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venerdì 6 settembre 2019

Comma 22 - Come la racconti la guerra?


Come la racconti la guerra?

Come la racconti la seconda guerra mondiale? 
Il desiderio di uccidere qualcuno che non conosci, la paura di essere ucciso da chi non ha motivi personali per farlo. Il susseguirsi degli eventi nel loro essere ripescati dalla memoria?

Per prima cosa attraverso al follia.
La follia di un regolamento, il Comma 22, che recita: solo chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo.
Un circolo vizioso perfetto in cui i soli esentati dalle missioni sono proprio quelli che vogliono che la guerra continui.

Ora, spiegare come sia Comma 22 non è semplice e soprattutto non vorrei banalizzarlo utilizzando espressioni tipo "capolavoro della letteratura postmoderna" o "un libro che ha segnato e definito il Dopoguerra" o altre frasi sicuramente correte ma riduttive: per spiegarvi perché è davvero un'opera d'arte (e anche perché è divertente) voglio scomporlo come di solito non faccio, prendendo in considerazione i personaggi, la struttura e il linguaggio.

I personaggi

Il protagonista, Yossarian, è un ufficiale dell'aeronautica militare americana, pilota bombardiere di stanza a Pianosa, nell'arcipelago toscano. 
Yo-Yo, così lo chiamano, proprio non riesce a comprendere perché persone sconosciute vogliano ammazzarlo e trascorre la maggior parte del suo tempo nell'ospedale da campo per un immaginario disturbo al fegato. A fare da contorno alle sue più che giustificate paranoie, un insieme variegato di personaggi, ognuno con le sue manie, ossessioni, distorsioni.
C'è il dottor Daneeka inc... nero perché in America stava iniziando a fare soldi con la sua professione quando gli hanno comandato di partire per l'Italia e spera ardentemente che la situazione nel Paese non si sblocchi almeno fino alla fine della guerra perché altrimenti lo manderanno nel Pacifico, c'è Milo Minderbinder che dalla guerra sta traendo profitto con il traffico di merci di tutti i tipi di cui beneficia la cooperativa "E tutti hanno una quota", il tenente Nately, di ottima famiglia, che si innamora di una puttana italiana che lo disprezza e spende tutto il suo denaro, c'è il tenente e poi colonnello e forse in futuro generale Scheisskopf (letteralmente "testa di merda") talmente ossessionato dalle parate da impegnare tutte le sue risorse per inventare il miglior modo per sfilare ricorrendo persino agli studi anatomici di Leonardo, c'è Orr, il pilota pazzo che continuamente viene abbattuto, continuamente finisce in mare e continuamente viene recuperato e c'è il vecchio romano, senza nome, che filosofeggia sulle guerre, sugli italiani e sugli americani.
Infine c'è questo soldato in bianco in corsia, ricoperto dalla testa ai piedi di gesso e garza, una bottiglia collegata a una cannula infilata nel gomito gli fornisce i liquidi necessari, un'altra bottiglia raccoglie quelli di "scarico" e quando la prima bottiglia è vuota e la seconda piena gli infermieri si premurano di invertire le due perché l'importante è mantenere la circolazione dei liquidi all'interno del corpo. Un po' la sintesi di questa guerra assurda: non importa chi faccia cosa e cosa si faccia: quel che conta è perpetrare il movimento. È anche un po' il soldato di Schrödinger: nessuno sa davvero se sia vivo o morto finché l'infermiere non legge la temperatura segnata sul termometro.

