giovedì 4 luglio 2019

Il fantasma dell'Opera


È strano... leggere un libro che parla di musica senza la musica.

Sono andata a guadami qualche video del musical ma non mi ha entusiasmata e non credo che lo inserirò tra le prossime visioni.


Il libro di Leroux invece mi è piaciuto, oserei dire che mi ha divertita.
La storia è arcinota: Erik, il fantasma, tiranneggia i direttori del teatro dell'Opéra di Parigi imponendo la sua presenza e le sue regole. Si innamora di una giovane cantante lirica con un buon potenziale, inizia a darle lezioni di canto in cambio di devozione e la sedurrà grazie alla sua voce e al suo talento.
Erik è un geniaccio musicale, intrappolato in un corpo orribile, la sua passione creatrice contagiosa e terribile e Leroux riesce perfettamente a far simpatizzare il lettore con questo suo personaggio. Il terzo incomodo è Raoul, un visconte inesperto innamorato e ricambiato dal soprano Christine che proverà a liberarla dalla seduzione del fantasma.

Leroux costruisce scena dopo scena un castello di eccitazione e inquietudine dosando con cura le diverse voci del racconto, diversi punti di vista che collaborano ad aumentare la tensione. Tutta la prima parte del libro è un crescendo di emozioni contrastanti: soggezione per il fantasma, sgomento per i fatti terribili che accadono in teatro, comicità per i siparietti buffi, compassione per il povero Raoul e soprattutto curiosità: Chi è il fantasma? cosa vuole? da dove viene?
Nella seconda parte dell'opera Leroux smonta, pagina dopo pagina, il suo castello riconducendo l'elemento deliziosamente perturbante alla realtà quasi banale di un appartamento borghese e un desiderio di normalità.
Credo che Nabokov ne avrebbe riso per ore.

Non sono riuscita a entrare nell'atmosfera patetica che forse l'autore desiderava creare, troppi elementi eccessivi che rasentavano il grottesco per i miei gusti, le parti migliori sono state, secondo me, i siparietti, i brevi racconti nel racconto che, pur spezzando la narrazione, aggiungevano leggerezza e un che di frizzante.
I due direttori del teatro dell'Opéra di Parigi sembrano usciti dalla penna di Molière così come la maschera del palco numero 5, il palco del fantasma. C'è un che di Balzac nel ritrarre la società dei teatri e un pizzico di Hugo nella figura del fantasma, il ragazzo ha studiato bene i suoi predecessori ma la pratica è un'altra cosa e là dove Hugo strappava lacrime nel personaggio di Gwynplaine dell'Uomo che ride, Leroux mi ha donato una sensazione di grottesco... oserei dire stonato.

Perché mi è piaciuto?
Mi è piaciuto per l'andamento in crescendo della tensione, per le descrizioni del teatro e dei suoi meccanismi scenici tanto dettagliati quanto piacevoli che mai allontanano l'attenzione dalla storia principale, mi è piaciuto per la commistione di generi: dalla ricostruzione storica al dramma larmoyant, dalla farsa all'epopea avventurosa.
Non mi hanno fatta invece impazzire le esagerazioni e sopratutto il modo didascalico con cui Leroux ha smontato pagina dopo pagina il suo castello togliendo molta parte del divertimento all'immaginazione del lettore.

Lo consiglio?
Sì se non avete altro da leggere, non rientra nella mia top10 e neanche nella top50.
Però intanto mi vado a recuperare il Faust di Gounod perché se c'è un aspetto che mi è davvero piaciuto è il richiamo all'opera lirica dal Don Giovanni al Faust.


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