giovedì 16 maggio 2019

Lessico Famigliare: madeleinettes del linguaggio


Lessico Famigliare di Natalia Levi Ginzburg nasce dall'urgenza di raccontare il vero.
La tessitrice di storie inventate si rese conto che in ogni sua opera di fantasia emergeva il lato biografico, emergeva involontariamente ma con prepotenza. C'era tutto un mondo di ricordi, di parole, di esclamazioni che chiedeva di essere raccontato e ascoltato.
Ma chi lo avrebbe ascoltato?
"C'erano allora due modi di scrivere, e uno era una semplice enumerazione di fatti, sulle tracce d'una realtà grigia, piovosa, avara, nello schermo d'un paesaggio disadorno e mortificato; l'altro era un mescolarsi ai fatti con violenza e con delirio di lagrime, di sospiri convulsi, di singhiozzi. nell'un caso e nell'altro, non si sceglievano più le parole; perché nell'un caso le parole si confondevano nel grigiore, e nell'altro si perdevano nei gemiti e nei singhiozzi. Ma l'errore comune era sempre credere che tutto si potesse trasformare in poesia e parole. Ne seguì un disgusto di poesia e parole, così forte che incluse anche la vera poesia e le vere parole, per cui alla fine ognuno tacque, impietrito di noia e di nausea."
Natalia aveva una folla di parole, una folla di ricordi.
Nel 1962 immagina di stendere un breve saggio dove enumerare o fissare nel tempo e sulla pagina le frasi della sua infanzia, queste frasi dovevano essere illustrate da brevi didascalie di vita familiare. Ma come ridurre a brevi vignette i ricordi di una vita?
"sulla traccia di quelle frasi, parole e storie, m'era venuto l'impulso di ricercare e far rivivere sia l'atmosfera in cui venivano pronunciate, sia le persone che usavano pronunciarle: e cioè l'atmosfera di casa mia, e le figure dei miei genitori, dei miei fratelli, dei loro amici, e degli amici miei"
Quello che Natalia non desidera è parlare di sé, delle sue sensazioni infantili, di cosa lei ha provato o sentito. Non vuole che sia un romanzo intimista di memorie: Natalia sarà solo occhi e orecchie che registrano, non con fedeltà ovviamente, con amore, con partecipazione e senza giudizio.

