( Lupo mannaro di Lucas Cranach il vecchio, 1512 circa, incisione, Gotha, Herzogliches Museu)
Il mito dell’uomo-lupo appartiene, per altre ragioni, anche al mondo norreno: nelle saghe si narra di una particolare casta di guerrieri sciamani, votati al dio Odino, combattevano coperti delle pelli di animali e ne imitavano le tattiche. Tra questi guerrieri v’erano gli uomini-lupo, Ulfedhnar, che, come i lupi, privilegiavano il combattimento in branco.
Ricongiungimento si trova nelle leggende di origine celtiche e nella letteratura arturiana si legge di Ulfius, assistente di Uther Pendragon, appartenente al Clan del Lupo.
Gervase of Tilbury, uno scolastico che scrisse tra il 1210 and 1214, annotò nei suoi “Otia Imperialia” che “in Inghilterra si vedono spesso uomini trasformati in lupi al mutar della luna." A quel tempo l’Isola Emerald era conosciuta come terra di lupi e si pensava che lo stesso San Patrizio avesse trasformato Vereticus, re del Galles, in un lupo.
Maria di Francia, che trasse ispirazione per i suoi Lais sia dalla letteratura classica (Ovide Moralisé), sia da miti celtici, ha inserito la leggenda dell’uomo-lupo in Bisclavret:
Un tempo si sentiva dire
E spesso accadeva
Che parecchi uomini diventavano lupi mannari
E avevano dimora nei boschi.
Il lupo mannaro è una bestia selvaggia;
quando è in preda a quel furore,
divora gli uomini, commette grandi mali,
si aggira e vaga nelle grandi foreste.
Questo è il cappello che fa Maria di Francia al lai Bisclavret: introduce la tematica dell’uomo-lupo ma in realtà il componimento tratta più dell’infedeltà di una moglie e della sua giusta punizione. Più che la storia in sé è interessante il modo in cui viene effettuata la trasformazione: per trasformarsi in lupo l’uomo deve spogliarsi dei suoi vestiti, allo stesso modo i vestiti gli sono indispensabili per ritrovare le sembianze umane. Da come viene raccontata la sua metamorfosi sembra che trasformarsi in lupo sia per lui necessario per sfogare la parte selvaggia e pericolosa, si ha proprio l’idea che l’uomo si trasformi di sua volontà e non, come invece è stato tramandato in seguito il mito, a causa di eventi indipendenti dalla sua volontà (vedi luna piena). Così infatti racconta la sua metamorfosi:
“Signora, io divento un lupo mannaro.
Mi inoltro in quella grande foresta,
nel folto della macchia,
e vivo di preda e di rapina.
… accanto a quel bosco,
di fianco al sentiero che percorro,
c’è una vecchia cappella
che molte volte mi è di grande aiuto
…
Ci metto i miei vestiti, sotto il cespuglio,
finché torno a casa.”
Anche il ritorno alle sembianze umane sembra volontario in quanto per ritornare uomo il cavaliere deve indossare vestiti.
Contemporaneo a Bisclavret è il lai di Melion, di autore anonimo, composto tra il 1190 e il 1204, conservato presso la Biblioteca de l’Arsénal di Parigi. La storia è uguale, tanto che sembra impossibile ritenere che i due componimenti non abbiano avuto la medesima fonte. Si differenziano solo per due particolari: Bisclavret è inserito in un contesto anonimo, un qualsiasi luogo della Bretagna in qualsiasi tempo, mentre di Melion sappiamo che era cavaliere al servizio di re Artù e che sposò la figlia del re d’Irlanda. Dopo tre anni di matrimonio la moglie, durante una battuta di caccia al cervo (ancora il motivo della caccia al cervo come elemento stravolgente), incita Melion a catturarlo, egli allora, con l’ausilio di un anello magico (elemento introdotto per la prima volta proprio in questo lai) si muta in lupo e inizia la caccia. L’anello viene affidato alla dama con queste parole:
‘Je vos lais ma vie et ma mort:
Il n’i auroit nul reconfort
Se de l’autre touciés n’estoie;
Jamais nul jor hom ne seroie’ (vv. 169-72)
Vi consegno la mia vita e la mia morte : / non ci sarebbe conforto / se nuovamente non fossi toccato ; / Mai più sarei uomo.
L’anello, come i vestiti in Bisclavret, opera la trasformazione in lupo e la riconversione in uomo. In entrambi i componimenti la moglie sottrae all’uomo lo strumento della metamorfosi per poi venir punita al termine del racconto.
Io mi fermo qui. A voler continuare ce ne sarebbe ancora per un po’, a cominciare dall’immagine del lupo cattivo presente nelle fiabe più note de “I tre porcellini” e di “Cappuccetto Rosso”, ma non escludo di poterne trattare in un altro momento.