Vi vorrei parlare di un'opera che da tempo ormai mi circola nella mente, quasi desiderasse essa stessa essere raccontata. E' un libricino piccolo piccolo ma carico di delizie, un ciliegio d'altri tempi che offre ancora le sue primizie a chi le vuole assaggiare.
1712: Alexander Pope pubblica la prima versione di “The rape of the Lock”.
Si tratta di un’opera commissionata dal settimo Lord Petre per sdrammatizzare un’imbarazzante scherzo fatto ai danni della signorina Arabella Fenmor: durante un ricevimento il Lord aveva tagliato, senza permesso, un ricciolo dalla chioma della gentile signorina scatenando un’aperta ostilità tra le due famiglie. Ebbe così origine un poemetto eroicomico in cinque atti che è una vera opera d’arte, minuziosamente cesellata, tanto da poter essere paragonata a poemi di età alessandrina. Al nome di Arabella Pope sostituisce quello di Belilnda, preso dagli Epigrammi di Marziale:
Non volevo, Belinda violare le tue chiome,
ma sono lieto di offrire questo alle tue preghiere.
Canto primo
Sin dall’incipit si denotano i tratti caratteristici del poemetto:
Narra, o dea! Quale bizzarro motivo indusse
Un cortese Lord ad aggredire una Belle gentile?
L’invocazione alla dea denota un chiaro riferimento omerico non solo nella somiglianza delle parole utilizzate, ma più ancora perché illustra il tema del poema ricalcando la protasi classica.
Belinda si sveglia dal placido sonno e lo sguardo cade sulla sua toletta: in ordine casuale, si trovano gli oggetti che riempiono la vita delle giovani donne del Settento:
Questo scrigno disserra le splendenti gemme dell’India,
e un’intera Arabia spira dalla scatola laggiù.
La tartaruga e l’elefante qui s’unicono,
trasformati in pettini, maculati o candidi.
Qui file di spilli s’estendono in splendenti schiere,
piumini, ciprie, nei, Bibbie, Billet-doux.
In una mescolanza di sacro e profano, moralità e mondanità.
Canto secondo
Il corteggiamento si annuncia come battaglia e la colpa è di Belinda, rea di non aver pettinato con sufficiente cura la sua chioma:
Questa ninfa, per la rovina degli uomini,
coltivava due riccioli, graziosamente penduli sul dietro
in boccoli uguali.
L’amore si fa guerra dunque e lo spasimante si dispone ai voti:
Per Amore costruì un altare:
una dozzina di ampi romanzi francesi, rilegati in oro.
Ivi deposte erano tre giarrettiere, un guanto scompagnato;
e i trofei tutti dei passati amori.
E così come per la guerra di Troia raccontata da Omero gli dèi si erano schierati con gli uomini, chi dall’una, chi dall’altra parte, così si schierano gli dèi nel corteggiamento amoroso, chi per favorirlo, chi per ostacolarlo e Ariele, che presiede la toletta di Belinda, muove le sue truppe a salvaguardia dell’onore della Bella.
Canto Terzo
La guerra è dunque dichiarata, campo di battaglia diventa il tavolo da gioco dove si intrattengono i due giovani, gli eserciti sono truppe multicolori di semi diversi e fanti e re cercano di far prigioniera la regina:
truppe multicolori, un corteo splendente,
muovono al combattimento su vellutato piano.
Ma a battaglia conclusa il giovane, sconfitto, medita rivincita e, munito di graziose forbici si accinge a prendere con la forza il suo trofeo.
Ariele schiera tutti i suoi servitori in soccorso della dama ma, consultandole il cuore, lo vede già preda del bel giovanotto
Stupito, confuso, scoprì estinto il suo potere,
si rassegnò al Fato, e con un sospiro si ritrasse.
Canto Quarto
Il poema si ricopre di comiche tinte fosche nella malattia che colpisce Belinda che pare in fin di vita per un ricciolo rubato.
Canto quinto
Belinda, riacquisito l’ardore, fronteggia il giovane e gli intima di renderle il ricciolo affinché non rimanga prova dell’oltraggio, ma ecco che il ricciolo più non si trova:
Alcuni lo ritennero asceso alla sfera lunare,
poiché tutte le cose smarrite sulla terra, sono ivi in custodia
…
Ivi si trovano i giuramenti rotti, elemosine dell’ultimo minuto,
cuori di amanti ricuciti con fili di frange;
promesse da cortigiano, e preghiere di malato,
sorrisi di puttane, e lagrime di eredi,
gabbie di zanzare, e catene per aggiogare pulci:
farfalle secche, e tomi di casistica.
In realtà, come nei migliori miti greci
… la Musa… essa lo vide ascendere,
…
Neanche i riccioli di Berenice sorsero pienamente sì lucenti,
…
Quando i bei soli tramonteranno, che tramontare debbono,
e tutte le ciocche poseranno in polvere;
questo ricciolo, la Musa consacrerà alla Fama,
e tra le stelle inscriverà di Belinda il nome!
Tra i versi affiorano echi di Omero, Virgilio e Milton, farciti di quella giusta vena satirica che fu tanto cara al Tassoni e a Boileau che osarono anche loro accostare parole auliche a temi bassi.
Dall'eroico Pope l'invocazione alle Muse, le descrizioni delle battaglie, il dispiegamento di esseri fantastici e mitologici a reggere le sorti mortali e, non ultimo, la divisione del poema in canti e l'utilizzo del distico eroico, lo stesso utilizzato da Dryden, Chaucer in "The House of Fame" e Milton in "Paradise Lost". La struttura da commedia risalta invece dall'evolvere delle situazioni descritte: da un'inizio in letizia e pace del Primo Canto si passa allo sconvolgimento dell'atmosfera gioiosa con il rapimento del ricciolo nel Terzo Canto per poi risolversi positivamente nell'assunzione del riccio in cielo.
Raramente dalle opere d'occasione nascono capolavori, questo poema ne è un'evidente eccezione per delicatezza e per la maestria con cui tutti gli elementi sono stati piegati al volere dell'autore che sorprendeva ancor più i contemporanei proprio perché la sua raffinata penna era mossa dalla mano di uno storpio, un nano gobbuto e zoppo che, contrariamente a tutti i pregiudizi radicati in un'epoca che ha fatto dell'effimero la sua ragion d'essere, stupiva tutti per la sua eleganza.
Immagine: Incisione di Aubrey Beardsley, le sue opere cominciarono ad accompagnare il poema a partire dalla seconda metà del XIX secolo.
Leggendo non ho potuto che pensare sempre di più al buon Callimaco, fino a trovare naturalmente il riferimento a Berenice nel testo stesso di Pope. Bellissimo post, complimenti, non conoscevo questo piccolo gioiello di eleganza e colta ironia
RispondiEliminaAntonio
In effetti il testo è bello proprio perché diventa una caccia al tesoro, il tesoro da trovare sono i vari rimandi alla letteratura classica colta.
RispondiEliminaMenomale che ci sono blog dove si può imparare qualcosa di nuovo e con diveritmento.
RispondiEliminaChe bello quando un post è scritto in modo semplice e comprensibile! Ah, viene la voglia di rileggere!
RispondiEliminaRino, ritornato a leggere.