In tre mesi il breve saggio diventa un romanzo, un non-romanzo, un romanzo nuovo... indefinibile.
Lessico famigliare è un album di famiglia attraverso il linguaggio e intessuto con l'imperfetto, questo tempo ricorsivo che evidenzia la continuità delle azioni, delle storie, il tempo di Proust, della ripetitività, degli usi. Il tempo della famiglia e dei ricordi, il tempo dei giochi dei bambini.
Un velo di malinconia ricopre i ricordi, tanto più annebbiati quanto più vicini a lei, più legati alle sue vicende personali. Un velo malinconico per un tempo perduto che non potrà mai esser ritrovato: la guerra, la violenza, la debolezza lo hanno reso irrecuperabile.
Tuttavia lessico Famigliare non è un libro malinconico: è allegro, a tratti comico perché in ogni famiglia ci sono quegli eventi di allegria e comicità assoluti, perché la famiglia è il seno caldo e sussultante della nostra prima felicità, il rifugio sicuro della memoria quando il presente non è il futuro che avremmo desiderato.
Ci sono ricordi di travolgente comicità come il ricordo de "Il baco del calo del malo" o i modi burberi e contraddittori di papà Levi, o le mille imperfezioni di mamma Lidia che durante una perquisizione  dei fascisti in casa si preoccupa di nascondere gli scontrini delle spese affinché il papà non ne venga a conoscenza
"Io ebbi da quegli agenti il permesso di andare a scuola; e mia madre, nel vano d'una porta, m'infilò dentro la cartella le buste dei suoi conti, perché aveva paura che nel corso della perquisizione cadessero sotto gli occhi a mio padre, e che lui la sgridasse perché spendeva troppo."
Oppure i ricordi delle discussioni tra mamma e papà Levi, veri protagonisti del libro, a proposito della politica in una conversazione che è tutta da ridere ed è tutta da amare:
– Stupido! m'ha detto che son troppo di destra! Mi trattava come se fossi una democristiana! – Ma è vero che sei di destra! – diceva mio padre. – Hai paura del comunismo. Ti lasci metter su dalla Paola Carrara! – Non mi piacciono a me i comunisti, – diceva mia madre. – Mi piacevano i socialisti, quelli d'una volta. Turati! Bissolati! com'era carino Bissolati! Ci andavo, la domenica, col mio papà! – Forse questo Saragat non è tanto male. Peccato che ha una faccia che non sa di niente! – diceva ancora mia madre, e mio padre tuonava: – Non dir sempiezzi! Non crederai mica che sia socialista Saragat! Saragat è di destra! Il socialismo vero è quello di Nenni, non quello di Saragat! – Nenni non mi piace! Nenni è come se fosse comunista! dà sempre ragione a Togliatti! Io quel Togliatti non lo posso soffrire! – Perché sei di destra! – Io non sono né di destra, né di sinistra. Io sono per la pace! E usciva, col suo passo di nuovo giovane, ritmato, glorioso, i capelli ormai bianchi al vento, il cappello in mano. Si fermava sempre un po' a casa di Miranda, la mattina quando andava a ordinare la spesa, e il pomeriggio, quando andava al cinematografo. – Hai paura dei comunisti, – le diceva Miranda, – perché hai paura che ti levino via la serva. – Certo se viene Stalin a tirarmi via la serva, lo ammazzo, diceva mia madre. –
Non c'è una vera narrazione, la scansione temporale, la storia che scorre fuori e dentro le mura di casa Levi la ricostruiamo mettendo insieme i fragmenti dei ricordi con le nozioni di storia apprese a scuola: il nascondiglio di Turati a casa Levi, 
"vecchio, grande come un orso e con la barba grigia tagliata in tondo" e la fuga in motoscafo aiutato da "due o tre uomini con l'impermeabile; io, di loro, conoscevo soltanto Adriano (Olivetti). (...) Aveva occhi spaventati, risoluti e allegri; gli vidi, due o tre volte nella vita, quegli occhi. Erano gli occhi che aveva quando aiutava una persona a scappare, quando c'era un pericolo e qualcuno da portare in salvo".
Quello sguardo di Adriano Olivetti cui Natalia deve la salvezza dei suoi cari e di sé stessa torna, come un leitmotiv, più volte nelle parole dell'autrice, anche l'ultima volta, nel momento del terrore, quando Leone era agli arresti a Roma
"Io ricorderò sempre, tutta la vita, il grande conforto che sentii nel vedermi davanti, quel mattino, la sua figura che mi era così familiare, che conoscevo dall'infanzia, dopo tante ore di solitudine e di paura, ore in cui avevo pensato ai miei che erano lontani, al Nord, e che non sapevo se avrei mai riveduto; e ricorderò sempre la sua schiena china a raccogliere, per le stanze, i nostri indumenti sparsi, le scarpe dei bambini, con gesti di bontà umile, pietosa e paziente. E aveva, quando scappammo da quella casa, il viso di quella volta che era venuto da noi a prendere Turati, il viso trafelato, spaventato e felice di quando portava in salvo qualcuno."
Adriano Olivetti
L'arresto di Einaudi e Pavese e l'orgoglio di mamma e papà Levi di sapere loro figlio Alberto in carcere insieme a persone tanto da bene.
L'han messo dentro con quelli della «Cultura»! Lui che legge soltanto «Le Grandi Firme»! – diceva mio padre. – Doveva dare l'esame di biologia comparata! Adesso non lo darà mai più. Non si laurea più! – diceva a mia madre nella notte.
E ancora la fuga di Mario, gettatosi in acqua per sfuggire alle guardie di dogana mentre trasportava volantini antifascisti
Mia madre, ogni momento, giungeva le mani e diceva, tra felice, ammirata e spaventata: ⁃ In acqua, col paltò!
È di una dolcezza disarmante, quella dolcezza che porta immediatamente il sorriso sulle labbra e le lacrime agli occhi.

