che leggeva. Probabilmente no, pensava. Era di una bellezza stupefacente."
Eppure è lei, è la signora Ramsey che crea la superiorità del marito e di tutti i suoi uomini. E anche la superiorità delle sue figlie: 
  • "le sue figlie - Prue, Nancy, Rose - potevano abbandonarsi alle idee eterodosse che si erano costituite su una vita diversa da quella di lei; forse a Parigi; una vita più libera; in cui non dedicarsi a questo o quell'uomo"
E' la signora Ramsey che crea, dà vita

  • "Ma lui voleva di più. Voleva simpatia, voleva prima di tutto che gli venisse data certezza del suo genio, e voleva quindi venire accolto nel cerchio della vita, riscaldato e rassicurato, voleva gli venissero restituiti i sensi, che la sua sterilità venisse resa fertile, e tutte le stanze della casa piene di vita - il salotto; dietro il salotto la cucina; sopra la cucina le camere da letto; e oltre ancora le stanze dei bambini; dovevano essere arredate, riempite di vita"
  • Voleva sentirsi assicurare che anche lui viveva nel cuore della vita; che era necessario; non soltanto là, ma in tutto il mondo. Muovendo rapidamente i ferri lampeggianti, sicura, eretta, lei creava salotto e cucina, li faceva risplendere
  • Lei gli assicurava, oltre ogni dubbio, con la sua risata, la sua sicurezza, la sua efficienza (...) che era vero; che la casa era piena; il giardino in fiore.
E' la signora Ramsey che crea la grandezza del suo uomo.
Così ne US
  • "privi di fiducia in noi stessi siamo come neonati nella culla. E allora come possiamo fare a generare, nel più breve tempo possibile, questa qualità imponderabile e al tempo stesso così inestimabile? Pensando che gli altri sono inferiori a noi. Sentendo di possedere qualche forma innata di superiorità. (...) Per secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi dal potere magico e delizioso di riflettere la figura dell'uomo ingrandita fino a due volte le sue dimensioni normali. Senza quel potere la terra sarebbe ancora tutta giungla e paludi. Le glorie di tutte le nostre guerre sarebbero sconosciute. (...) Ciò serve a spiegare in parte la necessità che tanto spesso gli uomini hanno delle donne. E serve anche a spiegare perché gli uomini diventano così inquieti quando vengono criticati da una donna; e come sia impossibile per una donna dire loro questo libro è brutto, questo dipinto è debole, o qualunque altra cosa, senza procurargli molto più dolore e suscitare molta più rabbia di quanta non ne susciterebbe un uomo che facesse la stessa critica. Perché se lei comincia a dire la verità, la figura nello specchio si rimpicciolisce. Come farebbe lui a continuare a esprimere giudizi, a civilizzare indigeni, a promulgare leggi, a scrivere libri, a vestirsi elegante e pronunciare discorsi nei banchetti se non fosse più in grado di vedere sé stesso, a colazione e a cena, ingrandito almeno due volte la sua stessa taglia?
SBANG!



C'è un momento in cui la signora Ramsey emerge nella sua individualità e si scopre potenzialmente capace di specchiarsi anche lei, di fare qualcosa di più che non sia rifletter gli alti
  • Era molto più vero l'interesse che aveva per gli ospedali e le fognature e le latterie. Quelli erano argomenti per i quali si accalorava, e le sarebbe piaciuto, se ne avesse avuto la possibilità, prendere la gente per la collottola e costringerla a vedere. Nessun ospedale in tutta l'isola. Un'autentica vergogna. Il latte che veniva consegnato a casa a Londra marrone per lo sporco. Avrebbe dovuto essere illegale. Una latteria modello e un ospedale nell'isola - queste due cose sì, avrebbe voluto farle , e farle lei stessa. Ma come? Con tutti quei figli? Quando fossero stati più grandi, allora, forse ne avrebbe avuto il tempo; quando fossero andati tutti a scuola.
E qui di nuovo ritorno a pensare a US