La Struttura

La struttura circolare dell'opera è, dal mio punto di vista, la caratteristica più interessante dell'opera e la più realista. C'è chi ha voluto definire Comma 22 uno dei primi romanzi post-moderni (è del 1961) e non a torto. Cito da Treccani:
"in contrasto con il carattere utopico, con la ricerca del nuovo e l’avanguardismo tipici dell’ideologia modernista, la condizione culturale p. si caratterizza soprattutto per una disincantata rilettura della storia, definitivamente sottratta a ogni finalismo, e per l’abbandono dei grandi progetti elaborati a partire dall’Illuminismo e fatti propri dalla modernità."
Più ancora che circolare direi che il libro presenta una struttura a chiocciola: la narrazione si dipana come la crescita del guscio di una lumaca: con fasce di accrescimento che diventano sempre più larghe verso l'esterno in una spirale che si arrotola sempre in senso antiorario. 
Non c'è una narrazione lineare: inizio, svolgimento e finale sembrano buttati a casaccio come il corpo di un soldato smembrato dalle bombe. Lo stesso evento principale del libro, citato spesso tra le pagine che suscita la curiosità del lettore e determina gran parte della presa di coscienza del protagonista, è descritto solo alla fine dell'opera ma l'autore ne dissemina i pezzi lungo tutta la narrazione coinvolgendo il lettore nei continui spostamenti temporali della mente di Yossarian.
Parlo di narrazione a chiocciola e non circolare perché la circolarità dà una sensazione di chiuso e suggerisce comunque un'idea di linearità ovvero una linearità che inizia in un punto e termina in un altro per poi ricominciare, un po' come la Recherche di Proust.
No, qui siamo di fronte a una narrazione diversa perché in ogni punto della narrazione si riescono a toccare in sezione tutti i punti della storia e ognuno di quesi punti è legato indissolubilmente agli altri.
Dalla proporzione aurea dell'uomo vitruviano di Leonardo studiato da Scheissekopf per le sue parate, alla sezione aurea utilizzata come struttura portante del romanzo. Davvero ben ben ben congeniato, ci ho messo un pochino per realizzare la cosa e l'illuminazione è arrivata nel momento ho visualizzato l'immagine della chiocciola nella mia mente crearsi dal nulla.

E poi c'è il grande, grandissimo colpo di scena finale, anche questo preannunciato lungo tutto il romanzo, che lascia letteralmente senza fiato il lettore, spiazzato tra incredulità, felicità e una grossa, grassa risata liberatoria come acme indiscusso dell'assurdo. 
Questa è la straordinaria maestria di Joseph Heller che non ci fa minimamente capire la rivelazione finale e ci lascia sbalorditi e speranzosi come il protagonista Yo-Yo. non dico nulla a riguardo ma la sensazione che lascia è molto simile a quella della "Versione di Barney" o de "I soliti sospetti"

Le Parole

Potevano bastare anche solo i personaggi raccontati per fare di questo libro un inno all'assurdo ma Heller fa di più: rende l'idea del paradosso con le parole e con l'andamento circolare della narrazione.
E per rompere la monotonia si mise a inventare dei giochi. «A morte tutte le espressioni qualificative» dichiarò un giorno, e dalle lettere che passavano per le sue mani scomparvero tutti gli avverbi e tutti gli aggettivi. Il giorno seguente dichiarò guerra agli articoli. Un più sublime livello di creatività fu raggiunto il giorno seguente, quando cancellò tutto a eccezione degli articoli. Ciò produceva, egli sentiva, un più dinamico equilibrio di tensioni fra linea e linea, e dava quasi sempre al messaggio un carattere di universalità. Dopo un certo tempo cominciò a bandire dalle lettere i saluti e le firme, lasciando il testo intatto. Un’altra volta cancellò tutto fuorché l’inizio: «Cara Maria», e in calce alla lettera scrisse: «Ti bramo tragicamente. R. O. Shipman, Cappellano, Esercito degli Stati Uniti». Il cappellano del gruppo si chiamava appunto R. O. Shipman.Quando ebbe esaurito tutte le possibilità offerte dal testo delle lettere, partì all’attacco dei nomi e degli indirizzi sulle buste, distruggendo intere case o strade, annientando, con un disinvolto colpetto di mano, intere metropoli, come un Dio. Il Comma 22 prescriveva che ogni lettera censurata portasse il nome dell’ufficiale incaricato. Gran parte delle lettere, Yossarian non le leggeva affatto. Su quelle che non leggeva scriveva il suo nome. Su quelle che invece leggeva, apponeva la firma: «Washington Irving». E quando anche questo divenne monotono, cominciò a scrivere: «Irving Washington».
Quel che a un lettore appare assurdo diventa una banalità per Yossarian che gli permette di rimanere sano: "assurdizzare" il banale, banalizzare l'assurdo, questa è la chiave di lettura del libro perché in guerra tutto deve apparire perfettamente normale anche se è  tutto incredibilmente straordinario.

