C’era una volta una maga, che aveva sette figli, quattro maschi e tre femmine. Strana questa storia, di solito le maghe delle fiabe non hanno figli. Tutte storie strane, diverse l’una dall’altra e tutte si discostano dalla norma: chi vuoi che racconti una fiaba di questo genere? Non la ascolterebbe nessuno, non ci crederebbe nessuno. Anche le fiabe devono rispondere a certi criteri. Se non hanno rispetto per i criteri delle fiabe, vengono respinte. Quindi, anche quando sfreni la fantasia, fai bene attenzione a non mandarla all’infinito, altrimenti la tua pur libera fantasia non viene creduta. La maga – direbbero – non può avere figli, perché si deve concentrare sulle fatture, sulle pozioni magiche, sul male e sul bene da fare. Non ha diritto a una famiglia, a una vita privata. Peggio o meglio per lei, non saprei dire. Senz’altro, per quei sette figli – quattro maschi e tre femmine, che non esisteranno mai, perché la maga non può avere figli - avrebbero vissuto chissà che bella infanzia e giovinezza, tutti e sette. Sei anni, cinque anni, quattro anni, tre anni, due anni, un anno e un neonato. Una scaletta di figli: da nguè ai primi tentativi di scrittura e così andare avanti, questa scaletta di figli, trasferendo le sensazioni, i piaceri della vita, l’uno agli altri e viceversa. A scaletta, invece, i vestiti: dal più grande al più piccolo, come si usa nelle famiglie per bene. Ma queste vite, seppure ne parliamo, non possono esistere nemmeno nelle fiabe, perché nelle fiabe le maghe non fanno figli.
E se le maghe avessero figli?
I bambini normali sanno che alle lucertole, se tagli la coda, questa ricresce. Non è forse magia?
La sera il frigo si svuota ma quando si ritorna a casa dopo la scuola i bambini lo trovano pieno. Non è forse magia?
Nonostante tutto l'impegno che ci si possa mettere per sporcare i vestiti rotolando nel fango, scivolando sull'erba e sgrodolando, i vestisi all'improvviso spariscono per un po' per poi ricomparire belli lindi e profumati. Non è forse magia?
Uova, zucchero e farina fanno una poltiglia informe, vengono riposti per un po' nella bocca del drago che scalda e prendono la forma di deliziose bestiole fragranti. Non è forse magia?
Si apre uno scrigno di bianche foglie sottili pieno di agili vermicelli neri e da lì escono parole gentili che raccontano di posti lontani, principesse e fate. Non è forse magia?
Forse è vero che le maghe non hanno figli, nessuna scaletta di marmocchi, però è anche vero che ogni figlio ha una magia tutta per sè.
Forse nelle fiabe le maghe non hanno figli, ma che importa? Non chiamiamole fiabe allora.
Chiamiamole storie.
Quando l'immaginazione supera la realtà, quando la fantasia diventa storia... quando le fate e i maghi hanno figli! Sarà sognare ad occhi aperti?
RispondiEliminaRino, nel bel post di Marmott.
Il messaggio che lancia Marmott79 mi ha fatto molto meditare e ancora mi farà meditare. Nelle fiabe abbiamo attribuito un ruolo alle maghe, che non consente loro di avere figli. Ma nella vita di tutti i giorni ('storie' le chiama Marmott79 al termine del suo intervento) la maga esiste e ha figli: è la mamma.
RispondiEliminaNella prima parte (quella in corsivo) si avverte un grido di dolore: anche se sfreni la fantasia, lo devi fare seguendo certe regole, altrimenti non sei capito. Quello che io chiamo 'terzo cervello' (quello della fantasia, della passione, dell'amore, dell'arte) per noi stessi non ha limiti, ma quando vai a raccontare le cose che pensi col terzo cervello agli altri, i limiti ti vengono imposti.
E così la maga non può avere figli, perché non corrisponde ai canoni delle fiabe, quelle che, pur essendo un prodotto della fantasia, si impongono regole per essere comprese da tutti. La conclusione è che anche la fantasia ha delle regole da rispettare. E qui è quello che io considero il dramma di ciascuno di noi: porre regole alla fantasia. E se non rispetti le regole, sei pazzo (quello che io chiamo 'quinto cervello', quello della follia).