  • Se solo la signora Seton e sua madre e la madre della madre avessero appreso la grande arte del far soldi e avessero lasciato il loro denaro, come avevano fatto i loro padri, e prima di loro i nonni, per istituire fondazioni e rettorati e premi e borse di studio, il tutto appositamente stanziato perché quelli del loro stesso sesso potessero servirsene (...).Solo che, se la Seton e quelle come lei si fossero dedicate agli affari sin dai quindici anni non ci sarebbe stata Mary. (...) Perché finanziare un college avrebbe comportato di fatto la soppressione della famiglia. Accumulare un patrimonio e mettere al mondo tredici figli - nessun essere umano avrebbe potuto farcela.
Questo ultimo punto lascia aperta una parentesi che chiuderò in un altro post non so quando. Deve ancora maturarmi in testa. So solo che parlerà anche di Cristina da Pizzano.


Ultimo punto e poi basta... ci sarebbe da scrivere un intero trattato ma non ne ho né i mezzi né il tempo visto che di solito scrivo anche io, come Jane, Virginia e tante altre donne della storia, tra una chiamata e l'altra (ho appena fatto una pausa per metter su l'acqua del minestrone).
Per tutto il romanzo ritornano alla mente della pittrice Lily Briscoe le parole dello studente Charles Tansey: 
  • "Le donne non sanno dipingere, non sanno scrivere"
E' come un mantra castrante che corre dall'inizio alla fine dell'opera e condiziona l'attività artistica della pittrice che non riuscirà a terminare il suo quadro se non a distanza di tantissimo tempo. 
La mente torna immediatamente a US, a quel 
  • "Il mio posto è la ghiaia"
La donna non è autorizzata a calpestare l'erba dell'immaginaria università di Oxbridge: il prato è riservato solo ai membri del college e agli studiosi
  • "I gatti non vanno in paradiso. Le donne non sono in grado di scrivere i drammi di Shakespeare"
Frasi che gli esponenti del sesso maschile pronunciavano come assiomi inconfutabili al pari di dogmi religiosi.

E' così!
Affinché non solo se ne convincessero loro stessi ma soprattutto le donne, affinché non venisse loro in mente di scrivere, di produrre altro che figli e specchi.

E ora posso tornare al mio minestrone.

sabato 28 aprile 2018

Silenzi e voci. Le illustri assenti nella letteratura, le donne


Martedì 10 aprile si è tenuto l'undicesimo appuntamento della rassegna di arte, cultura e narrativa “Impronte Femminili” curata da Sara Cucchiarini, componente della commissione pari opportunità della Regione Marche. La rassegna vede la collaborazione di otto comuni della Provincia di Pesaro e Urbino con Fano come ente capofila.
L'assessora Pari Opportunità di Fano Marina Bargnesi ha introdotto le protagoniste del dialogo letterario: Maura Maioli, insegnante e scrittrice fanese e Anya Pellegrin, vincitrice dell'edizione 2017 del premio Valeria Solesin con la tesi “Stamping a Tiny Foot Against God” (titolo che deriva dalla critica mossa alla Woolf da un certo poeta britannico Theodore Roethke di cui, tra l'altro, molto poco ci è noto a parte la sua ironia sulla scrittura femminile).
La serata prende spunto dal testo di Virginia Woolf del 1929 "Una stanza tutta per sé" in cui la scrittrice pone come condizioni indispensabili alla scrittura una rendita annuale che copra le spese quotidiane e un luogo privato in cui potersi dedicare all'arte.

Attenzione: questa non è una relazione sulla serata, non vuole essere una recensione né un articolo, sono per il momento appunti di lettura: gli spunti di lettura consegnatici sono così tanti e così interessanti che non potevo lasciarli inoperosi accantonandoli tra le scartoffie delle conferenze cui partecipo. Rimeditando si allunga prepotentemente la lista dei libri in lista dei desideri... Toccherà trovare un secondo lavoro per poterli acquistare tutti.

