domenica 14 ottobre 2018

Raymond Queneau - I fiori blu




Se I fiori blu è un libro intraducibile per Calvino è anche indescrivibile per chiunque.

Il solo modo per leggerlo e parlarne attraverso con la sospensione del giudizio critico, e la sospensione di ogni tipo di unità narrativa e temporale: il lettore deve solo salire sull'arca di Cidrolin, mollare le cime e lasciarsi trasportare dalla corrente soffermandosi sui giochi linguistici, le assonanze, le pedanterie, le astrusità dei discorsi, osservando gli esperimenti alchemici, i disegni rupestri, sorseggiando essenza di finocchio.
Il romanzo è un continuo di salti temporali, salti di pasto e salti di palo in frasca, aggrapparsi alla ragione non aiuta anzi, il filo della ragione ti tira giù sul fondo, tende a ricondurre a una bidimensionalità che tutto appiattisce, annebbia e confonde mentre sulla chiatta, mossi dalla corrente, sulle due sponde del fiume osserviamo a destra il duca d'Auge nei suoi viaggi e a manca Cidrolin nella sua noia, tra Don Chisciotte e Folantin, tra Cervantes e Huysmans se ne sta il lettore. Il racconto si fa sogno, il sogno si fa avventura, l'avventura codardia. Il racconto si fa anche parola e tra le righe affiora, come piuma e come ferro, la mano di Calvino che ha preso il testo di Queneau e lo ha tra-dotto, intro-dotto, trasportato in italiano e in Italia, una sfida che sarebbe stata impossibile per chiunque ma non per il giocoliere della prosa italiana che con maestria ed equilibrismo tiene in aria storia, parole e ironia.
Decine sono le interpretazioni per questa opera e decine ancora potrebbero essercene. Tutte valide e tutte sbagliate: psicanalitica, linguistica, storica, il sogno, la colpa, il cibo.
La sensazione costante di prenderla in quel posto.
Personalmente trovo curiosa l'ossessione per il cibo. Anzi, non proprio il cibo ma il pasto, il pasto dignitoso, possibilmente in compagnia. Cidrolin, sposata la figlia, paga una donna per tenergli pulta l'Arca e poi le chiede di condividere il pasto con lui. Cidrolin è un decadente che tra le pagine di Huysmans si troverebbe a suo agio meglio di Folantin: è annoiato, "paresseux", tormentato dall'idea di un pasto volgare e quando crede di raggiungere la soddisfazione nel desco... la prende in quel posto.
Cos'è dunque che distingue le sorti di Folantin e Cidrolin? La fantasia forse. Il surrealismo di un uomo che viaggia nella Francia e nel tempo e stravolge l'esistenza di chi gli si fa incontro, una furia di uomo che non ammette no in risposta circondato da un seguito brancaleonesco di soggetti sgangherati.


Fosse stato per me avrei lasciato il duca nel milleduecentosessantaquattro e avrei fatto retrocedere Cidrolin perché... perché a volte per andare avanti bisogna andare indietro, tornare, ricominciare, prendere strade diverse, rallentare. Non è mica male il milleduecentosessantaquattro, sono successe un sacco di belle cose, non ricordo quali ma sicuramente ci sono state.

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