I Fratelli Karamazov a Teatro |
La Compagnia Glauco Mauri Roberto Sturno si cimenta nell’impresa titanica di portare a teatro il capolavoro filosofico dello scrittore russo e fa tutto quel che è umanamente possibile per trasmettere lo spirito racchiuso tra le pagine a chi l’opera russa non l’ha mai letta.
E’ uno scontro impari: Davide contro Golia, con Davide che cerca con ogni mezzo di costringere Golia a piegarsi, accartocciarsi, ridursi.
Il risultato è oggettivamente il migliore possibile nonostante non sia Dostoevskij e non per mancanza di capacità o di impegno ma per mancanza di tempo e solitudine.
Padre Karamazov e Smerdjakov |
I fratelli Karamazov non riescono a contrarsi in due ore e venti di spettacolo e alcuni momenti purtroppo si perdono, penso al monologo di Ivan sul male che affligge i bambini che risulta slegato dal contesto poiché sulla scena non viene riportata la storia di Iljuša, il bambino oggetto di persecuzione da parte dei compagni di scuola. Questo era un tema carissimo a Dostoevskij, il tema dell’innocenza, della fanciullezza, la salvezza che proviene dai bambini e tra i bambini. Gli sceneggiatori Mauri e Tarasco hanno voluto inserire il monologo di Ivan sui bambini perché consapevoli della sua importanza per Dostoevskij ma il risultato purtroppo è quello di un pezzo di mosaico con la sfumatura di colore sbagliata.
Molto, molto intenso invece è il monologo de Il grande inquisitore, vero racconto nel racconto e vetta altissima della poetica di Dostoevskij in cui Ivan espone al fratello Alëša un racconto allegorico di sua invenzione che vede Cristo tornare sulla terra in Spagna ai tempi della Santa Inquisizione e l’inquisitore lo apostrofa con le parole seguenti:
“So anche troppo bene quel che diresti. Ma tu non hai il diritto di aggiungere nulla a quel che già dicesti una volta. Perché sei venuto a infastidirci? Perché sai anche tu che sei venuto a infastidirci. Ma sai cosa accadrà domani? Io non so chi tu sia né voglio sapere se tu sia proprio Lui o gli somigli, ma domani ti condannerò, ti brucerò sul rogo come il più empio degli eretici..."
È difficile accogliere il messaggio dell’autore in questa lettura condivisa: I fratelli Karamazov è un romanzo ma è anche un testo filosofico che richiede intimità e solitudine. L’opera teatrale ha il pregevole vantaggio di incuriosire il fruitore e spronarlo ad affrontare la lettura del romanzo una volta tornato a casa consegnandogli la storia, l’intreccio necessario, e permettendogli di dedicarsi alle parti più dense di significato con attenzione senza lasciarsi distrarre dal “come va a finire”. Come va a finire lo apprendiamo sulla scena, a noi spetta il compito di comprendere perché si vada a concludere così e non altrimenti.
A mio parere è questo lo scopo della letteratura alta: non “come va a finire”, quella è solo una distrazione, ma come ci arrivi l’autore. E perché.
Scrive il regista Matteo Tarasco a proposito del romanzo
“I fratelli Karamazov è un romanzo cupo e disperato, che oscilla pericolosamente nell’incerto territorio in cui danzano avvinghiati Eros e Thanatos; è una storia assoluta, spietata, estrema, senza margini di riscatto, senza limiti, un duello tra uomini completamente sopraffatti dai nervi e avvinghiati in un ineludibile legame economico.”
“L’ultimo romanzo di Fëdor Dostoevskij ha la grandezza e la forza di un inferno dantesco, è una comédie humaine alla russa, dove bestie umane si agitano sulla scena del mondo, dove il denaro, il fango e il sangue scorrono insieme.”
Padre Karamazov e Ivan |
Dell’opera teatrale salvo l’intenzione, lo sforzo, il coraggio di confrontarsi con i Giganti in uno scontro epico.
Salvo gli spunti di riflessione e il desiderio di confrontarmi di nuovo con l’originale.
Salvo la mirabile scenografia di Francesco Ghisu con le sue quinte in movimento che paiono danzare.
Salvo la colonna sonora discreta a sottolineare il racconto senza mai sopraffarlo.
Salvo l’interpretazione di Luca Terracciano di Smerdjakov che riesce a trasmettere un’inquietudine e disagio contagiosi.
E salvo soprattutto Glauco Mauri, attore straordinario che emerge tra tutti per come riesce a rendere reale il personaggio di Fëdor Karamazov, il padre ubriacone, dissoluto e puttaniere, moralmente deprecabile ma umanamente quasi amabile perché peccatore irredento, dannato e consapevole ma capace di strappare sorrisi al pubblico in un clima di totale tenebra.
Ammirevole il silenzio che regnava in sala per cogliere ogni sfumatura dell’opera, ogni parola. E’ un’opera difficile che richiede concentrazione e il pubblico di Fano lo ha compreso dimostrando un rispetto straordinario verso l’autore e verso la Compagnia teatrale, persino gli applausi tra il primo e il secondo atto risultavano timorosi di interrompere il flusso magico che irradiava dal palco.
Lo consiglio?
Sì!
Non per comprendere Dostoevskij, per quello dovete aprire i libri, ma perché il teatro è bello anche quando, e forse soprattutto quando, non è perfetto.
I Fratelli Karamazov - Locandina |
I fratelli Karamazov
di Fëdor Dostoevskij
versione teatrale di Glauco Mauri e Matteo Tarasco
con (in ordine di entrata)
Paolo Lorimer | Starec Zosima
Pavel Zelinskiy | Alekséj Karamazov
Glauco Mauri | Fëdor Pavlovič Karamazov
Roberto Sturno | Ivan Karamazov
Luca Terracciano | Smerdjakov
Laurence Mazzoni | Dmitrij Karamazov
Giulia Galiani | Katerina Ivanova
Alice Giroldini | Grušen’ka
regia Matteo Tarasco
scene Francesco Ghisu
costumi Chiara Aversano
musiche Giovanni Zappalorto
luci Alberto Biondi
Produzione Compagnia Glauco Mauri Roberto Sturno – Fondazione Teatro della Toscana
E selfie a cazzeggio
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