Quand'è che la storia cambia?
Quali sono le azioni umane che da sole possono mutare il corso della Storia?
Non pretendo di fornire La Risposta: cerco di dare solo Una risposta possibile che nasce dal raffronto di tre fatti storici tra loro simili nella violenza, tre omicidi politici che marcarono una deviazione nel percorso lineare della storia occidentale.
(Vincenzo Camuccini, La morte di Cesare (1804-1805)
44 a.C.: Gaio Giulio Cesare è console di Roma. Alle sue spalle una carriera militare impressionante che gli ha consegnato ricchezze, onori e la stima del popolo romano.
44 a.C.: Gaio Giulio Cesare è console di Roma. Alle sue spalle una carriera militare impressionante che gli ha consegnato ricchezze, onori e la stima del popolo romano.
Nel 58a.C., dopo aver stretto una storica alleanza con Crasso e Pompeo, definita dagli storici il Primo Triumvirato, per ottenere l'elezione a Console, intraprende una spedizione in Gallia contro gli Elvezi, colpevoli
di incitare alla rivolta le popolazioni presso il Rodano. Non si ferma: nel corso di otto anni muove guerra contro i Germani, i Belgi, i Veneti di Bretagna e i Celti di Vercingetorige con un esercito che arriverà a contare dieci legioni. Nel 50 a.C. la Gallia è totalmente assoggettata a Roma e Cesare si riporta ai confini di Roma. Nel frattempo il Triumvirato è morto e il Senato teme la rielezione di Cesare a Console e teme Cesare, favorendogli Pompeo, intima a Cesare di lasciare il comando delle sue truppe e di portarsi a Roma da privato cittadino, svestito della sua carica. Cesare sa che questo significherebbe la sua riduzione all'impotenza e il rischio di un processo civile, oltrepassa in armi il Rubicone, confine dello Stato Romano dichiarando così guerra al Senato e l'inizio della guerra civile contro Pompeo. Nel frattempo a Roma ottiene un trionfo di consensi e attua finalmente una riorganizzazione del mondo romano, da un nuovo censimento alla fondazione di nuove provincie estendendo la cittadinanza, fa erigere nuove opere architettoniche e riordina burocrazia e magistratura. Nel 44 a.C. i consoli sono lui e Marco Antonio, pretori Bruto e Cassio. Quest'ultimo, deluso per la mancata elezione a console ordisce una congiura appoggiata da molti ex-pompeiani. Alle Idi di Marzo, in
senato, i congiurati si stringono attorno a Cesare e lo uccidono a colpi di pugnale.
Questo porterà a un ribaltamento delle alleanze politiche e all'emergere della figura di Ottaviano che nel 31 a.C. sconfisse le truppe di Marco Antonio ad Azio decretando la fine della Repubblica romana e l'inizio dell'Impero.
L'orazione funebre di questo condottiero ci è stata consegnata da una penna di indiscusso prestigio:
William Shakespeare: Giulio Cesare Atto terzi, scena prima.
"ANTONIO: O possente Cesare! Giaci tu sì basso? Sono tutte le tue conquiste, le tue glorie, i trionfi, le spoglie, ridotte a sì piccola misura? Addio. Non so, signori, quali siano le vostre intenzioni, a chi altri debba essere cavato sangue, chi altri cresca tropp'alto: se a me, non v'è ora più adatta dell'ora della morte di Cesare, né alcuno strumento per metà sia degno quanto codeste vostre spade, arricchite dal più nobile sangue di questo mondo. Io vi scongiuro, se male mi sopportate, ora, mentre le vostre imporporate mani fumano e vaporano, di compiere la vostra volontà. Vivessi mill'anni, non mi troverò sì pronto a morire: luogo alcuno non mi piacerà mai tanto, mezzo alcuno di morte, quanto qui accanto a Cesare, e da voi ucciso, i più eletti spiriti, i maestri di questi tempi."
(Jean Paul Laurens (1838-1921) - L'esecuzione del duca d'Enghien nel fossato di Vincennes, il 21 marzo 1804.)
