Sin dalle prime battute il Lupo della Steppa si manifesta come proiezione dell'autore e del lettore, accomunati dalla stessa malattia dell'anima, una malattia borghese figlia della scuola guglielmina ma anche di quella vittoriana, una malattia che si sviluppa nei primi anni di vita a seguito di un'educazione troppo rigida che mira a spezzare la volontà, plasmare i giovani secondo le regole borghesi della morale e dell'utile scorgendo nel bello e nel piacere qualcosa di solamente accessorio, voluttuario, potenzialmente pericoloso e traviante. Prove di queste imposizioni si ritrovano nelle lettere alla sorella Adele:
"Accadeva spesso che mamma e papà esprimessero approvazione per una poesia o un componimento musicale, aggiungendo però subito che tutto ciò, naturalmente, era solamente atmosfera, solamente vuota bellezza, solamente arte, senza mai attingere un valore elevato come la morale, la volontà, il carattere, ecc. Questa teoria mi ha rovinato l’esistenza e da essa mi sono distaccato senza possibilità di ritorno"
Tutte le opere maggiori di Hermann Hesse raccontano di uomini dilaniati da una dicotomia di valori, bene-male, luce-ombra (Abraxas), religione-arte, mondanità-spiritualità, natura-spirito e anche il Lupo della Steppa vive ritenendo che la sua persona sia scissa in due: il borghese e il Lupo. Nel borghese include tutto ciò che è socialmente e moralmente accettabile, nel lupo le ombre del suo carattere.
La narrazione si struttura per scatole cinesi: siamo di fronte a un giovane che ha conosciuto il Lupo (Harry Haller), ne ha trovato il diario e decide di darlo alle stampe. Così si inizia con la prefazione del curatore, il giovane conoscente di Harry, segue il diario degli ultimi giorni di Harry e, all'interno del diario, un libretto, una dissertazione sul Lupo della Steppa e introduzione al teatro magico.. Tre narratori, tre punti di vista: il conoscente superficiale, il protagonista e un ignoto scrittore.
Harry è malato, tormentato nell'anima. La malattia dell'anima di Harry è la nevrosi di un'intera generazione in bilico tra due tempi, impossibilitata a riconoscersi nell'una o nell'altra, è un atto d'accusa contro la borghesia che limita lo spirito, è una crisi spirituale, è l'essere immersi nell'atmosfera borghese del fare mentre si desidera la contemplazione.
I nuovi ideali, il nazionalismo e la ricchezza hanno cacciato i vecchi, la poesia, la bellezza, la pace, la filosofia, Harry si trova in un periodo di transizione, prova nostalgia per ciò che è stato e sente tutta l'incompatibilità tra ideali differenti, Per questo si fa lupo e si rinchiude nell'isolamento. Il Lupo si sente talmente al di sopra degli altri esseri umani che ritiene di non vivere nemmeno nello stesso mondo, indossa i suoi pensieri come un'armatura e a loro dà la colpa della distanza tra sé e il genere umano, non tenta nemmeno più il confronto, il dialogo, cercava di allontanarsi dal mondo per meditare ma si è allontanato troppo e ora scopre che il mondo può benissimo fare a meno di lui.
Il curatore delle memorie di Harry rimane stregato da questa sofferenza
p.39 "sentivamo di essere inferiori a lui poiché si capiva che aveva pensato più degli altri, e nel mondo intellettuale possedeva quell'oggettività quasi fredda, quella sicurezza di pensiero e di sapere che hanno soltanto gli uomini veramente dotati di spirito, i quali sono senza ambizione e non desiderano mai di brillare o di persuadere gli altri o di aver ragione a ogni costo"
C'è ammirazione negli occhi del giovane conoscente e commiserazione verso questo uomo estraneo che l'educazione ha portato a odiare se stesso a tal punto da non riuscire più a provare empatia verso gli altri. Profondamente cristiano e martire lo descrive ma può un uomo che odia se stesso amare gli altri e quindi vivere cristianamente?
No
Harry parla di sé con ὕβϱις, con superbia, rivendicando per sé il ruolo di guida. Sottolineando la differenza tra sé e gli altri perché non cerca di persuadere o aver ragione?
Ho come l'impressione che non si tratti in realtà di mancanza di ambizione ma di un livello di superbia tale per cui nel riconoscere l'inferiorità dell'interlocutore non si ritenga degno il confronto. Oppure trattasi di un pacifismo talmente estremo da rifuggire qualsiasi ostilità financo il confronto pur di non trovarsi in un'opposizione.
p.40 "l'occhiata del lupo della steppa trapassava tutta la nostra epoca, tutto questo lavorio affaccendato, tutta la smania di arrivare, la vanità, il gioco superficiale di una spiritualità terra terra e piena di albagia... Penetrava fin nel cuore dell'umanità... Quello sguardo diceva: "Vedi come siamo scimmiotti!"