Maura
Apre la conversazione letteraria sottolineando come la scrittura non possa prescindere dall'emancipazione e dall'istruzione e come l'istruzione nutra l'emancipazione femminile rendendola possibile attraverso la scrittura.
Nel 1816 una donna di diciannove anni è in fuga con il suo amante attraverso le Alpi, il cattivo tempo li costringe a fermarsi e in un rifugio e iniziano a raccontarsi storie di fantasia. Poco dopo il loro amico comune Lord Byron li inviterà a sfidarsi a chi scriverà la miglior storia di paura. La diciannovenne si chiama Mary Shelley e in poco tempo darà alle stampe Frankenstein.
Mary Shelley è lo stereotipo della donna che ha tutto ciò che serve per emanciparsi: è colta, facoltosa, figlia della filosofa proto-femminista Mary Wollstonecraft, e del filosofo politico William Godwin ed è tutto ciò che la Woolf forse avrebbe voluto essere perché, tornando al tema della rendita c'è bisogno di "penny da spendere per la amenità; in pernici e vino, bidelli e prati curati, libri e sigari, biblioteche e divertimenti". 
E tornando al tema della stanza per sé la Maioli cita un'intervista alla scrittrice Rosetta Loy che da ragazza (ha iniziato a scrivere a nove anni) scriveva nella stanza comune dove faceva i compiti insieme alle sorelle, da sposata scriveva sul tavolo da pranzo; per alcuni anni, con i figli piccoli, scrivere era stato per lei un miraggio (e forse è per questo che la sua prima pubblicazione è del 1974 quando aveva 43 anni).
Donatella di Pietrantonio invece, vincitrice del Premio Campiello 2017 con il romanzo L'Arminuta e dentista di professione, ricordava in un'intervista il disagio quando si ritrovò a confessare a suo padre la sua inclinazione per la scrittura.
Perché per secoli, e tutt'oggi, per una donna scrivere deve restare solo un passatempo nel migliore dei casi, l'importante è che non distragga troppo dai doveri quotidiani.

Intanto Anya e Maura sorridono ricordando il loro incontro e la prima chiacchierata che le ha trovate lettrici delle stesse opere e degli stessi temi.
Opere come "Leggere Lolita a Teheran" di Azar Nafisi, docente alla Johns Hopkins University, ex professoressa di letteratura presso l'Università di Teheran. Nel 1995 si licenzia dall'Università di Teheran e invita sette tra le sue studentesse migliori a seguire lezioni-dibattito private a casa sua ogni giovedì mattina con lo scopo di rileggere e interpretare opere controverse della letteratura come Lolita o Madame Bovary in chiave iraniana. Nelle pagine finali del libro si dice convinta della necessità di aggiungere alla lista dei diritti umani anche il "diritto all'immaginazione".
Infine viene citata Jane Austen. Scrive anche lei, come la Loy, in salotto. Descritte dalla Nafisi le donne di Orgoglio e Pregiudizio rivendicano una scelta, la scelta: c'è una donna che dice "no". E' inoltre un romanzo che vede la compresenza di più voci, le tensioni si creano e si risolvono attraverso il dialogo in una polifonia di voci che denota una struttura sostanzialmente democratica, c'è infatti abbastanza spazio per coppie di opposti senza che cerchino di eliminarsi a vicenda.
In questo risiede la pericolosità della Austen.
E la Austen oggi fa parte del Canone.

Ma...

Anya
Anya risponde proponendo la figura di Toni Morrison, Nobel per la letteratura nel 1993, donna, di colore, fu accusata di scrivere per un pubblico di colore... come se le persone di colore scrivessero solo per le altre persone di colore, le donne per le donne e gli uomini per tutti (???). La Morrison nelle sue opere parla di sesso e di violenza sessuale. Quando ha iniziato a scrivere di sesso le donne non parlavano né parlavano di sessualità femminile: le donne erano madri o mamy o puttane, mai donne che facevano sesso. La Morrison finalmente dà corpo alle donne, dà loro un corpo, spesso schiavo e posseduto, altre volte liberato, riconquistato con stupore e ironia.

La consapevolezza di sé emancipa così come la lettura emancipa il lettore.

Chi legge si riconosce e scopre se stesso.
Chi legge e non si riconosce scopre l'empatia.

