domenica 13 gennaio 2019

Jekyll-Hyde e l'efficacia narrativa di Stevenson


Lo strano caso del Dr, Jekyll e del Sig. Hyde può essere letto come un perfetto esempio delle teorie narrative di Robert Louis Stevenson, soprattutto per quello che riguarda la funzione della descrizione. 

Scriveva Stevenson in Essay on the art of writing: "L'ordito o la struttura: un ordito contemporaneamente sensuale e logico, una tessitura raffinata e pregnante: questo è lo stile, questo è il fondamento dell'arte della letteratura".
E la tessitura è estremamente raffinata, oh sì! Ve ne accorgerete!
Attenzione! Dopo aver ripercorso con me i passi descrittivi di questo racconto la vostra idea di questo apparente romanzetto da due penny potrebbe essere riconsiderata. Diciamo che la mia è stata totalmente stravolta.

La narrazione procede per gradi in un climax ascendente che coinvolge il lettore sin dalla prima riga. Con brevi, efficaci frasi l'autore dipinge l'atmosfera e lo fa seguendo il sentimento dell'andamento del racconto. Non descrive: tratteggia, impressiona e lascia che sia il lettore a immaginarsi la scena.

Il primo esempio di questa tecnica narrativa lo ritroviamo proprio all'inizio del racconto in cui il protagonista, il legale Utterson, viene descritto più per i suoi attributi morali che per quelli fisici:
Utterson, il legale, era un  uomo dal volto ruvido, mai illuminato da un sorriso. Di poca e fredda, impacciata conversazione, restio ai sentimenti, era lungo, magro, grigio, accigliato, e tuttavia amabile, in qualche modo. (...) Era austero con sé stesso: beveva gin, quand'era solo, per mortificare una propensione ai vini d'annata, e benché il teatro gli piacesse, non ci metteva più piede da vent'anni. Ma era di provata tolleranza con gli altri. (...) Inclinava a soccorrere piuttosto che a riprovare. "Lascio che il mio fratello se ne vada al diavolo come meglio crede" (diceva). Con questa disposizione d'animo gli accadeva non di rado di restare l'ultimo conoscente stimabile, l'ultima influenza salutare, nella vita di uomini incamminati per la scesa.
Cosa scopriamo così del protagonista?

CARATTERISTICHE FISICHE: volto ruvido, mai illuminato da un sorriso, lungo, magro, grigio
ATTIVITà: legale, beve gin, gli piace il teatro ma non ci va
CARATTERISTICHE MORALI: di poca e fredda, impacciata conversazione, restio ai sentimenti, accigliato, amabile, austero, di provata tolleranza con gli altri, mortifica le sue propensioni per i piaceri (vini d'annata), inclina a soccorrere piuttosto che a riprovare, lascia che il suo fratello se ne vada al diavolo come meglio crede, resta l'ultimo conoscente stimabile di uomini sulla via della perdizione.

La sproporzione tra gli attributi caratteriali e quelli legati al fisico è enorme e anche quella rispetto all'attività di Utterson ma una caratteristica è fondamentale, tanto importante da essere posta come primissimo attributo: è un legale.
La caratteristica morale che invece risalta da questa descrizione, più volte sottolineata, è invece la tolleranza.

Stevenson ci dice così, già nell'introduzione, a quale tipo di narrazione ci troveremo di fronte: una narrazione quanto più possibile oggettiva e non moralista. E non è secondario questo! Soprattutto se pensiamo a tutta la narrativa oggettiva sì ma estremamente moralista dell'Ottocento inglese: una letteratura imperniata sul pragmatismo e sulla morale della classe dominante: la borghesia.
C'è chi ha voluto vedere in questa opera un attacco al sentimento borghese, utilizzarla a scopi politici, per lo più socialisti, come critica verso l'ipocrisia e la mostruosità di una classe sociale in un contesto politico in cui la lotta di classe era dominante. Personalmente è un tipo di ragionamento che non mi piace: l'opera d'arte è tale proprio perché, sebbene nata da un contesto dal quale non può prescindere, da esso si distacca per le sue qualità artistiche, letterarie in questo caso.
In effetti l'intero castello politicizzante costruito intorno al Jekyll-Hyde si sgretola proprio se si considera chi è il vero protagonista del racconto: Mr Utterson, il più borghese dei borghesi eppure irrimediabilmente amabile.