Gli stessi dialoghi tra i personaggi echeggiano quelli tra Vladimir ed Estragon dell'"Aspettando Godot" di Beckett, si avvolgono a chiocciola nel tentativo di giustificare sé stessi e non c'è speranza di renderli esplicativi anzi, si assiste a un'involuzione del significato, alla trasformazione della parola da vettore di significato a mero suono. I dialoghi, le parole vengono aperti e svuotati come un uovo alla coque del quale, alla fine, non resta che il guscio vuoto, come l'insieme di garza e gesso che contengono il soldato in bianco, o forse non lo contengono e dell'uomo non hanno che a forma e ci fanno credere che chissà cosa contengano.
"Nominate, per esempio, un poeta che fa soldi.»«T. S. Eliot,» disse l’ex caporalmaggiore Wintergreen dal cubicolo dove selezionava la posta al Quartier Generale del Ventisettesimo Air Force e sbatté giù il telefono senza dichiarare la propria identità.Il colonnello Cargill, a Roma, rimase perplesso.«Chi era?» chiese il generale Peckem.«Non lo so,» il colonnello Cargill rispose.«Che cosa voleva?»«Non lo so.»«Insomma, cosa ha detto?»«T. S. Eliot,» il colonnello Cargill lo informò.«Che cosa?»«T. S. Eliot,» il colonnello Cargill ripeté.«Soltanto T. S...»«Signorsì. Questo è tutto quello che ha detto. Soltanto ‘T. S. Eliot’.»«Mi domando cosa voglia dire,» il generale Peckem rifletté. Il colonnello Cargill se lo chiese anche lui. «T. S. Eliot,» il generale Peckem meditò.«T. S. Eliot,» il colonnello Cargill gli fece eco con lo stesso tono di funerea perplessità.Il generale Peckem si risollevò dopo un momento con un sorriso mellifluo e benevolo.La sua espressione era astuta e sofisticata. Gli occhi gli brillavano di malizia. «Fammi chiamare da qualcuno il generale Dreedle,» ordinò al colonnello Cargill. «Senza fargli sapere chi lo chiama.»Il colonnello Cargill gli passò il telefono.«T. S. Eliot,» il generale Peckem disse, e attaccò il ricevitore.
Ed eccolo qua il Comma 22 che compare per la prima volta con tutta la sua lucida contraddizione, una trappola perfetta cui nulla può sfuggire:   
«Non puoi esonerare dal volo uno che è pazzo?»«Oh, certo. Devo farlo. C’è una regola che prescrive di esonerare dal volo tutti quelli che sono pazzi.»«E allora perché non esoneri me? Io sono pazzo. Prova un po’ a chiederlo a Clevinger.»«Clevinger? E dove è Clevinger? Trovami Clevinger e io glielo chiederò.»«E allora chiedi a uno qualsiasi degli altri. Te lo diranno loro che io sono pazzo.»«Loro sono pazzi.»«E allora perché non li esoneri?»«Perché non mi chiedono di esonerarli?»«Perché sono pazzi, ecco perché.»«Certo, che sono pazzi,» rispose il dottor Daneeka. «Te l’ho appena detto che sono pazzi, no? Ma, dimmi un po’, come si fa a lasciare decidere a quelli che sono pazzi se tu sei pazzo o no?»Yossarian lo guardò con calma e provò a fare un approccio da un altro angolo. «E’ pazzo Orr?»«Certo che lo è,» disse il dottor Daneeka.«Puoi esonerarlo?»«Certo che posso. Ma prima lui deve chiedermelo. Questo fa parte della regola.»«E allora perché non te lo chiede?»«Perché è pazzo,» disse il dottor Daneeka. «Deve essere pazzo, per il fatto stesso che continua a volare dopo aver sfiorato la morte così tante volte. Certo, posso esonerare Orr. Ma prima deve chiedermelo lui.»«Questo è tutto quello che deve fare per essere esonerato?»«Questo è tutto. Basta che me lo chieda.»«Allora, dopo che lui te l’ha chiesto, puoi esonerarlo?» Yossarian domandò.«No, dopo non posso esonerarlo.»«Vuoi dire che c’è un comma?»«Certo che c’è un comma,» rispose il dottor Daneeka. «Il Comma 22. ‘Tutti quelli che desiderano di essere esonerati dal volo attivo non sono veramente pazzi’.»
Anche il sarcasmo disilluso viene sfruttato per rappresentare l'assurdo:
Tutto quello che gli chiedevano di fare in un ospedale era di morire odi sentirsi meglio, e poiché lui stesso stava perfettamente bene, tanto per cominciare, non era affatto difficile sentirsi meglio.Stare all’ospedale era molto meglio che stare nel cielo di Bologna o volare su Avignone con Huple o Dobbs ai comandi e con Snowden agonizzante nella coda dell’aereo.Di solito non c’erano quasi mai così tanti ammalati dentro all’ospedale quanti ce n’erano fuori dall’ospedale, e Yossarian si era accorto che generalmente c’erano ancor meno persone dentro l’ospedale che fossero malate seriamente. Dentro l’ospedale c’era un indice di mortalità molto più basso che fuori dall’ospedale, e un indice di mortalità molto più igienico. Ben poche persone morivano senza che ce ne fosse bisogno. Si sapeva molto di più dentro l’ospedale su come si deve morire e di solito si riusciva a farlo in un modo pulito e ordinato. Dentro l’ospedale non si poteva certamente vincere la Morte, ma si poteva indurla a comportarsi bene. Le avevano insegnato le buone maniere.Non si poteva tenere la Morte fuori dall’ospedale, ma quando stava dentro l’avevano indotta a comportarsi come una signora per bene.La gente, dentro l’ospedale, rendeva l’anima a Dio con delicatezza e buon gusto. Non c’era segno di quella rozza, antipatica ostentazione nel morire che era invece così diffusa fuori. Non si esplodeva in mezzo all’aria come avevano fatto Kraft o il morto nella tenda di Yossarian. Non ci si irrigidiva nel freddo della morte in piena calura estiva come aveva fatto Snowden, irrigidendosi nel freddo della morte subito dopo aver confidato il suo segreto a Yossarian nella coda dell’aereo.
E infine la parabola del vecchio italiano nel bordello, l'uomo meno probabile per esprimere un pensiero ragionevole:
«Dai tanta importanza al vincere le guerre» il vecchio sporco e malvagio lo schernì. «Il vero trucco consiste nel perdere le guerre, nel conoscere quali guerre vadano perdute.