Credo che queste ultime due frasi siano tra le cose più vere che abbia mai sentito sulla lettura: leggere non è solo un mezzo per accrescere il proprio livello culturale, non è qualcosa che dobbiamo fare per gli altri, per un numero, per un diploma, è qualcosa che possiamo fare per noi stessi, per crescere, conoscerci e conoscere meglio gli altri. Leggere può consegnarci il libretto di istruzioni per questa vita.

Maura
Le donne vengono in genere considerate le grandi assenti della letteratura ma in verità donne scrittrici ci sono sempre state, basti pensare a scrittrici come Christine de Pizan o Eleonora d'Aquitania o Maria di Francia e non solo in Francia: anche nelle Marche nel Cinquecento si sono segnalate illustri scrittrici e letterate (magari ci tornerò in un secondo momento).
Le donne dunque hanno sempre scritto molto ma ben poco è stato conservato, pochissimo, perché la conservazione è legata al concetto di canonizzazione.

Con il canone si celebra o si condanna al silenzio.

E il Canone è stabilito dall'autorità che di solito è MALE e WHITE: maschio e bianco.

Tariq Ali, in una conferenza alla facoltà di studi economici di Londra si chiese chi decidesse cosa leggere e cosa leggeremo. La risposta fu in realtà doppia: il premio Nobel per la Letteratura e il New York Times Book Review.
Qui di seguito il video di YouTube in cui si può trovare la conferenza, al minuto 13 parla del premio Nobel. La conferenza è totalmente godibile anche da chi non ha grandissima padronanza della lingua inglese in quanto Ali è un pachistano che parla un delizioso e comprensibilissimo inglese. 




Dunque male e white, maschio e uomo.
Se si prende uno dei testi di storia della letteratura italiana più in uso nelle scuole, il Baldi, nella parte dedicata alla letteratura contemporanea si trovano tre scrittrici: Amalia Rosselli e Ada Merini, poetesse ed Elsa Morante. Sempre nello stesso gruppo viene annoverato, tra gli scrittori, Enrico Brizzi... quello di Jack Frusciante è Uscito dal gruppo che sicuramente è una lettura piacevole ma è anche degna di trovarsi nelle antologie di letteratura italiana? Più della Deledda? Più della Ginzburg? A proposito... per curiosità ho passato in rassegna la mia sezione di letteratura italiana per vedere quali fossero le autrici contenute, con rammarico devo ammettere che sono solo ...: Deledda, Fallaci, Ginzburg e Morante. Nella stessa sezione includo anche la Levi-Montalcini e la Hack ma non le definirei proprio scrittrici, più saggiste.
Mea Culpa!

Il nostro infine si può definire un tempo di recuperi femminili.

L'orma Editore sta per esempio ripubblicando le opere di Annie Ernaux (no, non faccio finta di conoscerla, confesso l'ignoranza). La Adelphi sta pubblicando invece le opere di Irène Némirovsky, ebrea ucraina stabilitasi in Francia, scriveva in francese tra gli anni Venti e Quaranta, morì ad Auschwitz nel '42.
Da questi due recuperi si possono trarre due insegnamenti:
- la buona letteratura sa resistere al tempo e alla dimenticanza
- La resilienza come valore nell'esilio, e per una donna l'esilio è duplice.

Anya
La parola Canone nasce con accezione religiosa e forse restano tracce di questo sentimento religioso anche nel canone laico.
Nel 1994 Harold Bloom pubblica Il Canone Occidentale, tra i ventisei autori citati compaiono solo quattro donne: Austen, Eliot, Dickinson e Woolf; nella letteratura italiana contemporanea su ventuno autori solo una, la Ginzburg, è donna.
PS: al minuto 18 del video sopra pubblicato Tariq Ali critica con ironia il critico Bloom per la sua introduzione al Don Chisciotte di Cervantes.
PPS: Bloom nel suo saggio cita Shelley ma solo il poeta Percy Bisshe, non Mary.

Secondo il CANONE le donne praticamente non scrivono.