E' Mr Utterson infatti il vero protagonista del racconto: non Jekyll, non Hyde. E' questo delizioso marmottone timido, amabile, tollerante che ci accompagnerà per Londra conducendoci a indagare sui misteriosi eventi che sconvolgono Londra a partire dal testamento dell'amico dottore. Un investigatore improbabile se confrontato con il Sig Dupin di Poe o Sherlock Holmes di Doyle: non è particolarmente acuto né si può dire che corrisponda al tipo di personaggio in cui il lettore si voglia rispecchiare tuttavia io l'ho trovato irresistibile.

Dicevo che Utterson non è il tipo di personaggio in cui il lettore ami immedesimarsi eppure è proprio questo che Stevenson ci obbliga a fare: ascoltiamo, vediamo, percepiamo e parliamo proprio attraverso il legale marmottone.
E neanche ce ne accorgiamo!

Vediamo, per esempio, come appare la città nella prima passeggiata di Utterson:
Capitò che i loro passi li conducessero, durante uno di questi vagabondaggi, a una certa strada di un popoloso quartiere di Londra. Era una strada stretta e, di domenica, ciò che si dice tranquilla, ma animata di commerci e di traffico per il resto della settimana. I suoi abitanti guadagnavano bene, a quanto sembrava, e rivaleggiado nella speranza di fare ancora meglio, dedicavano le eccedenze a un'agghindata, civettuola mostra di prosperità: le botteghe su entrambi i lati avevano un'aria di invito, come una doppia fila di sorridenti commesse. (...) la strada brillava, in contrasto con le sue squallide adiacenze, come un fuoco nella foresta; e con le sue imposte verniciate di fresco, i suoi ottoni ben lucidati, la sua aria gaia e pulita, attirava e seduceva subito l'occhio del passante.
Si percepisce un'aria di prosperità, di luce, di grassa serenità tuttavia non opulenta, non sfacciata: è civettuola e sorridente. E' una descrizione sensuale che rasenta il sessuale. Lo scopo è infondere una sensazione di gaiezza e tranquillità. Utterson è tranquillo: passeggia con il suo amico Enfield, è domenica e nulla lo distrae dalla sua serenità.
A due porte da un angolo, venendo da ovest, la linea delle case era interrotta dall'entrata di un vasto cortile; e giusto a fianco di questa entrata, un certo tozzo, sinistro edificio sporgeva sulla strada il suo frontone triangolare. Benché alto due piano, questo edificio non aveva finestre: solo la porta al pian terreno, un po' sotto il livello della strada, e una cieca facciata dall'intonaco scolorito. Tutto l'insieme, del resto, portava i segni di un prolungato e sordido abbandono. La porta, senza batacchio né campanello, era screpolata e stinta; vagabondi trovavano riparo nel suo vano e sfregiavano fiammiferi sui pannelli, bambini tenevano bottega sui gradini, lo scolaro provava il suo temperino sulle modanature; e nessuno era più comparso, da forse una generazione, a scacciare quegli indesiderabili visitatori o riparare i loro guasti.

Qui inizia la narrazione: davanti a questo palazzo che evoca una discesa agli inferi per la porta sotto il livello della strada, senza batacchio né campanello, per la quale nessuno entra (ma nessuno mai nemmeno esce), per l'assenza di finestre (e quindi di luce). Davanti a questo palazzo abbandonato l'amico Enfield ricorda un evento molto strano che ha per protagonista un losco figuro che Enfield non riesce a descrivere se non per un'impressione di deformità e detestabilità.
L'episodio consiste in una bambina travolta da un uomo all'angolo di una strada, lui la calpesta e prosegue dritto senza curarsi di lei. Il padre e una folla di sconosciuti minaccia l'uomo e questo entra nel palazzo senza finestre per la porta senza batacchio, uscendone subito dopo con un assegno firmato da un'altra persona, una persona molto nota e distinta. Si presuppone un ricatto
Enfield, descritto da Stevenson come "ben noto uomo di mondo" narra l'episodio raccapricciante di cui è stato involontario testimone e confessa di non aver voluto indagare molto: "me ne sono fatto una regola: più mi pare strano e meno chiedo". Quello che ha visto è un problema? Apparentemente sì. E' un problema suo? No. Anche per questo motivo non chiede, non si informa, lascia che la vicenda rimanga episodio isolato.