L’Italia ha continuato a perdere guerre per secoli, e guarda come ce la siamo splendidamente cavata malgrado tutto. La Francia vince le guerre ed è in perpetuo stato di crisi. La Germania perde e prospera. Da’ un’occhiata alla nostra storia recente.

L’Italia ha vinto una guerra in Etiopia e subito s’è trovata in un mare di guai. La vittoria ci ha ispirato tali stupide illusioni di grandezza che abbiamo aiutato a iniziare una guerra mondiale che non avevamo la minima probabilità di vincere. Ma ora abbiamo ripreso nuovamente a perdere, e ogni cosa comincia ad andar meglio, e certamente ne usciremo
ottimamente se riusciamo veramente a essere sconfitti.»
Nately lo guardò a bocca aperta, senza celare la propria confusione. «Ora non capisco proprio cosa sta dicendo. Parla come un folle.»
«Ma vivo come uno che folle non è. Quando Mussolini era al potere, io ero fascista e ora che è stato deposto sono antifascista. Ero fanaticamente in favore dei tedeschi quando i tedeschi erano qui a proteggerci dagli americani, e ora che gli americani sono qui a proteggerci dai tedeschi sono un fanatico partigiano degli americani. Posso assicurarti, mio giovane amico indignato» (gli occhi accorti e sprezzanti del vecchio brillarono con maggiore vivacità, mentre la balbettante confusione di Nately cresceva) «che tu e il tuo paese non troverete in Italia un partigiano più fedele di me... ma solo fin quando resterete in Italia.»
Insomma, più lo leggo, più ci penso e più questo romanzo non romanzo mi appassiona. Sono anche sicura che se trascorressi ancora qualche ora a pensarci vi troverei altri sublimi spunti da analizzare e non escludo di accennarvi in futuro. 


Curiosità:

  • Il primo capitolo fu scritto sul luogo di lavoro il giorno dopo aver iniziato a stendere la trama ma il secondo capitolo fu scritto solo un anno dopo.
  • Lo spunto per alcuni dei personaggi furono suoi conoscenti e il personaggio Milo è disegnato proprio sui ricordi di un suo amico d'infanzia
  • Al principio Yossarian doveva essere armeno ma poi Heller lo fece Assiro. Alcuni ipotizzarono che potesse essere ebreo ma Heller non lo specifica e, in realtà, la sua religione è del tutto ininfluente nella trama, come a dire che potrebbe essere di qualsiasi religione.
  • La Marvel tributò omaggio al libro in World War II chiamando una base militare Camp Cathcart dal nome del personaggio del colonnello Cathcart che nella serie TV prodotta da Sky è interpretato da Kyle Chandler (già conosciuto per essere stato il protagonista nella serie Uno sguardo dal cielo in cui un gatto gli portava il giornale del giorno dopo).
  • Anche Bonvi raccolse il significato del Comma 22 nel suo Sturmtruppen.
  • Per la sua valenza antimilitarista il testo divenne un'icona pacifista durante la guerra del Vietnam e molti manifestanti davanti alla Casa Bianca portavano sul petto una spilla con lo slogan "Yossarian lives"

giovedì 1 agosto 2019

Henry James - Il carteggio di Aspern


Fino a che punto è lecito spingersi per amor di letteratura?

