domenica 12 maggio 2019

Tra le pagine di Borges il finale di Game of Thrones?

Jon è Azor Ahai e ce lo dice Borges
Teorie, teorie ovunque.


Dopo i primi quattro episodi dell'ottava stagione sto disperatamente cercando un senso allo scempio: a ogni episodio mi dico "Beh! non è male!" ma poi ripasso scena per scena e ritrovo il nulla cosmico e tutto il dramma degli estranei e la paura per la lunga notte vengono liquidati con le parole di Davos a Tyrion sul dio della luce: "Facciamo il suo gioco, combattiamo le sue battaglie e vinciamo e poi...He fucks off, sparisce". Come a dire che non ci saranno spiegoni: non ne sono capaci.
Quindi, nell’eterna attesa che Giorgione Martin dia alle stampe il sesto libro delle Cronache cerco di darmelo io lo spiegone: provo a dare un senso a quanto ho visto ricercandolo nei temi assoluti perché nella serie TV davvero uno scopo sembra non esserci più, così come non c'è più trama, non c'è più storia, non ci sono più dialoghi e tutto sembra ricalcare lo scempio di Dorne.

Per chi è di fretta metto subito la teoria così non sarà obbligato a leggersi tutto il post, chi è curioso di sapere come ci sono arrivata può procedere con calma, magari sorseggiando un caffè.

TEORIA:
Arya Stark non ha eliminato il vero cattivone della saga ma solo il suo strumento, Bran è il vero cattivone: questa storia dell'immortalità e della conoscenza universale lo devasta e vuole porvi fine a qualunque costo, per questo ha creato gli Estranei, per ucciderlo o eventualmente uccidere tutto il genere umano compreso Bran o solo Westeros. La missione di Jon non si è ancora compiuta: sarà lui a uccidere Bran. Jon è Azor Ahai, evviva evviva.
Dimenticavo!
Sul trono di spade non siederà nessuno perché verrà distrutto.


Se avete qualche minuto da dedicare alla spiegazione continuate a leggere.

Il caso vuole che abbia appena terminato la lettura dell'Aleph di Borges, uno dei più grandi scrittori di letteratura fantastica e, per una fan delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, vi si trovano passi che è difficile non ricondurre all'amata saga perciò mi è venuto in mente che, magari, gli sceneggiatori possano aver preso spunto da Borges per la fine della serie televisiva.

Follia? Probabilmente ma ognuno ha la propria.

Procediamo per gradi: di cosa tratta "L'Aleph" di Borges?
Ci ritornerò probabilmente in un diverso post per riservare al magnifico autore argentino l'onore e lo spazio che si merita, però accenno qui di seguito alcuni temi che possono trovare echi nella saga di Martin.
Tre sono i temi principali che si possono riflettere nell’opera di Martin: il peso dell’immortalità, l'oppressione che suscita l’infinita conoscenza e il tema della morte come restituzione a sé stessi o all’infinito.

La mia tesi non credo avrà spazio nella serie ma potrebbe disperatamente giustificare quanto accaduto nella 8x3, nell’episodio La lunga notte, ovvero che gli Estranei siano creature del corvo a tre occhi il cui scopo è quello di chiamarli a ucciderlo e porre fine alla sua esistenza e al fardello della conoscenza universale, per restituirgli la sua umanità nella morte.
Per Borges è proprio la consapevolezza della propria mortalità che ci rende umani e fa di ogni momento, di ogni azione, qualcosa di importante. L’immortalità è una condanna, è la fine dell’umanità.
Ripeto: parlo solo della serie TV in questo caso poiché nei libri Corvo Brynden è ancora vivo e vegeto e sta trasmettendo a Bran la sua conoscenza.
Quando Bran arriva nella caverna dei Figli della Foresta oltre la barriera incontra il Corvo a tre occhi e questi lo inizia ai misteri dei veggenti verdi e lo guida nel passato (in una determinata direzione nel passato). Sappiamo che il Corvo è Brynden Rivers, figlio bastardo di re Aegon IV, già Primo Cavaliere di re Aerys I, mandato poi alla Barriera per l’uccisione di Aenys Blackfyre, ma non sappiamo se Brynden sia stato il primo corvo o se ce ne siano stati altri prima di lui.
Propendo per la seconda ipotesi: Brynden Rivers arriva alla Barriera nel 233 dopo la Conquista, nel 252 scompare e quando Bran arriva all’albero diga sono trascorsi almeno 48 anni (considerando che le nozze di Joffrey avvengono nel 300 d.C), in qualche modo intrappolato tra le radici dell’albero diga è condannato a vivere in eterno con tutta la conoscenza del mondo che letteralmente lo attraversa, sempre e contemporaneamente come la visione dell’Aleph di Borges.

