Nel prologo la poetessa ci dice che il suo scopo è quello di rivelare le storie che hanno dato origine a canzoni allora ben conosciute:
Les contes ke jo sai verrais,
Dunt li Bretun unt fait les lais,
Vos conterai assez briefment.
El chief de cest comencement,
Sulunc la lettre e l'escriture,
Vos mosterai une aventure
Ki en Bretaigne la Menur
Avint al tens ancïenur.
I racconti che io so essere veri, / da cui i Bretoni trassero i lais, / vi narrerò assai brevemente. / Prima di tutto, / secondo le testimonianza scritte,/ vi racconterò un’avventura / che avvenne nella Bretagna Minore, / al tempo degli antichi.
Di qual fonti sta parlando Maria di Francia?
Il lai si sviluppa in due movimenti ben distaccati tra loro:
- L’iniziazione, simboleggiata dalla caccia al cervo che vede Guigemar protagonista
- L’avventura amorosa che nasce dall’incontro con la malmariée, la malmaritata, sposa infelice di un uomo gelosissimo.
Il secondo movimento è rintracciabile facilmente nella letteratura di origine classica, la fonte sembra riconducibile al Roman d’Eneas.
Il primo movimento invece affonda esplicitamente le sue radici nella materia di Bretagna e, più precisamente, si rifà al Mabinogion, gruppo di testi in prosa contenenti eventi storici e miti, alcuni risalenti all’età del Ferro, con grandi corrispondenze con quelli irlandesi.
Il lai si apre con una battuta di caccia
En l'espeise d'un grant buissun
Vit une bise od un foün;
Tute fu blaunche cele beste,
Perches de cerf out en la teste;
Nel folto di una grossa macchia / ha visto una cerva col suo cerbiatto; / la bestia era tutta candida / e corna di cervo portava sulla testa.
Allo stesso modo il Mabinogiom nel racconto di "Pwill prince of Dyfed:
"... vide un cervo davanti ai cani... i cani gli furono sopra e lo atterrarono. Quindi egli osservò il colore dei cani, senza guardare il cervo, e di tutti i cani che aveva visto al mondo, non ne aveva visti di simili. Perché il loro pelo era di un bianco brillante e le orecchie rosse".
Ebbene il cervo è carico, come pochi altri animali nella tradizione indoeuropea, di valori simbolici. Oltre a essere, nella mitologia greca, il simbolo della dea Artemide cacciatrice, presso i Celti era sacro al "dio cornuto" Cernumno, l'equivalente dell'Apollo greco, e interpreta il ciclo dell'eterno ringiovanimento, forse per la natura delle sue corna che cadono e ricrescono. Tale dio era anche connesso al solstizio d'inverno, e all'idea dell'anno che si rinnova. Lo stesso culto del cervo si ritrova poi tra i Celtiberi, i Celti di Spagna. Anche nell'Erec et Enide di Chrétien de Troye si ritrova il mito del cervo nell' "avventura della cerva bianca":
Demain matin a grant deduit
Irons chacier le blanc cerf tuit
An la forest aventureuse:
Ceste chace iert mout mervelleuse
Di primo mattino con gran piacere
andremo tutti a cacciare il cervo bianco
nella foresta avventurosa:
sarà una caccia meravigliosa.
La parola "meravigliosa" sembra essere retaggio della tradizione letterale precedente nella quale il cervo era in realtà una fata che riusciva a condurre l'amato nell'altro mondo. In Chrétien de Troye la caccia al cervo si fa tema cortese e, se il meraviglioso c'è, risiede nella casualità con cui Erec, durante la caccia al cervo trova Enide e se ne innamora.
Immagine: Cervo e Unicorno, dal De lapide philosophico Libellus di Lambsprinck. (1659).
Tutto un mondo a parte la mitologia, un modo che affascina, che prende, che, analizzato, fa capire le varie introspezioni dell'uomo, con i suoi dubbi, le sue dipendenze, le sue paure, le sue mistificazioni.
RispondiEliminaE codesto post ne rivela una parte. Complimenti.
Rino, leggendo accuratamente.
In questo periodo mi sto tuffando ripetutamente nella letteratura antica e medievale scoprendo un'infinita migrazione di simboli e miti che si ripresentano fino ai giorni nostri. Il tema della caccia al cervo per esempio, vista come vero rito di passaggio, iniziazione, evento sconvolgente che muta il percorso di vita e apre ad avventure...
RispondiEliminaLa imbologia animale è un argomento ancora tutto da scoprire: eccetto Pastoureau, nessun grande studioso si è soffermato con la dovuta attenzione.
RispondiEliminaE' strano constatare come i Romani considerassero il cervo un animale di poco conto, come sconsigliata era la sua caccia. Nel medioevo le cosae andarono ben diversamente e già dal XIII secolo il cervo diveniva uno degli animali più importanti e significanti (sempre gerarchicamente inferiore al leone). Sorte opposta capitata a cinghiali e orsi.
Un saluto
Accipicchia, sta diventando sempre più difficile intervenire in questo blog. Se continua così, non mi resta che leggere e imparare.
RispondiEliminaE io che pensavo che Marmott79 - sebbene con una grande passione per la lettura - fosse una donna normale: caffè alla mattina, lavoro, supermercato, panni da lavare, casa da rassettare, gatti da accarezzare...
Invece ora trovo una dotta, che scava nella letteratura medioevale e la condivide con noi.
Ri-accipicchia, se continua così, non mi resta che leggere...
...e imparare.
@ Vautrin: in effetti nelle mie ricerche era più il materiale che trovavo senza testimonianze dirette affidabili che il materiale "buono". C'è da dire che sulle enciclopedie medievali si trovano mostri e misteri di tutti i tipi ma la simbologia animale, seppur assai presente nella letteratura e nell'arte, è un po' tralasciata.
RispondiElimina@ Pipo: Sì, in effetti è un po' una sboronata. Volevo mettermi alla prova e vedere se, dopo gli anni trascorsi dalla tesi senza produrre nulla, ero ancora in grado di fare analisi filologica.
L'esperimento mi ha divertita talmente tanto che di pezzi ne ho prodotti tre ma non so se li pubblico perché potrebbero essere una bella palla.
Per questo sto iniziando un altro progetto di cui ti metterò a parte appena parte.
@Pipo: io non riesco nemmeno a leggere quello che si scrive qui!
RispondiEliminaNon una formula, un diagramma... sob!
Mi sento come Verdone, con la maglietta gialla con su scritto "Mimmo": "Ammazza come so 'gnorante"!
:(