Una Venezia gotica emerge dalle pagine di James, in questa città è conservato il carteggio amoroso di uno dei più importanti poeti del XIX secolo: Jeffrey Aspern.

Aspern è un personaggio fittizio ricalcato sulla figura del poeta Lord Byron, un ricercatore  scopre quasi per caso che il suo carteggio si trova a Venezia, in possesso dell'anziana signorina, Bordereau.
L'anonimo protagonista è disposto a tutto pur di impossessarsi di quelle lettere e con stratagemmi e un falso nome si stabilisce in casa dell'anziana signorina che, si rumoreggiava, aveva avuto in gioventù una relazione con il grande poeta.

Lungo tutto il racconto lo studioso pensa solo a come appropriarsi di quelle carte, riconosce la meschinità del suo comportamento ma non può trattenersi: il fine che persegue è troppo importante, per sé stesso e per la letteratura mondiale.

James ci pone di fronte, di nuovo, al tema a lui caro di Americani in Europa, dello sradicamento, del vivere in limine tra i due mondi e sentirsi estranei a entrambi.

Il soggetto principale del racconto è il dubbio: quanto sia moralmente corretto indagare nella vita dei grandi che ci hanno preceduti e quali atti si possano compiere in nome della cultura, se si possa arrivare a calpestare i sentimenti delle persone e se questo lo si faccia per amor di letteratura o per consegnare sé stessi alla storia.

L'anziana signorina Bordereau custodisce quelle lettere impedendone la diffusione, le difende con le ultime energie che le sono rimaste e con il proprio corpo, incutendo un discreto disagio nel protagonista e nel lettore.
Il racconto è immerso in un'atmosfera goticheggiante, la mente del protagonista trasforma l'anziana signora e gli ambienti trasfigurandoli in immagini minacciose e si immerge in questo inferno fatto di stanze disadorne e personaggi inquietanti da lui stesso creati. L'atmosfera perturbante emerge solo dalle impressioni del protagonista, voce narrante del racconto, e ogni avvenimento, ogni mutamento di atteggiamento negli altri viene filtrato dai suoi sentimenti del ricercatore, gli altri personaggi sono visti attraverso la sua percezione e, in ultimo, il suo senso di colpa.
Da questa visione colpevole scaturisce un senso di inquietudine, di disturbo e l'immagine della signorina Bordereau giganteggia imperiosa su tutti, ultimo ostacolo che il ricercatore deve superare per raggiungere il suo Graal.

Altro soggetto del racconto è Venezia, in descrizioni lunari che sfiorano il gotico si dispiegano i mille canali percorsi da gondole, piazza san Marco risplende in tutta la sua luce e il Florian assurge a simbolo di Venezia diventando una delle mete turistiche più desiderate. Le descrizioni di James hanno riportato in vita la curiosità per la città lagunare, Venezia deve molto a James.

Pungente, altero, James ha un talento unico nello svelare i suoi personaggi attraverso il dialogo che è sempre estremamente efficace e reale: con poche, brevi battute riesce a descrivere precisamente gli attori del suo racconto, meglio ancora riesce a farci vedere, sentire e provare le stesse emozioni del protagonista.

La deliziosa tecnica di Henry James consiste nello schierare tutte le sue pedine in una breve introduzione e poi farci attendere e attendere che accada qualcosa così come attende il ricercatore, così come attende il cacciatore nascosto tra le foglie la sua preda. A metà del racconto gli eventi subiscono una brusca accelerazione, la preda si mostra e fugge, il cacciatore si mette all'inseguimento. La preda infine si volta e fronteggia il suo inseguitore guardandolo negli occhi... sublime, James ha un tocco sublime.

Al termine, come spesso accade nei racconti di James, al lettore rimangono più domande che risposte: James pone sottilmente domande morali cui il lettore dovrà rispondere frugando in sé stesso.

Un ottimo articolo su "Aspern Papers" e il legame con Venezia si può trovare a questo link di Openedition.