1804: Napoleone, a trentacinque anni, è diventato Primo Console grazie al colpo di stato del 18 brumaio, è circondato da ammirazione e congiure ordite dai realisti finanziati dagli inglesi. Nel febbraio viene scoperta a
1804: Napoleone, a trentacinque anni, è diventato Primo Console grazie al colpo di stato del 18 brumaio, è circondato da ammirazione e congiure ordite dai realisti finanziati dagli inglesi. Nel febbraio viene scoperta a
Parigi una congiura e il capo della polizia sospetta di Louis-Antoine-Henri de Bourbon Condé, duca d'Enghien. Questi viene rapito dalla sua dimora a Ettenheim, in territorio tedesco, e trasferito a Parigi dove ammette di essere pronto a battersi nella nuova guerra dell'Inghilterra contro la Francia dell'usurpatore Napoleone.
D'Enghien firma il verbale ma chiede un'udienza privata col Primo Console. La sentenza è di condanna a morte ma non specifica in base a quale legge l'uomo è stato condannato; viene deliberato che la condanna venga eseguita immediatamente, in violazione a una legge che prevede la possibilità di appello contro ogni sentenza militare; il presidente della corte viene bloccato mentre scrive una lettera al Primo Console per informarlo della richiesta del duca di un colloquio privato. Nessuna comunicazione arriva a Napoleone.
Il duca viene giustiziato la mattina del 22 marzo alla luce di lanterne poggiate a terra, intravede soltanto le sagome del plotone d'esecuzione; quando viene reso noto il fatto una pioggia di accuse cade su Napoleone da tutte le corti d'Europa, il 24, davanti al Consiglio di Stato, il Primo Console si difende attaccando: "La Francia non avrà pace né riposo fino a quando l'ultimo individuo della razza dei Borboni non sarà stato sterminato" e la violenza del suo discorso gli fa riconquistare il favore dei giacobini aprendogli la strada verso l'Impero.
Nel suo memoriale Napoleone commenterà:
"Ho fatto arrestare il duca di Enghien perché era necessario per la sicurezza, l'interesse e l'onore del popolo francese, nel momento in cui il conte d'Artois manteneva, per sua confessione, sessanta assassini a Parigi. In circostanze analoghe agirei allo stesso modo".
"Ho fatto arrestare il duca di Enghien perché era necessario per la sicurezza, l'interesse e l'onore del popolo francese, nel momento in cui il conte d'Artois manteneva, per sua confessione, sessanta assassini a Parigi. In circostanze analoghe agirei allo stesso modo".
La marchesa di Nadaillac, interpretando l'indignazione che percorse le corti europee all'annuncio dell'assassinio di d'Enghien, compose questi versi in cui la voce è quella di Napoleone:
Je vécu très longtemps de l’emprunte e de l'aumône,
de Barras, vil flatteur, j’épousai la catin;
j'étranglais Pichegru, j'assassinai Enghien,
et pour tant de forfaits, j'obtins un couronne.
Vissi a lungo di prestiti ed elemosine
di Barras, vile adulatore, sposai la sgualdrina;
strangolai Pichegru, assassinai Enghien
e per tanti misfatti ottenni una corona.
1924: le elezioni politiche si dimostrano un trionfo per il partito di Benito Mussolini: superato il quorum del 25% si vede attribuire il 65% dei seggi e riporta un autentico plebiscito in Toscana, Emilia-Romagna e Umbria, nel Meridione e nelle Isole. Tuttavia, sull'esito delle votazioni, grava, pesante, l'ombra dei brogli. All'apertura della Camera piovono accuse dagli scranni dirette al Presidente del Consiglio Mussolini, le più
pesanti vengono proferite da Giacomo Matteotti, segretario del Partito Socialista Unitario:
"Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. L'elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni",denuncia le violenze, le illegalità, gli abusi commessi dai fascisti per estorcere il voto e termina il suo discorso con parole drammaticamente profetiche: "Io il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me".
Il resto è storia fin troppo conosciuta: il deputato fu rapito il 10 giugno e il cadavere ritrovato il 16 agosto in stato di putrefazione. Le accuse si concentrarono contro Mussolini che, in un discorso del 30 gennaio 1925, respinse l'accusa di un suo coinvolgimento nel delitto ma si assunse contemporaneamente la responsabilità di quanto accaduto e del clima di violenza.
"Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!
Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che va dall'intervento ad oggi."
Sulle responsabilità dirette o indirette di Mussolini in questo delitto si è scritto molto e diverse sono state le tesi.
Unanime il giudizio degli storici che vede, in quel discorso del 30 gennaio del 1925 l'accentramento del potere politico nelle mani di Mussolini, la proclamazione del regime dittatoriale in Italia, una deviazione drastica nel percorso della storia d'Italia e d'Europa.