Quando Charlotte Bronte chiese in una lettera al poeta Robert Southey un parere sulle sue poesie questo rispose che "La letteratura non può essere l'occupazione di una donna e non dovrebbe esserlo. Più sarà coinvolta nei propri compiti e meno tempo libero avrà per essa, nemmeno come piacere." A questo link si può trovare la copia della cortese lettera del grande poeta. Charlotte Bronte dapprima si abbatte, in seguito scriverà Jane Eyre.
E devo purtroppo ricordare come la Woolf nel suo saggio sottolinei il rancore e la rabbia celata dietro lo scritto della Bronte come un grosso difetto che influisce negativamente sul valore letterario dell'opera.

Ma allora queste donne sono silenziose o silenziate?
Aphra Behn, la prima donna al mondo a vivere asclusivamente della sua scrittura, è totalmente assente dalle Antologie. Eppure è la prima scrittrice di professione. Bisessuale, accusata di spionaggio, di libertinaggio viene ricordata come colei che ha inventato il genere del romanzo moderno. E' sepolta in Westminster Abbey ma non nel Poet's Corner, da viva era apprezzata e amata, una volta morta fu ritenuta oscena e accantonata, esclusa dalle stanze dorate della letteratura.
Virginia Woolf dice che "tutte le donne insieme dovrebbero cospargere di fiori la sua tomba".
Altra donna silenziata è Elizabeth Gaskell che descrisse l'Inghilterra vittoriana negli stessi anni di Dickens, ed è inoltre la prima biografa di Charlotte Bronte. Il suo romanzo più rappresentativo, North and South, fu tradotto in italiano solo nel 2011.
Mary Shelley, come Aphra Behn, ebbe gran successo in vita e fu molto prolifica ma le sue opere vengono pubblicate solo perché è la moglie di, la sua prima biografia ufficiale uscirà solo negli anni Ottanta e tutt'ora in Italia viene snobbata considerando che la maggior parte delle sue opere non è tradotta.

Maura
In North and South della Gaskell si ritrova la narrazione delle prime lotte operaie e, soprattutto, la soluzione attraverso la cooperazione, la collaborazione.
Il conflitto viene risolto dalla Gaskell attraverso il dialogo, come nei libri della Austen.
Shelley, Austen, Gaskell, Eliot "scrivono come scrivono le donne" dice la Woolf.
Ma dunque ci sono differenze tra la scrittura femminile e quella maschile? Il punto non è riuscire a indovinare alla lettura se l'autore sia uomo o donna infatti uno dei più grandi autori del secolo passato, Marcel Proust, ha una scrittura del tutto androgina.

Toni Morton pensa che la letteratura del Novecento si distingua per il male: "sono atterrita di fronte all'attenzione che il respiro del male suscita"
Evil has a vivid speech (il Male ha un eloquio vivido), Good bites its tongue (il Bene invece si morde la lingua).
E allora sarà Toni Morrison a dare voce al Bene, il Bene che ha la facoltà di illuminare la domanda morale.

Anya

Dopo un momento psicologicamente pesante in cui Maura ci ha parlato del Male e della sua presenza nella letteratura del Novecento è bello ascoltare dalla voce di Anya le parole di Svetlana Alexievich, giornalista, reporter di guerra che ha raccontato dell'Afganistan, di Chernobyl e dei suicidi dopo la caduta dell'URSS. 
Anya cita il discorso per la consenga del Nobel che si trova integrale e tradotto in italiano a questo Link:

"Ho tre case: la mia terra bielorussa, la patria di mio padre dove ho vissuto tutta la vita; l'Ucraina, la patria di mia madre, dove sono nata; e la grande cultura russa, senza la quale non riesco a immaginarmi. Tutte mi sono molte care. Ma in quest'epoca, è difficile parlare d'amore"

Purtroppo assenti, di fronte a una platea ancora troppo femminile, l'assessore ai servizi educativi e alle biblioteche del Comune di Fano Samuele Mascarin e il vicesindaco assessore con delega alla cultura Stefano Marchegiani, l'assenza di esponenti maschili della politica locale in una serata così importante per la scrittura femminile, sottolinea purtroppo ancora come non siano in realtà le donne a essere silenziose quanto gli uomini a non prestare ancora la dovuta attenzione.

domenica 25 marzo 2018

Una Stanza tutta per sé - tra rancore e invidia


Se si vuole iniziare a leggere Virginia Woolf lo si deve fare partendo da questo scritto. Ho fatto l'errore di iniziare dai romanzi e non ho saputo apprezzarla ma qui sì! 
Davvero! 
E probabilmente grazie a questo saggio, a questa confessione, sfogo, posso pensare di riprendere in mano i suoi romanzi anzi, dovrebbero dirlo tutti i professori di inglese nelle scuole e nelle università: "Non iniziate a leggere i romanzi della Woolf se prima non avete letto Una stanza tutta per sé".
Perché? Perché offre il passepartout per la sua produzione letteraria, la lente con la giusta gradazione per vedere nitidamente il suo pensiero.