Questo racconto ha un'ispirazione davvero suggestiva: nei suoi quaderni Henry James racconta di aver avuto un'informazione curiosa da Eugene Lee-Hamilton, poeta tardo-vittoriano. Eugene conosceva il capitano Edward Augustus Silsbee di Salem, Massachusets, un marinaio mercantile con una passione illimitata per il poeta inglese Percy Bysshe Shelley. Silbee gli svelò che l'anziana signorina Claire Claremont, sorellastra di Mary Wollstonecraft Shelley, conosciuta per la sua relazione con il poeta romantico Lord Byron e per aver dato alla luce sua figlia Allegra, viveva a Firenze.
All'epoca Clare Clairmont aveva ottanta anni e viveva in compagnia di una sua nipote che di anni ne aveva circa cinquanta. Silbee venne a conoscenza che l'anziana signorina era in possesso di carte interessanti che riguardavano Shelley e decise di impossessarsene a ogni costo: pianificò di recarsi a Firenze per conoscere le signorine sperando che, visto l'avanzata età, Claire morisse durante la sua visita permettendogli così di mettere le mani sul carteggio.
I fatti si svolsero esattamente come sperato: durante il periodo che Silbee trascorse a Firenze la signorina Clairmont morì ma quando Silbee si recò dalla nipote cinquantenne e le chiese le carte, la risposta della signorina fu "Vi darò le lettere se mi sposerete!"
James restò visibilmente attratto da questa storiella e ne fece un racconto trasferendo però l'azione a Venezia e non a Firenze per due ragioni: in primo luogo per delicatezza "Sentivo che il mio appropriarmi della leggenda fiorentina dovesse ripulirla dai riferimenti troppo ovvi". Il secondo motivo è che Venezia, storica città di amore e intrigo, era più adatta al tipo di racconto che l'autore americano stava scrivendo, del resto Byron visse a Venezia dal 1816 al 1819 e la Giuliana di questa storia sarebbe stata più credibile nella laguna piuttosto che tra i palazzi rinascimentali di Firenze.

Questa storia è racchiusa nei quaderni di Henry James, "Florence, 12 January 1887, Notebooks 33".

domenica 2 giugno 2019

Daisy Miller - Un'americana in Europa



Daisy Miller è un racconto breve su di una ragazza americana in Europa che sfida le convenzioni sociali del vecchio mondo.

Il comportamento libero e civettuolo delle ragazze americane che Daisy incarna scandalizza la buona società e le chiude le porte dei migliori salotti.

La storia è narrata internamente dall'americano Frederick Winterbourne, uno gigolò alla ricerca di ricche signore da prendere all'amo, quando Winterbourne la conosce mette da parte per un momento le ricche signore per concentrarsi su questa giovane ereditiera.

Per tutto il racconto il protagonista si interroga sulla vera natura della giovane e infine decide che non vale la pena darsi cruccio per lei: non lo merita, è un'astuta ipocrita salvo poi ricredersi nel finale rimproverarsi di aver vissuto troppo all'estero: in America il suo comportamento sarebbe stato ritenuto nella norma, in Europa no e proprio per i suoi lunghi soggiorni nel vecchio continente Winterbourne comprende di aver perso quello spirito americano di leggerezza.
È un quadro sulla diversità dei valori tra vecchio e nuovo mondo ma è anche lo specchio di ciò che era ed è permesso al sesso maschile rispetto al sesso femminile: non c'è biasimo per Winterbourne e nemmeno per gli amici maschi con cui Daisy si accompagna: il biasimo ricade tutto su Daisy perché è donna e non le piace stare a casa a fare la calzetta.

Non solo è un quadro sulle diversità tra i due mondi, è anche il ritratto di un'adolescente in viaggio, in crescita, sotto la pressione di quello che la società si aspetta da lei. per descrivere un tipo di società una giovane donna è la protagonista ideale perché non c'è nulla che attiri più le critiche di una giovane e bella ragazza: la giovane è colei che deve mantenere la reputazione intatta, immacolata, presentare sempre il lato migliore di sé, esteticamente e moralmente.

Henry James, il maestro dell'ambiguità e del non detto, non ci permette di conoscere Daisy, i suoi pensieri ci restano oscuri, le sue parole, tutte dettate dall'urgenza o dall'entusiasmo, ci fanno sì intravvedere freschezza ma anche capriccio, un capriccio che infastidisce e alla fine non proviamo nessuna empatia nei suoi confronti: rimane una presenza passeggera nella vita di Winterbourne,
Sulla prosa di James non resta molto da scrivere: l'eleganza che lo contraddistingue e la capacità di descrivere con brevi tratti di pennello i suoi personaggi e le atmosfere conferiscono al racconto l'aspetto di un quadro, la naturalezza che pervade la narrazione è figlia del naturalismo flaubertiano ma se ne distacca nel momento in cui non ne sentiamo il peso e le pagine scorrono con leggerezza.
A un lettore attento non sfuggiranno echi di Emma Bovary, come un profumo di, più giovane, più bella, più ricca e con tutta la vita davanti per sbagliare.