L'episodio però è importante per Utterson che, tornato a casa non riesce a darsi pace: il nome del beneficiario dell'assegno corrisponde al nome del beneficiario del testamento del suo amico Jekyll che il legale custodisce: il nome è Hyde. Questo testamento era già una stravaganza agli occhi di Utterson, il documento lo indignava quando non sapeva nulla del Sig. Hyde ma ora che questo beneficiario è stato visto e raccontato diventa presentimento di un demonio.
Ciò che è stravagante è degno di biasimo (pensa il borghesissimo Utterson) ma la storia che ha udito dall'amico Enfield fa scivolare la stravaganza in sospetto e in terrore.
La storia di Enfield gli ripassava davanti agli occhi come una serie di immagini proiettate da una lanterna magica (...) Quella figura continuò a ossessionare il legale per il resto della notte. Se a tratti si assopiva, era solo per vederla scivolare più furtiva nell'interno di case addormentate, o avanzare rapida, sempre più rapida, vertiginosa, per labirinti sempre più vasti di strade rischiarate da fanali, travolgendo a ogni incrocio una bambina e lasciandola urlante nel selciato.
Infine Utterson vede Hyde e ne prova inspiegabile avversione e ripugnanza "Deve esserci qualcos'altro, (...) solo che non riesco a dargli un nome".


Trascorre un anno, tutto sembra tornare alla normalità
A quell'ora, benché una fitta nebbia dovesse poi avvolgere la città, il cielo era ancora sgombro, e la strada su cui dava la finestra della ragazza era vivamente rischiarata dal plenilunio.

Tutto sembra tornare alla normalità ma la descrizione, con quella nebbia che di lì a poco dovrà avvolgere la città e il cielo che è ancora sgombro (e poi non lo sarà più) immerge subito il lettore nell'attesa, nella suspance. 

Avviene infatti subito dopo un delitto mostruoso, sul corpo dell'ucciso viene ritrovata una lettera che reca il nome di Utterson e il legale viene di nuovo coinvolto nella storia.

E cambia di nuovo l'atmosfera

La prima nebbia della stagione pesava sulla città come un grande mantello color cioccolata. Ma il vento urtava e demoliva di continuo quei fumosi contrafforti. (...) Visto in quei mutevoli scorci, con le sue strade fangose e i suoi passanti malmessi, con i suoi lampioni non spenti dalla sera prima o frettolosamente riaccesi per combattere quella nuova invasione di buio, il cupo quartiere di Soho appariva a Utterson come ritagliato da una città d'incubo. I suoi stessi pensieri, del resto, erano delle tinte più fosche. (...) 
 All'indirizzo indicato la nebbia s'alzò un poco scoprendo un misero vicolo con una mescita di liquori, un equivoco ristorante francese, una rivendita di verdure e giornaletti da un soldo, bambini cenciosi accovacciati sulle soglie, e molte donne di diverse nazionalità che se ne andavano, chiave di casa in mano, a bere il loro gin mattutino.

(NOTA: nella descrizione precedente c'è un riferimento ironico ai giornaletti da un soldo, è un riferimento alla sua stessa produzione visto che il racconto uscì proprio come Penny Dreadful ovvero pubblicazioni a puntate a basso costo, un penny appunto)
I pensiero di Utterson vedono tutto il marcio celato sotto la nebbia: la nebbia nasconde, il vento urta e demolisce, gli agenti atmosferici concorrono all'idea di distruzione della serenità del legale.

La nebbia pesa sulla città come i pensieri sul cuore di Utterson.