Basato su due conferenze che l'autrice tenne nel 1928 su "Le donne e il romanzo" sarebbe dovuto essere una digressione sulle figure femminili che hanno esplorato l'arte del romanzo fino a farlo proprio inventando di fatto un nuovo genere letterario e un nuovo linguaggio ma qualcosa è sfuggito di mano, il testo ha preso una sua strada lasciandosi guidare da quel flusso di coscienza che è diventato il tratto distintivo della Woolf e tutto quello che lei ha potuto fare è stato dargli una struttura, arginarlo per quanto possibile, come un fiume gli ha dato argini entro i quali scorrere assecondando la sua corsa.
E che corsa!
Il primo terzo del libro è dedicato a rispondere al quesito "Quali sono le condizioni necessarie a produrre un'opera d'arte" e le condizioni sono principalmente due: una rendita annuale che garantisca il sostentamento e una stanza tutta per sé.

La rendita

Le donne sono sempre state povere, o meglio, le donne non hanno mai davvero potuto possedere del denaro. Nel Regno Unito solo dal 1870 le donne sposate diventavano proprietarie dei soldi che ereditavano o guadagnavano, prima di allora tutto ciò che la donna ereditava o guadagnava diventava di fatto proprietà del marito e la donna non poteva disporne se non con il consenso dello sposo. Le nubili e le vedove invece potevano disporre del proprio denaro liberamente.
Una rendita annuale di 500 sterline Virginia l'aveva ereditata da sua zia e così la racconta: "La notizia dell'eredità mi raggiunse una sera più o meno alla stessa ora in cui veniva approvata la legge che concedeva il voto alle donne. (...) Delle due cose - il diritto al voto e il denaro - il denaro, devo ammetterlo, mi sembrò di gran lunga la più importante".
Prima di allora si era guadagnata da vivere "mendicando lavori saltuari presso i giornali, scrivendo indirizzi sulle buste. (...) il fatto di dover fare sempre un lavoro che non si aveva voglia di fare e di farlo come una schiava, adulando e lusingando e il pensiero di quel solo talento destinato a perire diventò una specie di ruggine." Con la rendita "Cibo, alloggio e vestiario sono miei per sempre. (...) Non ho bisogno di odiare nessun uomo; egli non può ferirmi. Non ho bisogno di adulare nessun uomo; egli non ha niente da darmi."
La rendita affranca la donna dalla dipendenza dall'uomo e, badate bene, qui si parla di rendita perché all'epoca i lavori permessi alle donne erano pochi, di infima considerazione e con guadagni talmente bassi che non potevano garantire una vita dignitosa, all'epoca della stesura di questo saggio, 1929, la possibilità che una donna potesse fare lo stesso lavoro di un uomo (e avere la stessa retribuzione) era talmente remota che non viene presa nemmeno in considerazione.

La Stanza

Altra condizione indispensabile alla produzione letteraria è La stanza, la stanza tutta per sé che non sia un luogo di passaggio di invitati, parenti, panni da lavare e stendere, bambini da accudire, mariti da sfamare, un luogo fisico in cui il pensiero possa lasciarsi cullare dal silenzio.