Giudica il prossimo alla stregua di scimmie, trapassa l'epoca, la società ma così facendo trapassa anche l'umanità, il bello, la capacità di sentire e amare. E' vero in realtà che tra le scimmie include anche se stesso ma il fatto di essere a conoscenza di questa brutalità in un certo modo lo affranca e lo eleva. In realtà la superbia gli gela l'anima. Non si può ammirare, solo compatire.
p.41 "Era un genio della sofferenza e aveva coltivato una capacità di soffrire illimitata, geniale, spaventevole. Compresi pure che il suo pessimismo non era fondato sul disprezzo del mondo ma sul disprezzo di sé poiché, pur parlando senza riguardi e spietatamente di istituzioni o persone, non escludeva mai se stesso, anzi era sempre il primo bersaglio delle proprie frecciate, era sempre il primo contro il quale rivolgeva il suo odio e la sua negazione"
Un martire dunque, cresciuto nel più rigido e amorevole spirito guglielmino di dedizione alla famiglia e alla società, rinnegamento del proprio io, annientamento delle proprie pulsioni per aderire a quelle della comunità. L'educazione ha fallito, la personalità non è stata distrutta ma è stata celata con il solo risultato di fargli odiare se stesso. Ciò che non sono riusciti a cancellare è diventato oggetto d'odio.
Ma odiare se stessi è odiare il prossimo perché non possono esservi amore e altruismo reali in un animo che odia se stesso. Poiché il prossimo siamo noi che ci riflettiamo negli altri e in cui gli altri si riflettono. L'odio di sé è odio verso ciò che ci rende uomini e non si uccide perché l'educazione religiosa impartitagli gli ha insegnato che il suicidio è peccato e il martirio è celeste.
Cosa resta dunque al misero cinquantenne Harry? Un pianerottolo curato dalla sua vicina di stanza, una pianta di araucaria profumata, un angolo di borghesia ordinata da gustare di nascosto rimembrando il passato, la sua casa d'infanzia, sua madre, tutto ciò che l'odio verso se stesso gli ha fatto perdere. Perché proprio il desiderio dei suoi genitori di fare di lui un perfetto borghese lo ha reso un lupo.
p.45 "Credo che anche lei si interessi ai libri e a cose simili; sua zia mi ha detto che ha fatto il ginnasio ed era bravo in greco. Vede, questa mattina ho trovato un pensiero di Novalis: lo vuol sentire? Farà piacere anche a lei".
C'è un mondo di tenerezza dietro queste parole, Harry trova un interlocutore insperato, sa che ha studiato e ritiene per un breve istante di poter parlare finalmente con lui e che questi possa finalmente capirlo. Come quando all'estero incontri un connazionale e vieni percorso in un battito d'ali da un brivido di euforia e sorridi, così Harry mi è parso sorridere eccitato da un possibile dialogo con questo uomo che sente vicino a lui.
p.57/58 "Una notte mentre ero a letto sveglio recitai a un tratto alcuni versi, troppo belli e troppo strani perché avessi potuto pensare a metterli sulla carta, versi che al mattino non ricordavo più, eppure erano chiusi nel mio cuore come la noce grave in un vecchio guscio fragile. Altre volte quella scia luminosa mi appariva alla lettura di un poeta o quando ripensavo un pensiero di Cartesio, di Pascal, e quando ero assieme alla mia diletta mi portava nei cieli per tramiti dorati. Oh, è difficile trovare la traccia divina in mezzo alla vita che facciamo, in questo tempo così soddisfatto, così borghese, così privo di spirito, alla vista di queste architetture, di questi negozi, di questa politica, di questi uomini! Come potrei non essere un lupo della steppa, un sordido anacoreta in un mondo del quale non condivido alcuna meta, delle cui gioie non vi è alcuna che mi arrida? Non resisto a lungo né in un teatro né in un cinema, non riesco quasi a leggere il giornale, leggo raramente un libro moderno, non capisco quale piacere vadano a cercare gli uomini nelle ferrovie affollate e negli alberghi, nei caffè zeppi dove si suonano musiche asfissianti e invadenti, nei bar e nei teatri di varietà delle eleganti città di lusso, nelle esposizioni mondiali, alle conferenze per i desiderosi di cultura, nei grandi campi sportivi: non posso condividere, non posso comprendere queste gioie che potrei avere a portata di mano e che mille altri si sforzano di raggiungere. Ciò che invece mi accade nelle rare ore di gioia, ciò che per me è delizia, estasi ed elevazione, il mondo lo conosce e cerca e ama tutt'al più nella poesia: nella vita gli sembrano pazzie. Infatti se il mondo ha ragione, se hanno ragione le musiche nei caffè, i divertimenti in massa, la gente americana che si contenta di così poco, vuol dire che ho torto io, che sono io il pazzo, il vero lupo della steppa, come mi chiamai più volte, l'animale sperduto in un mondo a lui estraneo e incomprensibile, che non trova più la patria, l'aria, il nutrimento."