Marmott79, invece, riporta tutto alla realtà. Al posto della maga pone la madre: la maga della quotidianità. E' la madre, secondo Marmott79, l'artefice delle magie quotidiane, del miscuglio di farina e altro che diventa dolce, del frigo vuoto che si riempie, dei panni sporchi che diventano puliti. Quella a cui nelle fiabe è stato attribuito un ruolo univoco, nella vita di tutti i giorni diventa la protagonista della fiaba, o meglio, la protagonista della storia. E non le sono imposte regole. E' maga e mamma nello stesso tempo.
Su questo dovrò meditare, meditare molto. In fondo Marmott79 dice: non è produttivo rifugiarsi nelle favole per lasciare andare il proprio cervello verso la fantasia; basta osservare la realtà. E' nella realtà la fiaba della nostra vita.
Grazie Marmotta.
Cari Babilonia e Pipo, mi avete pizzicata.Trovo che sia meraviglioso sognare a occhi aperti, vivere la propria vita come una storia che si racconta, sentire la voce del narratore che descrive le azioni quotidiane e in sottofondo una musica sfumata.
RispondiEliminaMi piace parlare delle fiabe perché le fiabe raccontano la vita.
La fantasia non è, per me, fuga dalla realtà, è l'elevazione della realtà, la consacrazione della realtà.
La fantasia ... è la consacrazione della realtà
RispondiEliminaAccidenti che botta!
Esattamente il contrario di quello che si pensa di norma. Chissà da chi ha preso Marmott79, quando fa queste rivoluzioni del pensiero.
Anche su questo ci dovrò meditare. E a primo acchitto si direbbe che è vero. Del resto, se James Clerk Maxwell avesse confinato le sue intuizioni nel campo della fantasia, oggi non vedremmo la televisione, non ascolteremmo la radio, non parleremmo al telefonino, perché la sua sintesi matematico-fisica delle onde elettromagnetiche non sarebbe mai emersa. E noi oggi continueremmo a vivere nel secolo Diciannovesimo.
E invece viviamo nel Ventunesimo, con i nostri telefonini, con le nostre radio, con i nostri televisori. E con Marmott79 che ci dice che la fantasia è la consacrazione della realtà.
Sembra una bizzarria, una fantasia della fantasia, eppure basta meditare un po' su questa espressione per coglierne il significato più profondo. Lasciare spazio alla fantasia e trascinarla nella realtà quotidiana ci dà la misura delle cose.
La maga, che nelle fiabe ha il suo ruolo definito, nella vita quotidiana diventa mamma e svolge più ruoli. Anche il principe azzurro - se vogliamo - diventa il marito, che ci può far vivere la favola della nostra vita, se è quello giusto.
Vivere fantasticando, insomma, per Marmott79 non è allontanarsi dalla realtà, ma viverla.
Mmm, altro motivo di meditazione.
Ora prenderò la mia chitarra e canterò per me 'Historia de un amor'.
Chissà...
Marmott79 non ci crederai ma un giovane scrittore "Romantico" intorno al 1800 la pensava esattamente come te...e anche come il sottoscritto eterno Peter Pan... John Keats diceva:
RispondiElimina"La fantasia si può paragonare al sogno di Adamo: Adamo si destò, e scoprì che era verità"
Del resto come dice giustamente Pipo, se alcuni grandi personaggi della storia avessero confinato le loro idee nel campo della fantasia, senza metterle in pratica, non avremmo usufruito delle loro importanti scoperte...
Insomma il confine tra fantasia e realta' e' molto piu' sottile di quanto si possa credere...
Bello il poster di "Bewitched" o "Vita da strega" come si chiamava in Italia, Samantha, Darwin e Tabata che family...
Ale
@ Pipo: Maxweel ok, ma pensa anche a Jules Verne nel sul "Dalla terra alla luna"... chi sa come è nata la corsa allo spazio, chi sa se quel libro ne ha avuto parte in qualche modo? Mi piace pensare di sì.
RispondiEliminaPrima della moda dei calciatori le bimbe sognavano il principe azzurro... io avevo una compagna di classe al liceo che sognava ancora Felipe di Spagna... non lo ha sposato lei ma una giornalista della televisione spagnola... non è forse una fiaba?
@Ale: Bello... Keats era un visionario, sembrava avere un collegamento esclusivo con la fantasia.
Un secolo dopo venne Pascoli con la sua poetica del fanciullino: il fanciullino ascolta le fiabe e le vede come realtà, vede la realtà e si meraviglia. Per me è stato illuminante.
... e pi c'era la mamma di Samantha, Endora, era la mia preferita.
Hai ragione arrivo' Pascoli pure lui impegnanto ad accostare fantasia e realta' con la "Poetica del Fanciullino"...