Natalia non si sforza mai di far capire al suo lettore di chi sta parlando: nomi e cognomi compaiono solo se strettamente necessari come nel caso degli Olivetti o di Pavese ma non sono necessari, non vuole ostentare le sue conoscenze, non vuole apparire come quella che è nata e cresciuta al centro della vita culturale torinese: Einaudi non è mai citato se non come "l'editore", non dice che suo padre era il professore che avviò la Levi Montalcini, Dulbecco e Luria sulla strada del Nobel, non dice chi è quella Margherita da cui dovrebbe andare il padre a chiedere intercessione per la liberazione del figlio Alberto
"Mio padre però, Margherita non voleva sentirla nominare. - "Figurati se vado da Margherita! Non ci vado! Non mi sogno neanche! - Questa Margherita aveva scritto, anni prima, una biografia di Mussolini; e a mio pare il fatto che ci fosse, tra le sue cugine, una biografa di Mussolini, sembrava inaudito."
Quella Margherita è la Sarfatti, nata Grassini e cugina di papà Levi, giornalista, socialista, scrittrice, critica d'arte, direttrice, insieme ad Anna Kuliscioff, della rivista "La difesa delle lavoratrici", biografa e amante di Mussolini, di qui la ritrosia di papà Levi a chiederle un favore.
Un altro personaggio misterioso viene evocato verso la fine del libro, mi sono incaponita a voler scoprire la sua identità:
"Dai Balbo in pianta stabile c'eran sempre tre suoi amici: uno piccolo coi baffetti, uno alto che rassomigliava un poco, nel viso, a Gramsci, e un altro roseo e ricciuto, che sorrideva sempre. Quello che sorrideva sempre, venne poi a lavorare nella casa editrice, ebbe l'incarico di occuparsi della collana scientifica: e sembrava una cosa ben strana, non risultando che lui si fosse mai occupato di alcuna forma di scienza; ma evidentemente riusciva ad occuparsene bene, perché conservò per anni quel posto, e anzi divenne poi il direttore di quella collana, sempre con quel suo sorriso mite, disarmato, triste, sempre spalancando le braccia e affermando di non sapere nulla di scienza; infine se ne andò e mise su una casa editrice di libri scientifici per conto suo."
È  Paolo Boringhieri, cui Einaudi, per far fronte a una crisi finanziaria, propose di acquistare l'ESE, la Edizioni Scientifiche Einaudi.
Il Cafi, amico del fratello Mario a Parigi è in realtà il saggista Andrea Caffi, l'attore Suess Aja Cawa è in realtà Sessue Hayakawa de Il ponte sul fiume Kwai, per questi storpiamenti la Ginzburg fu rimproverata in quanto non sufficientemente aderente alla realtà storica. 
Ma cosa importa?!
Cosa importa se i loro nomi non sono corretti? Quelli sono nomi della memoria, non della storiografia. Come quando da piccoli anche noi si cantava "O wendesenst" invece di "Oh when the Saints": tutti i personaggi che compaiono nel libro compaiono solo in quanto legati a quel lessico famigliare che fa da filo conduttore e lessico famigliare è anche un nome storpiato o incompleto o mai pronunciato.

Pavese, Ginzburg, Antonicelli e Frassinelli a San Grato di Sordevolo, Biella
Lessico famigliare sono i ricordi legati a Cesare Pavese che
"A mezzanotte agguantava dall'attaccapanni la sua sciarpa, se la buttava svelto intorno al collo; e agguantava il paltò. Se ne andava giù per il corso Francia, alto, pallido, col bavero alzato, la pipa spenta fra i denti bianchi e robusti, il passo lungo e rapido, la spalla scontrosa."
"Pavese, quella primavera, era solito arrivare da noi mangiando ciliege. Amava le prime ciliege, quelle ancora piccole e acquose, che avevano, lui diceva, «sapore di cielo». Lo vedevamo dalla finestra apparire in fondo alla strada, alto, col suo passo rapido; mangiava ciliege e scagliava i nòccioli contro i muri con un tiro secco e fulmineo. La sconfitta della Francia, per me, rimase legata per sempre a quelle sue ciliege, che arrivando ci faceva assaggiare, traendole a una a una di tasca con la mano parsimoniosa e scontrosa." 
A Cesare pavese sono legate pagine struggenti e intense tessute con quell'affetto che mai si palesa nel parlare, invece, del marito Leone. Non perché amasse Pavese più di suo marito ma per quel senso di sconfinato pudore con cui Natalia ha voluto circondare e proteggere le sue mozioni e, forse, per il rimpianto di non averlo potuto salvare.

Lessico famigliare sono fotografie di espressioni care, istantanee rubate quando il soggetto non guarda e che restano sul comodino della memoria a farci compagnia, prive di un vero ordine temporale se non quello che il ricordo affida loro, prive di esattezza, prive della data scritta sul retro.
Là dove l'autore colto aggiunge e raffina ed espande, Natalia ha limato, sottratto, celato consegnandoci un flusso di memoria ininterrotto e circolare come il grembo materno dal quale tutti deriviamo.

Nessun commento:

Posta un commento