mercoledì 13 febbraio 2019

L'avvelenatrice - Alexandre Dumas

L'avvelenatrice Dumas

Un Dumas cronista, inaspettatamente crudo ma anche generoso di spunti di riflessione. 
E' un librino piccino picciò, trattato con amorevole cura dalla Abeditore, non solo per la grafica di copertina ma anche per la scelta della carta, scorrevole, sensuale e per le illustrazioni talvolta ironiche, talvolta curiose, sempre ricche di particolari. Interessante poi la scelta dell'illustrazione della contessa di Brinvilliers: non quella di cui parla Dumas nel capitolo undicesimo, eseguita da Lebrun e oggi conservata al Louvres ma quella straziante e orripilante (nel senso che fa letteralmente rizzare i peli sulle braccia) del momento della tortura.
PS doveroso: coloro che accostano l'idea della tortura a quella i medioevo rimarrebbero stupiti dall'apprendere che questo simpatico metodo per estorcere confessioni (più spesso false che vere) ebbe il suo più largo utilizzo proprio nel Rinascimento e nel Seicento.

Charles Le Brun
Per riassumere la sinossi dirò che la contessa, insoddisfatta della sua parte di eredità, decide di far fuori metà della sua famiglia con il veleno, viene beccata, viene arrestata, viene torturata e condannata a morte. La storia è vera, Dumas alterna alla sua narrazione documenti dell'epoca, agghiacciante è leggerne l'assoluta freddezza con cui viene descritto il supplizio lasciando trapelare tutta la malattia di chi lo governava. A volte si pensa che la crudeltà, l'abominio sia proprio del XX secolo, leggendo questo breve scritto viene un ragionato sospetto che sia proprio nella natura dell'uomo.

Curioso ho trovato che concluso il supplizio con l'esecuzione e il rogo del suo cadavere essa sia stata quasi immediatamente santificata dal popolo che aveva assistito alla sua processione verso il supplizio e al riconoscimento della sua colpevolezza... 

Come sono strani gli uomini: un momento prima la ricoprivano di verdura e insulti, un momento dopo cercavano reliquie da adorare tra le braci ancora calde.

Non so se sia per preferenze stilistiche dell'autore o perché manchi tra i documenti ma non traspare alcun senso di rimorso per aver ucciso i suoi cari in orribili tormenti, piuttosto emerge il terrore della dannazione eterna e ansia di espiare il più possibile in questa vita per evitare l'inferno e ridurre al minimo il tempo di permanenza in purgatorio.

Ci sono poi alcuni temi appena sfiorati che rendono filosoficamente interessante questo breve racconto. Del tipo "Poiché il fuoco del purgatorio e dell'inferno sono della stessa natura e ciò che distingue la pena è la durata, come può un'anima riconoscere in quale luogo si trovi? Come fa a sapere che si trova in purgatorio e non all'inferno?" il confessore di Madeleine risponde che al momento della morte si è portati a giudizio celeste dove la pena viene dichiarata.
crimes célèbres dumas brinvilliers
Les Crimes célèbres - edizione E. Blot (Paris) - 1871
Oppure il tema della confessione dei propri peccati che deve essere totale e coinvolgere anche i complici dei delitti e tutti quelli che potrebbero esserne al corrente poiché se, lei morta, venissero commessi altri peccati a causa sua per qualcosa che lei sapeva o faceva, allora, non potendo espiare e confessare in morte, la dannazione la inseguirebbe nell'aldilà e le si spalancherebbero le porte dell'inferno. Forse sono paturnie mentali mie ma mi domando come debba essere inteso questo passaggio. Il concetto è chiaro: i peccati commessi da altri per causa nostra finirebbero per dannare anche noi, ma se siamo già morti e, per dire, già in purgatorio come funziona? Ci vengono a prendere e ci portano all'inferno? Oppure rimarremmo in una sorta di limbo (non il limbo dantesco ma un altro tipo ancora) prima del purgatorio in attesa che tutti quelli che hanno vissuto insieme a noi muoiano? Oppure attendiamo tutti insieme in questo limbo fino al giudizio universale che avverrà alla fine del mondo? Dante trova già popolati i tre cieli perciò tenderei a escludere questa terza possibilità. Tuttavia Dante non era infallibile perciò...

Sembra proprio che più il racconto sia breve e più io provi la necessità di approfondire.

Les Crimes célèbres SOCIETE' BELGE DE LIBRAIRE,
BRUXELLES, 1841
Insomma! Brevissimo e succosissimo anzi, brevissimo neanche tanto visto che il suo centinaio di pagine se lo porta a casa.

E se ancora non vi bastano i particolari raccapriccianti della tortura, la morte in odor di santità e le pippe filosofiche a proposito della vita eterna resta un ultimo succulento accenno a certi personaggi storici che, si dice (e quindi probabilmente ci troviamo nell'ambito della fuffa storica) siano stati avvelenati: Luigi, delfino di Francia e fratello di quel che sarebbe diventato Re Francesco primo nel suo nome (cit.), ucciso da un fazzoletto avvelenato e Giovanna d'Albret, consuocera di Caterina de' Medici regina madre di Francia che morì di tubercolosi ma ai detrattori dell'italiana è piaciuto diffondere la menzogna che fosse stata Caterina ad avvelenarla con un paio di guanti.

That's all folks!
Il resto leggetevelo da soli, ho solo cercato di fornire qualche motivo in più per portarvi a casa questo gioiellino.

PS: chi ha desiderio di possedere una copia dell'opera del 1841 (tomi I-IV) la può trovare su AbeBooks

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