RispondiEliminaC'e' un passaggio del Fancillino che raramente ai trova nelle varie bibliografie brevi del Pacoli ma che io spesso mi rileggo, che ancora una volta ci ricorda quanto fantasia e realta' vadano insieme:
"Comunque, parlo spesso con lui, come esso parla alcuna volta a me, e gli dico: Fanciullo, che non sai ragionare se non a modo tuo, un modo fanciullesco che si chiama profondo, perché d'un tratto, senza farci scendere a uno a uno i gradini del pensiero, ci trasporta nell'abisso della verità..."
Veramente fantastico... Dovresti essere felice, nella tua affermazione sei accompagnata dai grandissimi della storia e grandi con la "G" maiuscola...
Dimenticavo io adoravo il medico di famiglia in "Vita da Strega", il mitico stregone Dottor Bombay...
L'intuizione del 'fanciullino' di Giovanni Pascoli è quella di una persona che medita molto e guarda dentro di sé con attenzione. Dopo Sigmund Freud, che indicò nella personalità dell'individuo tre elementi (io, es, superìo), venne l'analisi transazionale, una teoria della personalità elaborata da Eric Berne negli anni 50 che ha per oggetto la transazione, ovvero lo scambio che si verifica tra due individui che comunicano. Berne individua tre stati dell'io: il Genitore, l'Adulto, il Bambino.
RispondiEliminaLa mia meditazione (che non ha alcuna pretesa di competere con le teorie dei grandi psicologi) mi ha portato più o meno sulla stessa strada. Ho individuato, infatti, in me stesso cinque cervelli:
1. Della vita quotidiana, quello che la mattina indossa la maschera e si relaziona con gli altri.
2. Razionale, quello per cui 2+2=4 e sovraintende agli altri cervelli, tenendoli d'occhio.
3. Della fantasia, poesia, arte, fanciullezza eccetera.
4. Delle stronzate, una specie di valvola di sfogo, come quella della pentola a pressione.
5. Della follia, il più bello che ti consente di dire e fare quello che ti pare, tanto per gli altri sei pazzo.
Aggiungo, per quanto riguarda l'aspetto del fanciullino, che io ritengo di avere in me tutte le età che ho avuto, non solo quella del fanciullino. Ho quindi la facoltà di esprimerle quando e come mi pare. In un'ora qualsiasi di un giorno qualsiasi potrei avere l'età che ho oppure trenta o quindici o sei-sette (quando sento di avere voglia di coccole). Sì perché è profondamente ingiusto che da una certa età in poi la gente smette di farti le coccole "perché sei diventato adulto". Ma chi lo ha detto che sono sempre adulto? Lasciarsi andare alla età che si sente in quel momento è la cosa più bella che si possa provare. E se mi sento bambino, ho bisogno di giocare e di coccole. Ma occorre che anche gli altri lo sappiano.
Ora, la rivoluzione che fa Marmott79 (e che mi fa e mi farà meditare molto) è quella di lasciare andare il Bambino nel suo mondo fantastico e poi fare in modo che lui stesso consegni nelle mani dell'Adulto il risultato delle sue fantasie. Ossia non c'è più separazione tra Adulto e Bambino nella personalità di Marmott79, ma le due si integrano. E non faccio fatica a pensare che si integrino anche con il Genitore.
Accidenti, che equilibrio!
La questione del fanciullino mi è particolarmente cara. Ricordo che quando la studiai a scuola non riuscivo a pieno a comprendere la "meraviglia", la necessità di meravigliarsi.Poi mi guardai un po' intorno, guardai le pagine del libro e pensai alla meraviglia della stampa, più ancora a quella della fotocopia che ancora oggi non mi è chiara. Guardai l'orologio e pensai alla meraviglia di milioni di apparecchi simili ma tutti diversi che scandiscono i secondi all'unisono segnando la stessa ora.
RispondiEliminaNon era poi tanto difficile meravigliarsi.
Qualche giorno fa ha fatto un gran acquazzone mentre ero al lavoro. Tornando poi a casa con la collega con cui divido la macchina, lei ha esclamato ridendo "Guarda, l'arcobaleno". Se ne stava formando uno enorme con tutti e sette i colori ben visibili e accanto ne nasceva un altro. Abbiamo accostato e ci siamo fermate un po' a guardarlo scattando foto col cellulare, sorridenti come bambine. Ecco, l'arcobaleno è ancora qualcosa per cui la gente si ferma, indica e sorride. Una meraviglia per tutti.