venerdì 11 luglio 2008

Dall'altro capo del mondo



Risalire quel fiume fu come viaggiare a ritroso verso i luoghi più lontani del mondo, quando la vegetazione impazzava sulla terra e i grandi alberi regnavano sovrani. Una corrente deserta, un grande silenzio, una foresta impenetrabile. L'aria era calda, densa, pesante, stagnante. In certi momenti il passato tornava alla memoria, come capita a volte, quando non hai un attimo di respiro; ma tornava in forma di sogno inquieto e tumultuoso, ricordato con stupore fra le soverchianti realtà di quello strano mondo di piante, e acqua e silenzio. E quella immobilità di vita non somigliava minimamente alla pace. Era l'immobilità d'una forza implacabile che covava imperscrutabili propositi. Ti guardava con un'aria di vendetta.
Joseph Conrad – Cuore di Tenebra


Le porte dell’aeroporto si aprirono e fummo investiti da un’onda di profumi, caldo, umido, colori, voci, rumori.
Venivo dall’inverno, vestita di lana soffocavo e credevo di morire… dopo poco la sensazione di disagio scomparve, non sentivo più i trentasette gradi umidi perché fui rapita dal vortice di novità che si apriva ai miei sensi.
Non avevo mai visto colori uguali, compresi finalmente quello che provò Monet al suo arrivo in Italia, la sua paletta di colori non bastava più e la gettò per acquistarne di nuovi che potessero esprimere al meglio la realtà che si dispiegava davanti ai suoi occhi.
Ci venne a prendere un pulmino che, dopo un’attesa che pareva interminabile, cominciò il suo cammino. Appiccicata al finestrino non realizzavo ancora di trovarmi in capo al mondo, c’erano strade, c’erano macchine, c’erano negozi ma con scritte in una lingua che non conoscevo. L’aria condizionata all’interno impediva al nuovo mondo di rapirci e fu come una graduale immersione. Mucche camminavano autoritarie e indolenti sul nostro cammino, era giusto così. Uomini con strani cappelli portavano grosse bilance sulle spalle, ricolme di frutta e ortaggi, camminavano a passi piccoli e svelti. Dall’alto giungeva lo sfrigolio dei cavi elettrici, inquietante.
Non ci hanno rivolto una parola, noi dietro a esplorare il mondo dal finestrino, gli autisti parlavano tra loro, fermavano il mezzo, scendevano per acquistare sigarette; la totale indifferenza nei nostri confronti mi faceva pensare a un carro funebre, non si parla con il morto.
Era bello stare soli così, ignorati, nessuna conversazione di convenienza, nessun “Come è andato il viaggio”, nessuna frase di circostanza, potevamo vivere appieno la nuova esperienza.
Ci fermammo definitivamente, eravamo giunti in Paradiso, si aprirono le porte e di nuovo fummo investiti dall’ondata tropicale. Adesso era piacevole, adesso l’avevamo compresa.
Continuai ad avere allucinazioni visive e olfattive per almeno tre mesi dopo il mio ritorno, la mia mente non voleva tornare, era ancora lì, vedeva e sentiva dall’altra parte del mondo.
Anni dopo l’onda tropicale distrusse il Paradiso, riportando alla luce ricordi allontanati ma mai rimossi. Troppa bellezza racchiusa in un solo luogo. Sono rimaste le mucche a camminare per strada.

Foto: Monet, Giardino acquatico

4 commenti:

  1. Mamma mia, che pagina di letteratura! Scrivi, Marmotta-Toya, continua a scrivere e continua a darmi il piacere di leggerti. Questa è una autentica pagina di letteratura.

    Ma so che non è finita qui. So che un giorno ci ritroveremo: tu in alto e io a guardarti. E per me sarà il piacere.

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  2. necessita di verificare:)

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