L'istruzione

Il tema dell'istruzione ritorna costante in tutta la prima parte del libro. I dettami dell'educazione vittoriana riservavano alle donne un'istruzione casalinga fatta di lezioni di piano, cucito e poco altro, riservando gli studi solo ai maschi. 
Scrive all'inizio del libro immaginandosi nel giardino della fittizia Università di Oxbridge: "quell'uomo era un custode; io ero una donna. Qui c'era il prato, più in là il vialetto. Soltanto ai Membri del college e agli Studiosi è consentito poggiare i piedi qui: il mio posto è la ghiaia" e poi ancora "si rammaricava del fatto che le signore avessero accesso in biblioteca solo se accompagnate da un Membro del College o se fornite di una lettera di presentazione." 
Se quando parla dei soldi e della stanza la Woolf mantiene una scrittura oggettiva e pacata, quando tratta il tema dell'istruzione si trasforma in iena, il rancore profondo e l'invidia sono mal celate dalla sua ironia, è più forte di lei: il fatto che i suoi fratelli maschi abbiano avuto accesso all'istruzione pubblica e lei no le brucia immensamente, a maggior ragione perché la sua non era una qualunque famiglia borghese: il padre era uno storico e critico letterario e la madre apparteneva a una delle famiglie dell'alta società londinese, la sua casa era frequentata dai maggiori intellettuali e scrittori dell'epoca ma a lei il mondo della cultura era stato precluso: il suo posto è la ghiaia. La rabbia viene trasformata in ironia ma nulla riesce davvero a celare il risentimento.

Gli appunti sul libro
Confesso che iniziando a prendere appunti su questo saggio avevo tutta un'altra intenzione: scrivere del femminismo dei primi del Novecento, del diritto della donna all'istruzione, della scrittura femminile... le cose non sono andate proprio così. Ho ripercorso velocemente gli appunti presi a margine del libro e li ho buttati giù a blocchi. Un paragrafo qua, un paragrafo là, poi li ho riletti per definirne i concetti principali, le prime impressioni e difficilmente riesco ad esprimere la mia delusione nello scoprire che la maggior parte delle note riguardava sentimenti di rancore, nostalgia, invidia e relativamente poco spazio veniva dedicato alla scrittura femminile.
Testimoni di questo rancore sono le parole rivolte per lettera all'amica Ethel Smyth: "Non ho scritto una stanza, ammetterai, senza un notevole coinvolgimento; l'argomento non mi lascia certo fredda. Mi sono sforzata di mantenere la mia figura fittizia, leggendaria. Se avessi detto, guardatemi, sono ignorante, perché tutti i soldi di casa sono stati spesi per i miei fratelli, che è la verità - bene, avrebbero detto, tira l'acqua al suo mulino, e nessuno mi avrebbe preso sul serio"

La scrittura femminile

Alla scrittura femminile la Woolf dedica la seconda metà del saggio passando in rassegna autrici inglesi dalla seconda metà del Seicento fino ai suoi tempi.
Le prime autrici citate sono Lady Winchislea e Margareth di Newcastle che la Woolf descrive come "perseguitata e distratta da odii e rancori. (...) Eppure è chiaro che il fuoco bruciava dentro di lei, se solo avesse avuto la mente libera dall'odio e dalla paura e non ingombra di amarezza e risentimento.""Ambedue nobili, ambedue senza figli, ambedue sposate con uomini di grande qualità. In entrambe ardeva la stessa passione per la poesia, entrambe appaiono sfigurate e deformate dalle stesse ragioni.".
La stessa deformazione la Woolf la vede negli scritti di Charlotte Bronte i cui libri risultano "deformati e contorti", che "scriverà con rabbia, mentre dovrebbe scrivere con calma. Scriverà con tono frivolo mentre dovrebbe scrivere con tono saggio. Scriverà di se stessa mentre dovrebbe scrivere dei suoi personaggi."
La stessa deformazione, ahimè, si riscontra tra le pagine della Woolf in questo saggio: invidia, rancore, desiderio di rivalsa e denigrazione di un maschio che  ha bisogno della donna "come specchio, dal potere magico e delizioso di riflettere la figura dell'uomo ingrandita fino a due volte le sue dimensioni normali. Come farebbe lui a continuare a esprimere giudizi, a civilizzare indigeni, a promulgare leggi, a scrivere libri (...) se non fosse più in grado di vedere se stesso, a colazione e a cena, ingrandito almeno due volte la sua stessa taglia?"
Nel Settecento si presenta alle donne la possibilità di scrivere e di guadagnare scrivendo. Una delle prime è Aphra Behn che, rimasta vedova, dovette guadagnarsi da vivere con il proprio ingegno mettendosi a scrivere, alla fine del secolo molte donne si aggiunsero cominciando a guadagnare con la propria scrittura, iniziarono a frequentarsi, incontrarsi, scrivere saggi di letteratura, tradurre classici...