Lo stile di James e la focalizzazione interna del narratore fanno pendere il lettore da una parte e dall'altra sul filo dell'instabilità sulla base dei sentimenti di Winterbourne, quel che il lettore pensa glielo suggerisce Winterbourne, quel che il lettore vede lo vede attraverso gli occhi di Winterbourne, non ha altri riferimenti e bisogna procedere molto cauti con questo tipo di narratore, non dare per scontato quel che si vede, sente, legge... per il lettore il divertimento in questo tipo di narrazione risiede proprio nel poter mettere in discussione la voce che racconta la storia e provare a ribaltare la prospettiva.

lunedì 20 maggio 2019

Il Grande Gatsby, sogno americano infranto



Il Grande Gatsby è una casa dei sogni costruita mattone dopo mattone, con pazienza e caparbia, è il prodotto dell'illusione, la riscrittura del passato per riportare in dietro il tempo e rimediare agli errori della storia.
È il romanzo dell'inquietudine, il sogno americano infranto, sfracellato dal ricco cinismo e dalla sbadataggine di chi sogni non ha mai avuto perché possiede tutto dalla nascita.

Povero Gatsby, sei un illuso!
Il mondo esisteva senza di te, continuerà ad esistere dopo di te e tu non sei stato altro che un breve passatempo, una festa finita in fretta e ora restano solo bicchieri troppo grandi da lavare, scarpe dimenticate e un pianoforte muto.

Povero Gatsby!
Hai vissuto in un sogno troppo grande per te, per chiunque, non hai capito le regole del gioco e sei stato spazzato via come cenere.

Per comprendere pienamente questo romanzo si deve fare comprendere la geografia dei luoghi: East Egg e West Egg. Sono due penisole di Long Island che si specchiano l'una nell'altra: Da una parte East Egg, residenza dei vecchi ricchi che possono contare su una fortuna costruita nel tempo dagli antenati, dall'altra West Egg, territorio dei nuovi ricchi.
East Egg West Egg Il Grande Gatsby

Daisy, la bella Daisy che ha il suono delle monete nella voce, vive a East Egg con il marito e la figlia in una casa bellissima circondata da un parco infinito, affacciata sulla baia, sul pontile della villa brilla una luce verde.
È proprio di fronte alla casa di Daisy, di fronte a quella luce verde che brilla tutta la notte, che Jay Gatsby decide di andare ad abitare, non è di Long Island: è arrivato da poco ma fa di tutto per farsi notare organizzando feste sfarzose e infinite cui partecipa tutta la New York che conta. 
Il narratore, Nick Carraway, è anche lui arrivato da poco a new York e si stabilisce in una modesta casa confinante con quella di Gatsby, è un lontano cugino di Daisy e sarà proprio lui lo strumento che Gatsby utilizzerà per avvicinarsi a lei.

È importante visualizzare la geografia del luogo, visualizzare Gatsby in piedi davanti alla baia, le braccia tese nella notte in direzione della luce verde davanti a casa di Daisy
"La sagoma di un gatto oscillò nella luce lunare, e voltando il capo per guardarlo mi accorsi che non ero solo: ad una ventina di passi una figura era sorta dall’ombra del palazzo del mio vicino fermandosi in piedi, con le mani in tasca, a guardare i granelli argentei delle stelle. Qualcosa nei movimenti disinvolti e nella salda presa dei piedi sul prato mi fece capire che quello era il signor Gatsby, uscito a verificare quale fosse la porzione del cielo locale che gli spettavaDecisi di chiamarlo. La signorina Baker lo aveva nominato a cena e questo sarebbe servito da presentazione. Ma non lo chiamai, perché d’un tratto egli diede una prova della sua soddisfazione nel sapersi solo: tese stranamente le braccia verso l’acqua oscura e, per quanto fossi lontano da lui, avrei giurato che stava tremandoSenza volerlo diedi un’occhiata al mare e non distinsi niente all’infuori di un’unica luce verde, minuscola e lontana, che avrebbe potuto essere l’estremità di un molo."
Jay Gastby non è nessuno, viene dal niente, dopo qualche anno trascorso al servizio di un magnate americano si ritrova, alla sua morte, gettato in strada come un cane, incontra Daisy a Chicago, la bella Daisy con il suono delle monete nella voce, il suo palazzo principesco, un sogno. Un sogno da cui si deve separare a causa della guerra.