Harry anela al divino, a circondarsi di poesia, musica e perfezione, quella poesia perfetta ormai decaduta, rimpiazzata nella modernità da opere mediocri, spettacoli mediocri, musica americana svuotata dal significato e non trovando tracce di immortalità nella modernità si isola e si trasforma nel lupo. Lo scontro dei due mondi si manifesta nella vita quotidiana, nell'incomprensione delle gioie semplici, del cinema, dei caffè. L'estasi e l'elevazione non hanno spazio nella quotidianità e vengono accettate solo nella poesia, circoscritte a brevi momenti, piccoli luoghi, nicchie, tabernacoli da aprire o chiudere selettivamente. Chi accetta questo vive e trae piacere dalla vita compatibilmente con gli impegni lavorativi, familiari, di società. Chi non li accetta si autoemargina e fugge perché la bellezza e l'estasi sono il suo nutrimento, il suo respiro.
MA E' TUTTA ILLUSIONE!!!
Il Borghese e il lupo sono solo due delle molteplici personalità di Harry, di anime all'interno dell'uomo.
p.XVII "L'uomo è una cipolla formata di cento bucce, un tessuto di cento fili"
Non si sa da chi sia scritta la Dissertazione sul Lupo della Steppa ma apparentemente ne sa parecchio, conosce profondamente gli uomini come Harry e tutto ciò che ci è sembrato ammirevole e condivisibile in Harry a un tratto ci appare per ciò che è: semplice ipocrisia. Il lupo ritiene di non potersi vendere per denaro, di non poter avere un impiego od orari da rispettare, di non poter obbedire eppure la sua condotta è ipocritamente borghese in quanto non si vende solo perché non ne ha necessità, vive in ambienti borghesi e disprezza gli outsider, i criminali, le prostitute. La borghesia tanto rifuggita non è altro che aspirazione alla via di mezzo, all'unione di sacro e piacere, armonia, sopravvivenza.
Ma come affrontare questo paradosso?
p. 88 discutendo con Erminia di quanto accaduto a cena con un professore suo conoscente "Se fosse saggio riderebbe del pittore e del professore. Se fosse matto prenderebbe il Goethe e glielo butterebbe in faccia. Ma siccome è soltanto un ragazzino vuol correre a casa a impiccarsi"
Il saggio ride!
Il saggio vive!
Il saggio ama, balla!
Erminia lo dice a p.103 "Tu hai bisogno di me in questo momento perché sei disperato e ti serve una spinta che ti butti nell'acqua e ti richiami alla vita".
E' un ritorno alle parole di Novalis che si trovano nella prima parte del libro "La maggior parte degli uomini non vuole nuotare prima di saper nuotare" Harry aveva trovato ovvia quell'affermazione sostenendo che l'uomo non è fatto per nuotare "certo che non vogliono nuotare. Sono nati per la terra, non per l'acqua". Invece sì, sono nati per la terra, sono nati per l'acqua, sono nati per il cielo.
L'unica soluzione è l'umorismo che unisce e illumina tutte le zone della natura umana.
"Vivere nel mondo come non fosse il mondo, rispettare la legge e stare tuttavia al di sopra della legge, possedere come se non si possedesse".
Ridere di sé, della propria inadeguatezza e dell'inadeguatezza della società, sostituire agli ideali del nostro tempo un credo: Mozart, gli immortali e.. il teatro magico, il sogno puro, il grottesco, la follia.
p.151 "Succeda quel che vuole, almeno una volta voglio essere stato felice, sciolto da ogni legame, fanciullo, fratello di Pablo". Nuotare senza saper nuotare, lasciarsi andare, ridere.
La risata è salvifica, è ciò che ci protegge dalla schizofrenia. "Pensieri non ne avevo più, libero e sciolto mi lasciavo trasportare dalle onde della danza, dai profumi, dai suoni".
Harry Haller è guarito. Il lupo continuerà probabilmente a far parte di lui ma è tornato a essere solo una parte del caleidoscopio di anime che lo compongono.