Narra Borges:
Ogni cosa (il cristallo dello specchio, ad esempio) era infinite cose, poiché io la vedevo distintamente da tutti i punti dell’universo. Vidi il popoloso mare, vidi l’alba e la sera, vidi le moltitudini d’America, vidi un’argentea ragnatela al centro d’una nera piramide, vidi un labirinto spezzato (era Londra), vidi infiniti occhi vicini che si fissavano in me come in uno specchio, vidi tutti gli specchi del pianeta e nessuno mi rifletté, (…) vidi convessi deserti equatoriali e ciascuno dei loro granelli di sabbia, vidi ad Inverness una donna che non dimenticherò, vidi la violenta chioma, l’altero corpo, vidi un tumore nel petto, (…) vidi tutte le formiche che esistono sulla terra, vidi un astrolabio persiano, vidi un cassetto della scrivania (..) vidi la circolazione del mio oscuro sangue, vidi il meccanismo dell’amore e la modificazione della morte, vidi l’Aleph, da tutti i punti, vidi nell’Aleph la terra e nella terra di nuovo l’Aleph e nell’Aleph la terra, vidi il mio volto e le mie viscere, vidi il tuo volto, e provai vertigini e piansi, poiché i miei occhi avevano visto l’oggetto segreto e supposto, il cui nome usurpano gli uomini, ma che nessun uomo ha contemplato: l’inconcepibile universo.
Beh, non so a voi ma a me questo passo ha ricordato tantissimo la visione che ha Bran quando viene portato in salvo da Meera, quella del "Burn them all!" insomma, l'Aleph provoca la stessa visione nel protagonista di Borges, una visione di tutto contemporaneamente, magnifica e terrificante allo stesso tempo.

Spiega lord Brynden a Bran:
“Il tempo è differente per un albero che per un uomo. Sole, terra e acqua: sono queste le cose che un albero-diga capisce, non giorni, anni e secoli. Per gli uomini, il tempo è un fiume. Siamo intrappolati nel suo flusso, corriamo dal passato al presente, sempre nella stessa direzione. La vita degli alberi è differente. Loro attecchiscono, crescono e muoiono in un solo posto e il fiume del tempo non li smuove. La quercia è la ghianda, la ghianda è la quercia. E l’albero-diga… mille anni umani per un albero-diga sono un attimo, e da queste porte tu e io possiamo scrutare nel passato.»” (...) “Un albero-diga vivrà per sempre, se lasciato indisturbato. Per loro le stagioni trascorrono in un battito d’ali di falena, passato, presente e futuro sono una cosa sola. E la tua vista non sarà limitata al tuo parco degli dèi. I cantori hanno scolpito degli occhi nei loro alberi del cuore per risvegliarli, e sono quelli i primi occhi che un nuovo essere verde impara a usare… Col tempo, però, vedrai ben al di là degli alberi stessi.”
Le visioni del protagonista Borges continueranno ad ossessionarlo per giorni fino alla distruzione dell'Aleph.
Corvo Brynden ce l'ha fatta a sfuggire alla condanna assicurandosi prima di avere un successore e lo stesso Bran desidererà porre fine alla sua vita e questo è il messaggio che passa al Night King: lo attrae a Winterfell e si mette in bella mostra allo scoperto nel parco degli dèi, quando il Night King arriva gli ordina di ucciderlo guardandolo prima in faccia e poi indugiando con lo sguardo sulla sua spada. Il Night King riceve il messaggio sorpreso e fa per obbedire quando arriva Arya e manda all'aria i piani del fratello.

Rimane un paradosso non chiarito (uno dei tanti): nell'episodio 8x2 viene spiegato che il Night King vuole la fine dell'umanità e per ottenerla vuole iniziare proprio con l'uccidere Bran che della storia dell'umanità è il custode. Dietro la volontà del Night King ci sarebbe Bran e il NK non sarebbe altro che uno strumento, questo farebbe di Bran il vero villain della storia
Di qui le teorie che si inseguono da anni sulla probabile identità Bran-NK: in una linea temporale parallela Bran-Corvo, per sfuggire alla condanna della conoscenza e dell'immortalità, sarebbe tornato indietro nel tempo, sempre più indietro per creare il Night King che nel futuro lo avrebbe ucciso.

Può essere Bran diventato così malvagio?
Sì e il perché lo troviamo di nuovo nelle pagine di Borges.