Per cinque anni, dopo l'esperienza in guerra, Jay Gatsby lavorerà per raggiungere quel sogno, quel palazzo, quella voce.
"Lassù, nel palazzo bianco, la figlia del re, la fanciulla dorata"
Con meticolosità infinita si costruisce, costruisce la propria ricchezza e il proprio passato, manipola la realtà per edificarsi a dio, un dio di cartapesta, venerato finché risplende, una favola della modernità con i suoi valori squilibrati e zoppi.
Contemporaneamente ricostruisce il suo sogno, la fanciulla dorata nel castello diventa il simbolo di tutto il desiderio, le monete nella sua voce, la luce verde in fondo al pontile, sono oggetti fatati che portano a lei, Daisy viene trasfigurata i un ideale di felicità, coronamento del successo.
Al suo arrivo a West Egg le voci si rincorrono sul suo conto: ha ucciso un uomo, era una spia dei tedeschi, ha studiato ad Oxford, è un contrabbandiere, a Jay non importa, che parlino pure se questo può contribuire a portarla da lui.

La sua casa risplende di notte nelle luci delle feste come un faro segnalatore, è questione di tempo e lei verrà, come un ragno Gatsby si apposta ai bordi della sua ragnatela e attende la preda.
E la preda, infine, giunge da lui
"Quando andai a salutare vidi che era ritornata sul viso di Gatsby l’espressione stupita, come se gli fosse nato un lieve dubbio sull’entità della felicità presente. Quasi cinque anni! Perfino in quel pomeriggio dovevano esserci stati momenti in cui Daisy non era riuscita a stare all’altezza del sogno, non per sua colpa, ma a causa della vitalità colossale dell’illusione di lui che andava al di là di Daisy, di qualunque cosa. Gatsby vi si era gettato con passione creatrice, continuando ad accrescerla, ornandola di ogni piuma vivace che il vento gli sospingesse a portata di mano. Non c’è fuoco né gelo tale da sfidare ciò che un uomo può accumulare nel proprio cuoreQuando lo fissai, si riprese visibilmente. Teneva fra le sue una mano di lei e, quando Daisy gli disse qualcosa all’orecchio, le si avvicinò in uno slancio di emozione. Credo che quella voce lo avvincesse col suo calore fluttuante e febbrile soprattutto perché non poteva superare il sogno: quella voce era un canto immortaleMi avevano dimenticato, ma Daisy alzò lo sguardo e tese la mano; Gatsby non mi riconobbe affatto. Li guardai ancora una volta e mi restituirono lo sguardo, remoti, dominati da una vita intensa."
Gatsby è a un passo dalla felicità, tende la mano, la afferra, è sua.

Gatsby ha vinto, ha reinventato la storia, sé stesso, ha riportato indietro il passato a quell'ultimo bacio e adesso tutto può ricominciare come se il tempo non fosse mai esistito.

Illuso!

Tu non sei niente Jay Gatsby, sei una parentesi nella storia, una festa volgare, un tendone da circo che presto cambierà città.
Tu non appartieni a questo mondo, non appartieni al mondo della principessa dorata: quello è il vero mondo, il tuo non è che una volgare parodia, è il riflesso sulla parete della caverna, la realtà è al di là di quella baia, stanca, annoiata, insensibile, imperfetta. 
E la realtà ne ha avuto a sufficienza di te, dei tuoi completi kitsch, delle tue feste esagerate, della musica e delle luci.
Hanno giocato, si sono divertiti ma adesso basta, i giochi vengono riposti in soffitta, i domestici danno una spazzata alla bella casa sulla baia e riportano tutto in ordine in attesa del prossimo balocco.

Alla fine ne escono tutti sconfitti, chi di più, chi di meno, nessuno vince davvero, resta un ultimo feroce ricordo: Jay Gatsby nella notte, con le braccia tese sulla baia verso la luce verde all'estremità del mondo di Daisy.
Eccolo il Nuovo Mondo davanti a noi, la vera tragedia americana, l'illusione di poter cambiare sé stessi e il proprio passato e venire invece ributtati insietro, come barche contro corrente.