Ci troviamo nello stesso quartiere dell'inizio della storia, quello con vetrine ammiccanti e commesse sorridenti ma ora le strade sono fangose e malmesse, le attività sono equivoche, peccaminose, viziose. C'è una sensazione di sporco, povero e degradante. Siamo di fronte alla casa di Hyde. Utterson entra nella casa e trova
Un paio di stanze arredate con lusso e buon gusto. In una credenza vini di pregio, le stoviglie erano d'argento, il tovagliato molto fine; a una parete era appeso un buon quadro e i tappeti, foltissimi, erano di colori piacevolmente assortiti. Entrambe le stanze erano sottosopra, però, e mostravano di essere state frugate a fondo.
Una normalissima e tranquillissima casa borghese. Niente di più distante dall'idea che potremmo farci della casa di un uomo così crudele e detestabile. Tutta la mobilia e gli accessori denotano grazia e piacere, solo il disordine ci fa sentire che qualcosa non è esattamente nella normalità ma questo "frugate a fondo" farebbe pensare più all'azione di un ladro che di un assassino.



Qualche giorno dopo Utterson e il suo amico Enfield passeggiano di nuovo, sempre negli stessi luoghi
Il cortile era freddo e umido, già invaso da un precoce crepuscolo, sebbene il cielo, in alto, fosse ancora illuminato dal tramonto.
Questa semplicissima descrizione dell'atmosfera racchiude il nocciolo stesso di tutto il racconto: la trasformazione. C'è un precoce crepuscolo nel cortile su cui si affacciano i due amici, tuttavia il cielo in alto è ancora illuminato dal tramonto.

Crepuscolo - cielo - alto - luce - tramonto. 
I due amici vedono Jekyll alla finestra, è giù di morale ma la vista dei due gli procura piacere tanto da desiderare di scendere e fare due chiacchiere in cortile. D'un tratto però
il sorriso sparì di colpo e il suo volto si contrasse in una smorfia di così disperato, abietto, terrore, che i due in cortile si sentirono gelare. (...) Dio ci perdoni! Dio ci perdoni! Disse Utterson
I due amici non parlano più e riprendono a camminare in un gelido silenzio. Hanno visto troppo in quel precoce crepuscolo laddove la stessa parola crepuscolo assume valenza esistenziale di mutazione, trasformazione, passaggio dalla luce alle tenebre.


Trascorre altro tempo e il maggiordomo di Jekyll, Poole, si reca dal legale implorandolo di soccorrere il suo padrone: teme che qualcosa di terribile sia accaduto, teme sia stato ucciso. Utterson e Poole si dirigono insieme a casa di Jekyll
Era una fredda e ventosa sera di marzo, con una falce di luna che se ne stava sul dorso, come rovesciata dal vento, tra una fuga di alte nuvole stracciate e diafane. Le raffiche che sferzavano la faccia, rendendo difficile parlare, parevano aver spazzato quasi tutta la gente dalle strade. Utterson non ricordava di aver mai visto così deserta quella parte di Londra. Ma proprio adesso avrebbe desiderato il contrario. (...) La piazza, quando vi giunsero, era piena di vento e di polvere, con gli esili alberi del giardino centrale che gemevano e si piegavano contro la cancellata.
E' sempre la stessa strada, la stessa che all'inizio del racconto era prospera e civettuosa, la stessa che dopo l'omicidio era fangosa e malmessa ora è gelida, spettrale, deserta
Nuvole più dense coprivano la luna, la notte s'era fatta buia, e il vento che nella profondità del cortile arrivava solo a soffi, faceva oscillare qua e là la fiamma della candela.
E' l'ultima descrizione del racconto. La notte è profonda, il buio ha avvolto la città. Non c'è più luce. Non c'è più vita. Non c'è più speranza.



Qui termina la narrazione e la voce narrante tace.

Tacciono le descrizioni e da qui in poi sarà compito dei memoriali e delle lettere spiegare cosa è avvenuto, quello che Utterson non può conoscere non ci viene raccontato dal narratore (eterodiegetico a focalizzazione interna come direbbero quelli istruiti): ci viene riportato da documenti: lettere e memoriali delle due figure scientifiche della storia: Lanyon (di cui parlo nel post relativo alla superbia della scienza, all'ὕβϱις, qui) e Jekyll.
L'ultima lettera di Jekyll rimanda al memoriale del dottor Lanyon che contiene una lettera di Jekyll e sarà succeduta dalla confessione di Jekyll stesso. Con una retrospezione architettata tramite documenti viene svelato il mistero, a noi lettori e anche a Utterson che legge per noi.

Chapeau.

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