Una rivoluzione.
La donna della classe media cominciò a scrivere
"Il denaro conferisce dignità a ciò che è frivolo quando non viene pagato"

Con Jane Austen la donna inizia a scrivere senza odio né rancore, scrivere da donna senza scimmiottare, senza rabbia o moralismi, Virginia Woolf lo definisce "il miracolo di Jane Austen". Austen, Bronte, Eliot scrivevano di ciò che conoscevano bene, della vita quotidiana, della società di campagna, di Bath, di istitutrici e mulini. Era il loro territorio, la loro essenza, narrata con un nuovo linguaggio che si rifaceva al tono degli epistolari: da secoli le donne scrivevano: scrivevano lettere ad amiche lontane e conoscenti per raccontare la loro vita, gli accadimenti della loro città, i pettegolezzi... con Jane Austen, George Eliot ed Emily Bronte questo linguaggio contribuì di fatto a creare un genere letterario: romanzi scritti da donne che scrivono come scrivono le donne, senza scimmiottare la scrittura maschile.
E con il nuovo linguaggio del romanzo compaiono nuovi intrecci e nuovi sentimenti: la donna non è più angelo come Ofelia e non è più demone come Fedra (entrambe creature maschili): è finalmente un essere umano: "fino ai tempi di Jane Austen non solo erano viste attraverso gli occhi dell'altro sesso ma erano viste unicamente in rapporto all'altro sesso." Fino alla Austen metà della popolazione mondiale non aveva trovato vera rappresentazione nella letteratura non tanto perché non presente, era presente eccome, ma era sempre vista attraverso gli occhi dell'uomo, santa o strega, madre o amante. 
Amica mai. 
I suoi sentimenti erano amore, follia, odio, devozione, tutto portato agli estremi. Quando le donne iniziarono a scrivere irruppero nella letteratura sentimenti poco "letterari" forse ma sicuramente più umani, più verosimili.
La mia stanza tutta per me. Alle spalle i libri di una vita
oltre la finestra il mare

E poi l'assenza

Terminata la lettura rimugino sullo scritto, un senso pesante di rancore aleggia nell'aria e un'assenza.
Questa assenza diventa sempre più ingombrante: la Woolf non menziona Mary Shelley.
Perché?
Poiché la Woolf aveva tenuto lezioni nelle università sono andata a cercare riferimenti alla Shelley in altre circostanze... non ne ho trovati.
Perché?
Forse una risposta si può trovare qui: perché la Shelley aveva avuto dalla famiglia e dalla vita tutto quello che Virginia aveva desiderato: una stanza tutta per sé, una rendita e soprattutto una buona educazione, esperienze di viaggi e l'incoraggiamento dei suoi familiari. 
"Mary Shelley possiede quella mente incandescente e androgina che la Woolf ritiene necessaria alla produzione di buona prosa: non ha ragione di provare rabbia, acredine o risentimento perché nonostante la società ottocentesca non la incoraggi ottiene un'educazione di qualità e può contare sul supporto della sua famiglia paterna e di suo marito P.B.Shelley.

Oh, probabilmente jè rode.

La conclusione la lascio a Virginia: "Nel bene o nel male ho apportato l'ultima correzione a le Donne e il Romanzo, o Una stanza tutta per sé. Non lo rileggerò più, penso. 
Bello? Brutto? C'è un'inquieta vitalità, si sente una creatura che inarca la schiena e galoppa, anche se come al solito c'è parecchio di fiacco, di inconsistente, di stridulo".

EDIT 03.05.2018
E ditelo che questo testo si deve assolutamente leggere prima di affrontare Possessione di Antonia Byatt!!! Letto prima è un testo onanistico arzigogoloso, letto dopo rasenta il plagio intellettuale!