Non è proprio un racconto in quanto non accade nulla. È un incontro, fortuito, in un bar, è un'agnizione che dura dieci giorni.
È accaduto qualcosa, fuori dalla scena, durante una lezione di piano. Una donna è stata uccisa in un bar, qualcosa di perverso.
La scena che si è presentata davanti agli occhi di Anne è come se la risvegliasse da un lungo sonno, Anna inizia a farsi domande e cercare risposte in uno sconosciuto, Chauvin, davanti a molti bicchieri di vino.
Anne è sposata, ha una bella casa, un figlio intelligente: tutto scorre armonioso nella sua vita finché un giorno non scopre cosa può essere davvero la passione.
E la brama, la insegue, la esplora. Le belle parole definite di cui si circonda usualmente, fatte di doveri e aspettative da soddisfare si fanno ambigue, i gesti rivelano il non detto in un crescendo emotivo allucinato coinvolgendo il lettore che a tratti rimane incerto, incapace di comprendere se tutto quello che comprende si stia svolgendo realmente o sia solo frutto della sua immaginazione.
Il climax di tensione Duras lo raggiunge durante la cena elegante a casa di Anne: lei inappetente, distratta, ubriaca, Chauvin è fuori, passeggia, inquieto.
Nella loro lontananza non sono mai stati così vicini, mai stati così uniti, inconsapevolmente complici.
In questo racconto le azioni non sono importanti, le parole lo sono, ancor più i silenzi, le domande rimaste senza risposta. E' un racconto di immaginazione, di suggestione, di maternità e di desiderio.
E' il desiderio di andare oltre il racconto, oltre la quarta di copertina per scoprire cosa ne sarà di Anne, di Chauvin.
La grande domanda resta disattesa, al lettore il compito di proseguire la narrazione.
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