Ne "La scrittura del dio", uno dei racconti contenuti nella raccolta "L'Aleph", il protagonista Tzinacan riesce a decifrare la sentenza magica che dio avrebbe scritto nel primo giorno della creazione per scongiurare i mali che sarebbero accaduti alla fine dei tempi: una sentenza di quattordici parole, quaranta sillabe.
Decifrata la magica sentenza Tzinacan si rifiuta di pronunciarla
"È una formula di quattordici parole casuali (che sembrano casuali) e mi basterebbe pronunciarla ad alta voce per essere onnipotente. Mi basterebbe dirla per abolire questo carcere di pietra, perché il giorno invadesse la mia notte, per essere giovane e immortale, perché il giaguaro lacerasse Alvarado, per affondare il santo coltello in petti spagnoli, per ricostruire la piramide e l’impero. Quaranta sillabe; quattordici parole, e io, Tzinacàn, governerei le terre governate da Moctezuma. Ma so che mai dirò quelle parole, perché non mi ricordo più di Tzinacàn. Muoia con me il mistero che è scritto nelle tigri. Chi ha scorto l’universo, non può pensare a un uomo, alle sue meschine gioie o sventure, anche se quell’uomo è lui. Quell’uomo è stato lui e ora non gl’importa più. Non gl’importa la sorte di quell’altro, non gl’importa la sua azione, poiché egli ora è nessuno. Per questo non pronuncio la formula, per questo lascio che i giorni mi dimentichino, sdraiato nelle tenebre."
Chi ha la conoscenza di tutto e l'immortalità non ha più interesse nella vita, né nella sua né in quella degli altri, tutto gli diventa indifferente: sé stesso, i propri amici e familiari, la stessa umanità perde valore.
Il colloquio che Bran ha con Tyrion durante il banchetto che segue la vittoria della lunga notte Bran lo conferma: 
"Bran: non voglio più nulla, oramai
Tyrion: Ti invidio
Bran: Non dovresti invidiarmi"

Borges ci ricorda inoltre ne L'Immortale" che il fine ultimo di chi ha guadagnato la vita eterna è quello di perderla e per questo il protagonista del racconto si mette alla ricerca della fonte che lo libererà dall'immortalità
"Esiste un fiume le cui acque danno l'immortalità; in qualche regione vi sarà un altro fiume, le cui acque la tolgono. il numero dei fiumi non è infinito; un viaggiatore immortale che percorra il mondo finirà, un giorno, con l'aver bevuto da tutti. Ci proponemmo di scoprire quel fiume. (...) Tutto, tra i mortali, ha il valore dell'irrecuperabile e del causale. Tra gl'Immortali, invece, ogni atto (e ogni pensiero) è l'eco d'altri che nel passato lo precedettero, senza principio visibile, o il fedele presagio di altri che nel futuro lo ripeteranno fino alla vertigine. Non c'è cosa che non sia come perduta tra infaticabili specchi. Nulla può accadere una sola volta, nulla è preziosamente precario."
Nulla è preziosamente precario, nemmeno la vita dei propri cari, nemmeno l'umanità.

Ecco perché Bran deve essere ucciso: perché in ogni momento di questa linea temporale Bran potrebbe di nuovo viaggiare nel passato e ricreare un nemico che alla fine ponga fine al Bran nel futuro senza preoccuparsi di risparmiare il resto dell'umanità. Il desiderio che ha Bran di morire è talmente grande da offuscare qualunque altro sentimento.

A questo punto sorridano i fan di Jon Snow!!! Sorridano tutti quelli che hanno gridato allo scandalo quando hanno visto Arya uccidere il NK, sorridano coloro che sono stati presi da attacchi di panico al pensiero che Arya Stark potesse essere Azor Ahai, il guerriero destinato a salvare l'umanità:

Arya Stark non è Azor Ahai, non ha eliminato il vero nemico dell'umanità, solo il suo strumento.

In questo momento è rimasto un personaggio che ha una missione da compiere, anche se non sa quale perché ovviamente lui non sa mai niente, un personaggio riportato in vita dal signore della luce per uno scopo che ancora non ci è stato chiarito: Jon Snow.
Perché Bran non abbia semplicemente chiesto a qualcuno che passava lì a Grande Inverno di ucciderlo non è chiaro... forse semplicemente Bran non può essere ucciso da un essere umano vivente, ecco perché ha creato gli Estranei ed ecco perché solo Jon (che è morto, lo ricordiamo) può ucciderlo.
Teoria più, teoria meno... ormai quasi tutto ha senso.

Ok! 
Ma alla fine chi siederà sul trono di spade?
Nessuno. Anche questo potrebbe dircelo Borges, nel "Deutsches Requiem":
"Molte cose bisogna distruggere, per edificare il nuovo ordine (...) Che il cielo esista anche se il nostro luogo è l'inferno"
Il trono deve essere distrutto per costruire un nuovo mondo, le convenzioni devono essere sovvertite. Il raggiungimento di questo scopo richiederà sacrifici.
Di qui la definizione che Martin stesso diede del finale delle Cronache: un finale agrodolce.

A questo punto è anche possibile che il primo tentativo di uccidere Bran con la daga sia stato organizzato addirittura dallo stesso Bran, un Bran un po' impacciato, un po' Willie il Coyote che negli anni le ha tentate tutte per togliersi la vita... ma questa è un'altra storia.

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